#TFF35 – Essi bruciano ancora, di Arturo Lavorato e Felice D’Agostino

Il cinema è un corpo organico nella concezione dei due registi calabresi. Essi bruciano ancora, è indissolubilmente legato al breve film godardiano precedente che era In attesa dell’avvento. Onde

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Il cinema è un corpo organico nella concezione dei due registi calabresi. Essi bruciano ancora, è indissolubilmente legato al breve film godardiano precedente che era In attesa dell’avvento. La loro elaborazione politica prende le mosse dal pensiero di Nicola Zitara – ma anche da tutta quella filosofia meridionale che vede nel “piemontese” il conquistatore – che teorizzava la separazione della Calabria come risposta ai danni e alle sopraffazioni che l’unità d’Italia aveva provocato a questa regione anche in termini di pure depredazione economica. Un pensiero che concepisce un’idea di rivolta e di autonomia, come conseguenza politica di quei fatti, come si intuisce dal titolo di uno scritto dell’intellettuale calabrese, L’unità d’Italia, nascita dii una colonia. In attesa dell’avvento, il breve film che oggi va considerato come preparatorio di Essi bruciano ancora, era completamente costruito su queste idee che costituivano e continuano a costituire anche il tratto principale di un percorso che chiaramente i due registi condividono sia pure in un’ottica di attualità e quindi sganciata da ogni ipotesi puramente separatista.

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Essi bruciano ancora, che arriva dopo sei anni da quell’ultimo impegno, è stato un film che quindi nasce da una lunga gestazione, da una altrettanto duratura preparazione e i risultati sono evidenti. Il film di Lavorato e D’Agostino riesce a dominare una complessità storica e teorica attraverso soprattutto un senso di condivisione popolare e ne siano testimoni i set costruiti teatralmente e collettivamente. Il riappropriarsi di una cultura che è stata anch’essa oggetto di depredazione da parte di una politica sempre affamata, è uno dei principi sui quali si fonda il volutamente frammentato film di Lavorato e D’Agostino. Il loro cinema è giunto oggi ad un apice che ora necessariamente sarà impegnativo, oltre che doveroso superare, e questo film ha l’aria di rappresentare il suggello ad un percorso culturale e politico che i due autori perseguono ormai da anni, sin dal loro esordio, proprio sugli schermi del Festival di Torino e proseguito, nelle varie declinazioni fino a questo film.

Essi bruciano ancora, TFFEssi bruciano ancora diventa anche una rilettura della storia da parte della cultura popolare e per questo il film ha anche un’aria di opera collettiva pur restando la responsabilità finale ai due registi e scrittori della sceneggiatura.
La storia sociale più recente della Calabria che parte dalla fallita industrializzazione del crotonese alla rivolta di Reggio Calabria degli anni ‘70 e quella del passato più remoto onnicomprensivamente raccolta sotto il comune denominatore del risorgimento italiano, diventano prove evidenti che confermano il pensiero politico che sta a fondamento del film. Il cinema di Lavorato e D’Agostino si appropria della critica storica antagonista, oltre che profondamente condividerla e costruisce attraverso questi eventi e le ricerche d’archivio, un cinema assolutamente antispettacolare, mai semplice e autenticamente complesso attraverso gli innesti della cultura popolare e non che vi si ritrovano. Un cinema quindi brechtianamente epico nella sua finale costruzione e nel suo impianto originario. Un cinema che si esprime per blocchi che a loro volta possano produrre pensiero e mettano in scena i processi sociali e culturali, inseriti nel quadro della storia e di una sua obbligatoria rilettura. Al contempo arcaico e contemporaneo che non esisterebbe senza una comprensione autentica del passato e della cultura che ha attraversato i luoghi (In amabile azzurro) e non sarebbe comprensibile se non si guardasse ad una disastrata attualità frutto di questi errori della storia e soprattutto di una sua cattiva e deviata, per quanto dominante, interpretazione. È per questa ragione che il cinema di Lavorato e D’Agostino oltre che raccontare i vincitori e i vinti, assume i profili di un corpo organico, perché si nutre di elementi apparentemente estranei al cinema, trasformandoli, dopo una attenta e puntigliosa metabolizzazione, in materiale esclusivamente cinematografico, in pensiero che si fa strada tra le immagini che sembrano a volte sommergere e a volte dare respiro e tempo alla riflessione.

Essi bruciano ancora_1Ci si interroga sul futuro di questi due cineasti così preziosi perché legati ad un’idea di cinema tanto popolare, quanto aristocraticamente distante da ogni attuale comune sentire. Un cinema che diventa davvero prezioso proprio per queste ragioni e che traduce il senso di una rivolta costante e di una riaffermazione della propria cultura, come in pochi altri casi è accaduto. È proprio questa concezione che seppure rara, è ancora vivacemente presente come anticorpo sociale, che il cinema dei due registi calabresi non appartiene ad una sola cultura, ma riesca a raggiungere le sensibilità anche più lontane, la dove ci sia la disponibilità a confrontarsi dialetticamente con la storia. In questo senso Essi bruciano ancora, ma anche i lavori precedenti della coppia di autori, diventa un costante punto di riferimento politico e culturale, un esempio, ormai rarissimo, di come le immagini possano tradurre le idee e trasformarle in materia vivente, in costante e quotidiana pratica del pensiero, in germe che ora deve morire per germinare altri frutti e altre immagini e quindi altre idee.

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