#TFF35 – Incontro con Pablo Larraín e la giuria del Torino Film Festival

Incontro stampa con la giuria della sezione principale del TFF35 guidata dal regista cileno Pablo Larrain

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La precisazione che i giurati non risponderanno a domande relative al concorso apre la conferenza stampa della giuria del Torino Film Festival. L’apertura è riservata al quesito d’obbligo circa l’esperienza festivaliera e a quella come giurati, una domanda dal carattere molto aperto che permette un approfondimento più ampio anche delle singole aspettative. Pablo Larrain, presidente del concorso, affiancato da Isabella Ragonese, Santiago Mitre, Petros Markaris e Gillies Mackinnon, riassume così: “Per me c’è già stata l’occasione di far parte di una giuria a Venezia, quello che cercheremo di fare qui è trovare un qualcosa nei film, per caso, che ci permetta di parlare, di collegarci. Questo è un Festival che parla d’amore, si occupa di una cinematografia ancora giovane, è coraggioso”.

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Isabella Ragonese, unica rappresentante femminile della giuria tende a prediligere uno sguardo puro, meno tecnico, orientato dalla pancia, vuole riuscire a serbare lo stesso occhio da spettatrice di sempre,  quella abituata ad ascoltare le opinioni scambiate a caldo. “Scegliere un vincitore è un’impresa ardua, il risultato di un incontro tra persone, per cercare qualcosa che li possa accomunare il quel momento. Logico una giuria differente avrebbe conclusioni guidate da altri criteri, in altri momenti, e compirebbe scelte diverse”.

35tffQuella dell’individuazione di un film da premiare canalizza il discorso sulla valenza artistica degli stessi in rapporto anche al medium di trasmissione, fatto salvo (grazie ad un intervento decisivo di Markaris, sceneggiatore in dieci film di Theo Angelopoulos) il distacco indispensabile di un’opera d’arte da ogni regola prefissata. Larrain aggiunge: “Individuare un prodotto dipende anche dai passaggi nei cinema e nella televisione, che riveste ormai un ruolo importantissimo. Il mio desiderio sarebbe individuare qualcosa di costruito esclusivamente per uno schermo cinematografico”. Un cinema rivitalizzato da una forte concorrenza che possa individuare elementi innovativi di linguaggio, lontano da un’assidua idea formativa, capace di far risuonare una voce interiore, necessario, esposizione di un’urgenza.

Il regista cileno saluta la platea rispondendo a riguardo di un progetto di Nanni Moretti sul tema della dittatura di Pinochet, ammettendo di non saperne nulla. “Non ho parlato con Nanni di questo progetto, se davvero fosse vero non potrebbe che farmi molto piacere essendo lui un grande regista con una forte valenza politica. Consapevole di quanto il cinema possa essere importante per la costituzione storica di un paese. Quindi spero porti avanti il progetto, io stesso se potessi lo spingerei a farlo”.

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