"The Box", di Richard Kelly

the box, richard kelly
Appuntamento con la
nostalgia del non ancora accaduto tipica del suo cinema. Forse il patto non scritto con Richard Kelly è di concedersi almeno un momento al suo mondo, accettare un universo che ci somiglia: senza questa predisposizione d'animo è (troppo) facile infastidirsi, irridere, sentirsi un po' traditi.

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The Box, di Richard Kelly. In un Massachusetts invecchiato, autunnale, sbattuto, insieme familiare e malsano, che lo rende per Kelly un po' quel che il Maine è per Stephen King, i Lewis conducono una vita qualsiasi, amandosi di un amore gentile (ma non comune), però insidiata dalle sue minime frane sempre sul punto di diventare crepacci: i soldi che mancano, l'ansia sottile che conoscono tutti i genitori che guardano un figlio salire sul bus della scuola, una protesi NASA che diventa un piede, per permettere a tua moglie di ballare un lento (facile fare gli spiritosi, ma è molto più romantico di un mazzo di fiori).

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Come sempre Kelly dà luce a volti d'attore non certo intensi: James Mardsen, come Justin Timberlake in Southland Tales viene prestato a una situazione complessa e a più livelli, più di quanto non faccia presagire il viso giovane e piuttosto insignificante, e Cameron Diaz è sorella della Drew Barrymore insegnante di Donnie Darko. Kelly riusciva a donare perfino a una bionda convenzionale come Sarah Michelle Gellar-stellina del porno, uno strano spessore straniato e nostalgico, in Southland Tales.

In Kelly ricorre l'uso di icone, anche in questo caso suscettibile di rovesciamenti: prima Patrick Swayze e The Rock in ruoli del tutto imprevedibili, ora Frank Langella in una parte per cui ha invece subito il physique du role: quella pur sempre di vampiro che entra nella vita dei Lewis in pieno giorno, bussando alla porta della loro villetta, per poi svelarsi nelle sembianze di burocrate fantascientifico, insensibile quanto un agente Smith alle tragedie del mondo di Matrix, ovvero quello di cui crediamo di avere il controllo. Forse la sua presenza è paradossalmente quella su cui riflettere di meno: generosamente l'attore di culto scompare dietro il volto mutilato da weird tales del Visitatore, che scatena nel giro di pochi minuti dentro di noi che lo accogliamo in casa terrore, pietà, vergogna per la nostra pietà… e identificazione. Prima ancora di inserire nelle sue storie salti spazio/temporali, Kelly utilizza la patina del tempo (all'indietro, gli '80 di Donnie Darko; o in avanti, gli anni distopici di Southland Tales) per distaccarci appena da ciò che narra; quel tanto che basta per condurci su un terreno vicino, ma perduto, o ancora da perdere.

Se c'è un concetto che descrive molto bene questo aspetto del suo cinema e rende gli anni '70 di The Box qualcosa di più che una superficie vintage è proprio questa sorta di nostalgia del non ancora accaduto che semina nei suoi film, e che rende meno importanti la sua abilità come regista, certamente ancora molto da affinare, o sceneggiatore. Tanti sono insorti per il modo in cui Kelly ha rielaborato il racconto Button Button di Richard Matheson. Ma una briciola di The Box – uno sguardo, un sussurro, il ballo dei coniugi, i minacciosi guardiani della biblioteca – è comunque più fedele allo spirito di Matheson che l'intero baraccone tratto dal capolavoro nichilista dello scrittore americano, Io sono leggenda: un film che osa trasformare l'emblema dell'assoluta mancanza di senso e di speranza – il cane, che nel romanzo viene corteggiato dal protagonista per mesi, come ultimo essere con cui può instaurare un rapporto umano, e muore proprio quando finalmente si lascia accarezzare – nel fedele Rex canepoliziotto al servizio del muscolare Will Smith.

Il patto non scritto con Kelly allora è di concedersi almeno un momento al suo mondo: senza questa predisposizione d'animo è (troppo) facile infastidirsi, irridere, sentirsi un po' traditi dalle aspettative generate dalla freschezza innegabile di un primo film scritto a 24 anni che resta brillante e resiste, splendido come un adolescente, alle molteplici visioni. Ma se si accetta l'universo in cui ci si ritrova come tale, per quello che è – scelta probabilmente indispensabile per affrontare qualsiasi gioco, compresa la vita stessa – anche The Box regala un viaggio gratis in un universo che ci somiglia, quello in cui l'amore non sconfigge la morte e casomai la infligge, però resta ciò per cui vale la pena esistere.

 

Titolo originale: The Box

Regia: Richard Kelly

Interpreti: Cameron Diaz, James Marsden, Frank Langella, James Rebhorn, Holmes Osborne, Sam Oz Stone, Gillian Jacobs, Celia Weston, Deborah Rush, Lisa K. Wyatt

Distribuzione: Lucky Red (Keyfilms)

Durata: 115’

Origine: USA, 2009

 

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