THE DOOMED. A Perfect Circle, nero su bianco

Il messaggio del videoclip diretto da Jeremy Danger e Travis Shinn è limpido: gli A Perfect Circle, la superband di Maynard James Keenan, sono tornati e non hanno paura di riconquistare Itaca

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Argo aspetta. Il fido cane di Ulisse, attende il ritorno del suo padrone sulle spiagge della loro Itaca. Ma proprio quando sembra perduto per sempre, egli emerge dall’oscurità, piegato dagli anni, irriconoscibile se non agli occhi di chi la speranza non l’ha mai perduta. Per venti lunghi anni.

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Di anni ce ne hanno messi tredici, ma oggi anche i membri degli A Perfect Circle, supergruppo capitanato dallo schivo Maynard James Keenan, ritornano sulle scene. Ad accompagnarli un videoclip, quello del singolo The Doomed, avvolto dalle tinte glaciali del più puro bianco e nero, che sin dai primi istanti, fa presagire un finale esplosivo.
Spoiler alert: nel videoclip diretto da Jeremy Danger e Travis Shinn, non succede nulla.
Quattro minuti di mezzi busti e sguardi in macchina.
Quattro minuti di limpida fotografia in black&white.
Quattro minuti di Maynard, Billy, Matt, Jeff e James.
Ma allora, perché funziona così magnificamente bene?

Potrebbe essere merito della fotografia, da molti considerata il cuore di ogni buon videoclip. Eppure lo stesso effetto non è stato raggiunto da un altro recente lavoro, il videoclip Poetica di Gaetano Morbioli, che vede Cesare Cremonini protagonista indiscusso di un palcoscenico tagliato da drammatici controluce. Su questo set, le tinte monocromatiche assumono tutt’altra forma, si intrecciano virtuose, seguendo una regia altrettanto desiderosa di sorprendere, ammaliare, distrarre da chi dovrebbe essere il vero fulcro della ripresa: l’artista.

Sarebbe, quindi, lecito ammettere che la riuscita di questo videoclip sia da ricercare proprio negli A Perfect Circle e nei loro intensissimi sguardi. Ma non sarebbe giusto. Quello che viene messo davanti agli occhi dello spettatore non è una coreografia, un playback e neanche un lip-sync della canzone. Siamo lontani anni luce dallo strepitoso freak show di un capolavoro del genere come il Fitzpleasure firmato da Emile Sornin per gli Alt-J.

Allora non resta che l’idea. Non un’idea comune, bensì la precisa intenzione di centrare un traguardo.
Come Ulisse che, tornato a casa, versa una sola lacrima per tutto ciò che ha ritrovato, così gli A Perfect Circle scelgono di fare ciò che raramente hanno fatto: mostrarsi al mondo.
Senza fuochi d’artificio, senza virtuosismi, senza campagne mediatiche. Un semplice gioco di montaggi, asimmetrici ma puntuali, porta i cinque artisti dalla solitudine dei primi piani all’unione di un campo medio, mettendoli a nudo in un mare di bianco accecante o nascosti da un manto oscuro.
In un periodo storico come questo, in cui tutti vanno alla ricerca della trovata più complessa ed originale, c’è ancora chi sceglie la semplicità della pura potenza visiva.
Il messaggio è limpido: gli A Perfect Circle sono tornati e non hanno paura di riconquistare Itaca.

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