The Neon Demon, di Nicolas Winding Refn

Sembra l’Adrian Lyne degli anni ’80 però senza musica, sudore e pulsioni passionali e omicide. Ma porta davvero in quella che potrebbe essere l’epoca post-videoclip

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NWR. C´è già una firma in quelli che appaiono come I titoli di testa più personalizzati del concorso. Un marchio che richiama quello di un altro cineasta danese, Lars von Trier. Dove l’apertura è come un prologo necessario, un miscuglio di luci e colori che sembrano una specie di vernice che si diffonde non solo sui corpi di modelle inanimate ma anche sull’inquadratura. Come dei gettiti nervosi che contrastano con un film più freddo della morte, congelato nell’obitorio di un cinema che sembra una delle direzioni più sorprendenti che sta prendendo il cinema di Refn, già annunciati in parte da Solo Dio perdona.

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Jesse arriva a Los Angeles e sogna di diventare modella. La sua presenza suscita un’accesa gelosia nelle altre ragazze che sono ossessionate dalla sua bellezza e faranno di tutto per rubargliela.

abbey lee the neon demonAngeli e demoni, una danza macabra di burattini che arrivano da Twixt. Il fantasma interpretato proprio da Elle Fanning diventa qui giocattolo di plastica, oggetto materiale prima che corpo da collocare su sfondi colorati (il tappeto rosso) o su un bianco paradisiaco dove la scena di un servizio fotografico è così inanimato da apparire come un’installazione istantanea. Il cinema di Refn gioca ancora sulla mutazione dei corpi, mantiene quella sua violenza solenne respingente e un cinismo che con The Neon Demon appare però più teorico che effettivo. Jesse è il controcampo femminile di Michael Peterson di Bronson. Entrambi vogliono diventare delle celebrità. Ma lei diventa anche superficie riflettente come gli specchi,come la carrozzeria dell’auto di Drive, naviga dentro le zone di nuove lost highways in cui ci sono anche degli echi del cinema di Lynch nella visione della città dall’alto, nei motel, nella recitazione della Fanning che si sovrappoone a quella di Naomi Watts in Mulholland Drive proprio nel muoversi come una bambola rotta.

the neon demonThe Neon Demon provoca allucinazioni. I manichini di Vittoria amara di Nicholas Ray che riprendono colore. Flash di luce rossa, rosa verde. Quasi un costante martellamento visivo e sonoro di un cinema che mantiene solo il quadro esteriore del piano visivo mentre quello che c’è dentro sembra sparire o diventare invisibile. Oppure si può percepire con un illusorio 3D. L’erotismo diventa un atto ultraterreno ma mai nel cinema di Refn si è sentito con questa malata forza demoniaca. Il sogno diventa la dimensione parallela. Quella dove le immagini possono liberarsi e nel cinema del cineasta danese avviene paradossalmente in una claustrofobica e rigida geometricità. Un cinema tutto sotto controllo, che non respira neanche sotto tortura, che deraglia e si perde nella parte finale. Ma un cinema che diventa di colpo non solo estremamente interessante, che non sembra avere nessun compromesso nel passaggio dall’immagine che è nella testa a quella che va sullo schermo. Che può provocare imbarazzo, fastidio e portare il pubblico a reagire come la bordata di fischi al termine della proiezione. Come è avvenuto ieri sera.

The Neon Demon sembra l’Adrian Lyne degli anni ’80 però senza musica, sudore e pulsioni passionali e omicide. Ma porta davvero in quella che potrebbe essere l’epoca post-videoclip. E nella sua anima ghiacciata, può accadere che dei pezzi si staccano e si sciolgono. Come la sfilata di moda che diventa uno spettacolo degno del cinema di Baz Luhrmann. Dove le luci si accendono davvero oltre i filtri. E anche i mostri ballano. Forse l’horror vero del cinema di Refn. Con Keanu Reeves vera carogna da ampliare in un immaginario/ipotetico/possibile sequel.

Titolo otiginale: id.

Regia: Nicolas Winding Refn

Interpreti: Elle Fanning, , Karl Glusman, Jena Malone, Bella Heathcote, Abbey Lee, Keanu Reeves

Distribuzione: Koch Media

Durata: 117′

Origine: Danimarca/Francia/Usa 2016

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