"The Truth about Charlie" di Jonathan Demme

Charlie, il suo tesoro di diamanti scintillanti nascosti, è l’oggetto e il soggetto della ricerca di Demme, che con fare da chirurgo estetico riduce e ricuce a brandelli “Charade” di Donen, scava con il bisturi il corpo/set Parigi anni ’60, ne lascia fuoriuscire flussi vitali, odori e umori

--------------------------------------------------------------
CORSO COMUNICAZIONE DIGITALE PER IL CINEMA DALL'11 APRILE

--------------------------------------------------------------
The Truth About Charlie Sarà perché la troppa luce dell’estate mediterranea stanca e acceca (ragioni in più per rifugiarsi nell’oscurità del cinema) ma sta di fatto che resta il periodo privilegiato per far dissolvere le verità più crude, lasciarle marcire in poco tempo, magari in un angolo sperduto per evitarne gli odori. Così questa discesa di Jona(than Demme) nel ventre della balena (la più grande del mondo, come nelle Armonie di Werckmeister di Bela Tarr) tra materia frantumata e indigeribile, la sua lode al meccanico e alle sue creature, si perderà, come i “lodi” maschili e penetranti di altre balene, ai nostri occhi chiusi chiusi in corpi bruciati su sabbie desertiche, lontanissime dal mare.
Demme non cerca il riverbero apocalittico della visione (comunque “da infarto” come per Emil Zatapec/Ted Levine di fronte al morto/vivo Lewis Bartholomew/Tim Robbins) linea Bunuel -Bela Tarr, ma essendo sceso nel corpo della balena ne tritura le carni dall’interno mentre le mangia; alla maniera del suo Hannibal, a cui rimanda l’epilogo, già dopo la fine (apparente dei titoli), con Lewis Bartholomew/Tim Robbins, ultimo assassino del vero/falso Charlie, “regista” onnisciente della verità apparente del film, rinchiuso nella gabbia e finalmente ucciso dalla vecchia madre, che si volta verso gli occhi già morti di suo figlio.
E’ qui che siamo noi, dietro l’occhio di Charlie, prospettiva di un morto/vivo da cui osservare dei vivi/morti pronti a fare carte false per appropriarsi di ricchezza monetizzata in francobolli, flusso di denaro che si è fatto immagine lasciapassare.
Dalla prima inquadratura nel vagone, quando guarda il suo ultimo piacere, fino all’abbraccio “postumo” con gli occhi aperti/chiusi della madre, restiamo nel bulbo, forse unica parte del corpo rimasta integra dopo il volo da un treno (sempre troppo) in corsa, di Charlie: nome/codice per tante missioni impossibili di una (id)entità sfuggente, di nascita francese presto assoldata con successo dagli americani.
C., il suo tesoro di diamanti scintillanti nascosti, è l’oggetto e il soggetto della ricerca di Demme, che con fare da chirurgo estetico riduce e ricuce a brandelli Charade di Donen, scava con il bisturi il corpo/set Parigi anni ’60, ne lascia fuoriuscire flussi vitali (Aznavour/Nouvelle Vague tramite frammenti di Tirate sul pianista e la presenza-icona di Anna Karina), odori e umori.
The Truth About Charlie è un baccanale contemporaneo, un rave party su una spiaggia con un mare di ecstasy e noi, con l’occhio poggiato sul bagnasciuga, vediamo la vecchia/Nuova Ondata infrangersi tra visioni e suoni di Aznavour e Anna Karina che scorrono su una Parigi caleidoscopica di pioggia sole giorno notte. Al centro non c’è il volto mitico di Audrey Hepburn, non la Venere/Primavera di Botticelli, musa costretta a coprirsi per il suo evidente mostrarsi, ma il corpo mulatto di Thandie Newton/Regina, che come quello di una ballerina sul cubo ne lascia intravedere delle parti mentre si muove a ritmo forsennato, impossibile da afferrare totalmente, lasciando viso e occhi (e vero) come punto più lontano dai nostri. Il resto sono Ricercati: Ufficialmente morti, fantasmi sulla linea di confine come già li aveva resi Walter Hill rileggendo il cinema americano, che scivolano tra le loro identità portando il film tra le pieghe del cinema di genere.
La Femme Fatale di Demme non si muove tra le lucide geometrie del pensiero come nel film di De Palma ma è tra i denti, frantumata da una bocca antropofagica, da “provare a prendere” in più pezzi (e The Truth About Charlie mostra come il cinema di Spielberg viaggi sempre sui binari della bidimensionalità, mentre qui siamo in un corpo che è stato lanciato dal treno).
Alla fine il tesoro non lo vediamo neanche questa volta, ci accontentiamo della verità secondo Lewis Bartholomew/Tim Robbins ma sappiamo che non ci possiamo fidare, che il tutto è ancora dietro il nostro occhio, nel corpo smembrato di C. La Nouvelle Vague ha reso per sempre impossibile rifare Charade, ma vai a capire com’è che esci dal cinema cantando The Mercy Seat di Nick Cave, che ripete An eye for an eye / And a truth for a truth / And anyway I told the truth / But I’m afraid I told a lie…

 

--------------------------------------------------------------
#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

--------------------------------------------------------------

Titolo originale: The Truth About Charlie
Regia: Jonathan Demme
Sceneggiatura: Jonathan Demme, Steve Schmidt, Peter Stone, Jessica Bendinger
Fotografia: Tak Fujimoto
Montaggio: Carol Littleton, Suzanne Sprangler
Musica: Rachel Portman
Scenografia: Hugo Luczyc-Wyhowski
Costumi: Catherine Letterier
Interpreti: Mark Whalberg (Joshua Peters), Thandie Newton (Regina Lambert), Christine Boisson (comandante Dominique), Tim Robbins (Lewis Bartholomew), Joong-Hoon Park (Il-Sang Lee), Ted Levine (Emil Zatapec), Lisa Gay Hamilton (Lola Jancso), Stephen Dillane (Charlie), Charles Aznavour, Anna Karina, Agnès Varda, Magai Noel
Produzione: Jonathan Demme, Ilona Herzberg, Peter Saraf, Edward Saxon per Clinica Estetico Ltd./Mediastream Film/Universal Pictures
Distribuzione: U.I.P.
Durata: 104'
Origine: Usa, 2002


 

 

--------------------------------------------------------------
CORSO ONLINE SCRIVERE E PRESENTARE UN DOCUMENTARIO, DAL 22 APRILE

--------------------------------------------------------------

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative