"Ti amo in tutte le lingue del mondo", di Leonardo Pieraccioni
C'è chi racconta l'amore nel cinema italiano di oggi, e c'è chi tenta di farsi raccontare dall'amore, senza lucidità, senza calcolo, senza pianificazione. Pieraccioni rientra nel secondo gruppo.
Ti amo in tutte le lingue del mondo. Già ma cos'è l'amore, anzi dov'è? Le domande più belle sono quelle che non aspettano risposta. Dopo il punto interrogativo, puntini puntini. Ognuno è libero di riempire lo spazio come vuole, rispondendo, pensandoci un po'su, oppure dimenticando del tutto la domanda. Ecco, forse il senso delle cose e dell'amore si nasconde proprio nella perdita della memoria e magari della consapevolezza, come mostra Benigni in coda a La tigre e la neve, con quel tentativo ultimo di sfuggire allo sguardo della Braschi e di far finta che nulla si sia fatto per amore, quando invece si muore e si crepita e si sta male, ma non fa niente, tanto nessuna parola riuscirà mai ad esprimerci veramente…Poi ci cade dritto agli occhi questo strano oggetto natalizio che Pieraccioni dedica all'amore, quello recitato/sussurrato/immaginato in tutte le lingue del mondo. Un castello di sabbia, un mandala sparpagliato dal vento, un puzzle di tessere che non combaciano più. Basterebbe davvero poco e tutto il film ci cadrebbe addosso, con i suoi lati bui, le sue macchiette di colore, quelle gag che nelle intenzioni di Pieraccioni "dovrebbero far ridere il pubblico ogni venti secondi". Si certo, sì ride, ma con la bocca, non gli occhi. Come nella prima sequenza in cui Pieraccioni scopre il tradimento della moglie e, davanti agli amici, non sa più se ridere o se piangere. Quando la maschera comica inizia a colare, il cerone va giù e lo shining dello sguardo inizia a spegnersi. Si può mentire, certo, ma agli altri, non a se stessi. E quando non si trova più il coraggio di ridire ti amo e di buttarcisi a capofitto, non c'è più desiderio e avventura sessuale che tenga. Ti amo in tutte le lingue del mondo – sembrano dire i personaggi del film -, solo che manca loro l'oggetto della dedica, la proiezione dell'altro a cui riferirsi. Non c'è mai pienezza in questo naufragio emotivo, ma solo e soltanto perdita. Da Cateno (un grande Panariello) che interpreta il nuoto come apnea prolungata fuori tempo massimo, al fratello Gilberto (un misurato e toccante Pieraccioni) che annaspa tra la moglie fedifraga, la giovane studentessa innamorata di lui e la sua nuova conquista, i corpi del film sono surrogati, appendici, ombre di mondo. Suscitano il riso certo, ma di rimessa. Invocano amore e cercano di darselo, ognuno a modo suo.
Regia: Leonardo Pieraccioni
Interpreti: Leonardo Pieraccioni, Giorgio Panariello, Marjio Berasategui, Massimo Ceccherini, Giulia Elettra Gorietti, Rocco Papaleo, Francesco Guccini
Distribuzione: Medusa
Durata: 100'
Origine: Italia, 2005