Tiro Libero, di Alessandro Valori

Quella di Valori è una commedia che tenta l’assemblaggio perfetto fra lacrime e risate, ma l’intervento di scrittura è talmente ingombrante da costringere i personaggi all’unidimensionalità

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Escludendo la leggerezza di certi film pseudoautoriali, il magnifico slogan “commedia all’italiana” tanto abusato quanto la parola “sdoganare”, raccoglie nel suo grembo una scia infinita di prodotti, fra cui questo Tiro Libero, che avrebbero maggiori chance di gradimento, innanzitutto per la vastità dell’utenza, nell’enorme Palinsesto televisivo. Il lavoro di Alessandro Valori (Come saltano i pesci) sembra una rivisitazione cinematografica, in chiave post teen, di un Braccialetti Rossi, e l’inginocchiamento al grande disegno divino, così apprezzato, e non siamo ironici, lo ascriverebbe ad uno speciale più frizzante della nuova stagione di Che Dio ci aiuti; in effetti non ci sarebbe stato alcun schiocco di lingua se ad un tratto Elena Sofia Ricci avesse battuto i corridoi del centro di accoglienza insieme al protagonista Dario, Simone Riccioni. Questi, co-autore del romanzo galeotto, scritto a quattro mani con Jonathan Arpetti, ed edito da Sperling & Kupfer, interpreta il “campione”di ogni società civilizzata: ricco, straviziato, meschino, e naturalmente un asso dello sport, e qui giungiamo alla parabola Young Adult che cerca di accaparrarsi altro pubblico con il “problema” della giovane promessa, rafforzato dalla discesa dell’anima gemella. Dario infatti cola letteralmente a picco nel bel mezzo di una partita. Gli viene diagnosticata la distrofia muscolare, ma la punizione all’animo superbo non basta, perché la strada per l’espiazione contempla il cuore d’oro, ed ecco arrivare i tre mesi di servizi socialmente utili come allenatore di una piccola squadra di ragazzini in sedia a rotelle.

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Se, come in quasi ogni paese, il target industriale è il primo della fila, si fa fatica a

tiro_libero_scena comprendere la logica distributiva di Tiro Libero. Come dicevamo, gli ammiccamenti (un Dio ebraico che deve trasformare la stella cometa del basket in un missionario, la famiglia aristocratica che si sorprende, insieme al pubblico, del rovescio di valori, e qui andiamo al cult di De Biasi Come tu mi vuoi, ecc.), avrebbero trovato maggiore spago nell’assetto a puntate. Qui, in poco più di novanta minuti, i personaggi, manovrati e non a torto, vista la metafora biblica, vengono purtroppo stipati nel loro anfratto e affinché ognuno abbia la propria rivalsa sono tutti vittime dissanguate da un elemento di casualità  troppo importante: la ragazza investita sul Liberty, causa dell’altruismo forzato del campione, è la sorella di Maria Chiara Centorami, la bella volontaria conosciuta quando Dario è ancora arido come il deserto, e potremmo continuare a spuntare l’elenco. Spalmare tutti questi incontri-scontri su una fetta di pane più grossa avrebbe smorzato i passaggi più “telefonati” e tutti80_001-755x491.jpg.pagespeed.ce.wvQp7w5wQK sappiamo che il pubblico oggi come oggi non brama l’immediata caduta del velo, soprattutto gli smaliziati avvezzi non tanto al cinema quanto alla serialità d’oltreoceano. Un film che dovrebbe rivolgersi alla gioventù in tutti i suoi buoni sentimenti, perché in fondo non vogliamo credere al ricatto deciso a tavolino, ma che a conti fatti, la considera come nient’altro che un trampolino da cui saltare, e il prima possibile. Gli slanci respiratori, il legale Paolo Conticini oppure l’atipico Samuele Sbrighi, sono relegati nei coni d’ombra della buona storia, di cui fa le spese anche Biagio Izzo, che però trova una dimensione di normalità dopo anni di farse e commedie.

Regia: Alessandro Valori
Interpreti: Simone Riccioni, Maria Chiara Centorami, Jacopo Barzaghi, Nancy Brilli, Antonio Catania, Biagio Izzo, Paolo Conticini, Marianna Di Martino
Distribuzione: Rainbow e Linfa Crowd 2.0
Durata: 98′
Origine: Italia, 2017

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