"To Be or Not To Be (Vogliamo vivere)", di Ernst Lubitsch (Versione restaurata)

to be or not to be

Rivedere Vogliamo vivere! oggi significa confrontarsi con la forza di un cinema che si getta nel conflitto con tutte le sue armi, che sono le armi della finzione, della messa in scena, della costruzione di immagini. Come e più del Chaplin de Il grande Dittatore, Lubitsch fa della finzione e del rovesciamento uno strumento di scardinamento delle logiche belliche

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to be or not to beVogliamo vivere! di Ernst Lubitsch torna sugli schermi. Un ritorno non deve essere necessariamente l’occasione per una celebrazione formale, il riconoscimento obbligato e un po’ freddo ad un grande nome che ritorna con un suo classico, ma a volte il ritorno è ben più di questo. Rivedere Vogliamo vivere! oggi significa confrontarsi con la forza di un cinema che si getta nel conflitto con tutte le sue armi, che sono le armi della finzione, della messa in scena, della costruzione di immagini.

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È sin dal titolo originale (To Be or Not to Be) che la guerra è dichiarata, che le armi sono schierate, che il cinema si mette in gioco (non) come teatro. Dopo la commedia rovesciata in tragico destino di L’uomo che ho ucciso del 1937, lucido e disperato appello contro una guerra percepita imminente, Lubitsch torna nel ’42, in piena guerra, a incrociare il suo tocco (lieve e preciso, feroce e irridente, eppure raffinato e inimitabile) con la tragedia contemporanea, operando un rovesciamento delle forme straordinario.

Carole Lombard in To Be or not To BeDi fronte alla pura follia della guerra, alla sua assoluta mancanza di logica, alla ferocia dello sterminio, all’Olocausto che si palesa di fronte a tutti, l’ebreo tedesco Lubitsch risponde con le armi del cinema, di un cinema che crede in se stesso, a cui credere con tutte le sue forze. Non si tratta di costruire un film di propaganda, di realizzare storie e personaggi stereotipati e convenzionali. Si tratta di pensare che l’unica logica contro la guerra è la logica della finzione. I personaggi del film (da Jack Benny nella sua unica apparizione cinematografica a Carole Lombard nella sua ultima) sono attori che recitano molteplici parti, che utilizzano Shakespeare per contrastare la follia di un bombardamento o di un genocidio (il monologo di Shylock ne Il mercante di Venezia che diventa un atto d’accusa contro l’olocausto); che si insinuano travestiti sino dentro i palazzi del potere nazista, travestendosi, diventando essi stessi maschere mimetiche del nemico, moltiplicando spazi e luoghi teatrali, luoghi della messa in scena e della finzione, come un virus inarrestabile. Come e più del Chaplin de Il grande dittatore, Lubitsch fa della finzione e del rovesciamento uno strumento di scardinamento delle logiche belliche (che sono pura follia, ripetiamolo). Le avventure di un gruppo di scalcinati attori teatrali dell’est, che finiscono per sconfiggere le armate tedesche infiltrandosi al loro interno e travestendosi, recitando corpi e personaggi finzionali, diventa per il regista il meccanismo stesso della finzione cinematografica, dell’immagine che scardina la realtà proprio affermando con forza la sua finzione, il suo essere una moltiplicazione delle possibilità del cinema, della sua fantasia, della sua potenza.

 

Titolo originale: To Be or not To Be

Titolo italiano: Vogliamo vivere

Regia: Ernst Lubitsch

Interpreti: Carole Lombard, Jack Benny, Robert Stack

Distribuzione: Teodora Film

Durata: 99'

Origine: Usa, 1942

 

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    2 commenti

    • E' un film bellissimo, umoristico al massimo, ma che allo stesso tempo fa pensare. Sono felice che l'abbiano rimesso in circolazione.

    • mauriolaspisa

      Finzione e rovesciamento o meglio una finzione che rovescia la realtà imposta per manipolazione truffaldina (i nazi ladri e assassini fatti passare per salvatori). Finchè resta libero l'uomo puà rovesciare i propri deliri.E noi quando rovesceremo i nostri? Lubitsch maestro d'immagine.