Blog QUASI UN DIARIO – Tonino Zangardi: l’anima zingara

Ci ha lasciati a soli 60 anni uno dei più originali e liberi dei cineasti italiani. Un ricordo, appassionato e sincero, di Angelo Orlando, che di Tonino Zangardi è stato amico e collaboratore

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“Eccolo!”
Caro Tonino. Chi lo avrebbe mai detto?
“Eccolo!” 
Voleva dire che lo sapevi che sarei spuntato sulla soglia di quella stanzetta, la 220 di un reparto strano d’ospedale, fatto ad alveare, di una periferia così strana, così vera e cinematografica. Ti sarebbe piaciuto raccontarla questa tua storia, lo so, col solito finale sospeso, forse, mai un lieto fine dichiarato. Il lieto fine non ti apparteneva. Non hai mai amato la parola fine, come se i titoli di coda di un film nascondessero un altro viaggio, un’altra dimensione nel tempo o fuori dal tempo.
Partire da un’immagine per poi raccontare un incipit, metterci attorno immagini e personaggi passionali, oscuri e misteriosi, quelli col fuoco dentro, un fuoco che neanche l’acqua poteva spegnere.
Non era così?
Eppure, ci piacevano i finali sospesi. La pioggia di Sandrine, oppure Giuliana e Leonardo persi nei campi di grano. Un’altalena su una spiaggia. Un uomo e una donna che si abbracciano appassionatamente. Erano solo sogni condivisi per arrivare al cuore, sentirlo sussultare in gola, appoggiare la schiena a un sostegno solido per lo spazio di una pausa di un’ora e mezza, mentre il tempo scorre a ventiquattro fotogrammi al secondo.
 
“Lui è Angelino, uno dei miei più cari amici!”
E poi mi hai chiesto: “Sono dimagrito molto?”
Ti ho risposto di no, però quando sono entrato ho pensato: “Madonna quanto sei dimagrito Tonino!” Tu mi hai guardato in faccia e hai capito che avevo mentito. Ti sei messo a ridere e mi hai detto: “Quando Angelo dice una cazzata lo scopro immediatamente!”
Poi hai cominciato a parlarmi immediatamente dei progetti in cui coinvolgermi. Sempre così. La scuola di Mantova, un altro film da fare, altri produttori da presentarmi: “Questi vogliono fare un film con me, sono due ragazzi che… dobbiamo andarci con un’idea però…”  e poi un fiume di ricordi.
Ti conobbi come il regista di Allulo Drom. Titolo strano, sottotitolo: L’Anima Zingara. Poi immediatamente cominciammo a frequentarci. Mi dicevi sempre: “Tu pare che niente fai, poi all’improvviso te ne esci con un capolavoro!” 
Una delle tue frasi preferite era: “Che fai stasera?”
E io mai avevo il coraggio di dirti: “Niente!”
 
Avevi sempre qualcosa da propormi, qualcosa da fare, un posto dove andare. I pranzi e i caffè al sole d’estate, d’inverno, con la pioggia, col freddo, sempre fuori perché non riuscivi a staccarti da quella sigaretta e dal telefonino che squillava in continuazione. Una sera, non potrò mai dimenticarlo, a Trastevere, t’incontrai e ti dissi: “Prossima settimana passa il mio film in commissione al Ministero!”
Lui mi guardò con quel suo sguardo da pirata.
“Li devi chiamare tutti!”
“Tutti chi?”
“I membri della commissione!”
“Ma ti pare? Chi li conosce?”
“Chiamali!”
Era tanto tempo fa. Un tempo non si veniva convocati in commissione. E l’unica alternativa per parlare del tuo film a chi lo giudicava era conoscerlo.
 
“Non li conosco. Figurati se li chiamo? E chi ce li ha i numeri di telefono?”
“Te li do io i numeri di telefono!”
“Di chi?”
“Di tutti!”
Prendesti un’agenda e mi desti tutti, ma dico tutti i numeri di telefono dei membri della commissione al Ministero. Mi dicesti: “Devi farlo. Devi parlare a tutti loro del tuo progetto. Loro vogliono essere chiamati. Anche se ti dicono di no, lo vogliono perché noi per loro siamo un’opportunità d’incontro. Noi per loro siamo un ponte con ciò che ammirano e amano: il cinema. Noi siamo quelli che hanno avuto il coraggio di fare il cinema!” 
Quanti ne hai tirate fuori di intuizioni, così in pochi attimi. Nel bene e nel male Tonino. Luce e ombra nello stesso contenitore. Eri così. Uno dei tanti maestri di questa vita.
Ogni volta che ti presentavo la nuova stesura, dopo neanche due ore mi chiamavi e dicevi sempre la stessa cosa: “Capolavoro!” Ricordo tutti gli attimi e i luoghi di queste tue telefonate improvvise. “Capolavoro Angelino, capolavoro!” 
Li abbiamo realizzati tutti tranne uno: quella storia dallo strano titolo: “Lontano da ogni cosa“. Ce l’ho ancora sul computer l’ultima versione, nella cartella: “Zangardi”.
Zangardi… amico mio. Il nome di un personaggio di un altro film. Mi dicevi sempre: “Voglio fare l’attore in un tuo film!” Ed eri sempre il primo a voler vedere quello che avevo combinato. Dopo aver visto “Sfiorarsi” nella saletta dell’Augustus Color, mi dicesti: “Non hai fatto un film, hai creato una nuvola!” Parole che mi arrivarono dritte al cuore e così sciogliesti in un colpo, tutti i dubbi che avevo su quello che avevo perduto, il senso critico, perché quando stai troppo tempo su un progetto, le immagini si confondono e non puoi essere più obiettivo.
Un’altra idea, Tonino.
Orlando’s touch” Così mi dicevi sempre.
In questa storia ci manca il tocco di Orlando. Mi prendevi in giro e mi mandavi l’idea, una prima stesura scritta con: caratteri disuguali, font diverse, azioni ridotte ai minimi termini, un caos di forma che mi faceva sbattere la testa sulla scrivania, ma il tutto condito da quella che era l’dea, ricca e così potente da non poter fare nient’altro che creare spazio, tendere pian piano all’ordine, spianare la strada alla verità. Far luce. A volte mi sentivo così con te, un riordinatore di luce, uno di quegli strani individui che entrano nelle case per dimostrare l’efficacia del nuovo Folletto e spalancano le finestre, aprono le tende e ti mostrano quanto bella è la tua casa.
Ed eccolo qui, mio caro zingaro, poeta distratto e amante dell’amore, il capolinea coincide col traguardo e il punto di partenza. Si comincia sempre dalla pagina bianca, con l’esclusione del titolo.
Il nostro segreto e il segreto di ogni cineasta, è un’immagine su cui metterci attorno la storia. L’intuizione iniziale, quel granello su cui basare l’invenzione. Tutt’intorno c’era solo la vita e un lungo cammino da percorrere possibilmente a piedi, in compagnia di un amico. E così, per mesi ti sei allenato per quel cammino di Santiago dell’anima e hai camminato così tanto che avrai fatto tre volte il giro del mondo. Ecco cos’era questa fretta che ti portava a bruciare la strada e a percorrere ogni cammino sprezzante delle difficoltà e del vento.  La difficoltà di concludere e di mettere la parola fine. Esorcizzare la morte e sentire fino in fondo il midollo della vita. Mentre tutto sembra finito, buio in sala e sul grande schermo, appaiono già le prime immagini del tuo prossimo film.Colpo di scena.
Uscire in punta di piedi così. Un lupo che cammina sull’acqua. Un respiro e uno sguardo alla finestra della tua ultima stanzetta in quell’ospedale: la luna così grande nel cielo. Ricordi?
 
“Andiamo…”
 
“Capolavoro, Tonino, capolavoro!” 
 
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