TORINO 27 – "Into the blue", di Emiliano Dante (Italiana Doc)
La vita in una tendopoli raccontata da dentro (una tenda), come la nuova condizione ha modificato i rapporti preesistenti e ne ha creati di nuovi, e, infine, come la convivenza forzata ha rappresentato una spinta (all’evasione) creativa (e creatrice) in tutte le direzioni: musica, teatro e cinema, che in questo lavoro si fondono e si scambiano continuamente il ruolo di protagonista
La vita in una tendopoli raccontata da dentro (una tenda), come la nuova condizione ha modificato i rapporti preesistenti e ne ha creati di nuovi, e, infine, come la convivenza forzata ha rappresentato una spinta (all’evasione) creativa (e creatrice) in tutte le direzioni: musica, teatro e cinema, che in questo lavoro si fondono e si scambiano continuamente il ruolo di protagonista. Di tutto questo parla Into the blue, fornendo una rappresentazione della vita in tendopoli lontanissima (a volte perfino gioiosa) da quella macchiettistica, sempre in bilico fra disperazione e gratitudine, imposta dai mass-media. La città e il terremoto non esistono se non (fermi) in fotografia. L’unico luogo vivo (immagini in movimento) è la tendopoli dove la vita scorre in un continuo susseguirsi di adattamenti alla nuova condizione di assenza della dimensione privata: perdita degli equilibri raggiunti e ricostruzione di nuovi.
La sospensione e la transitorietà assumono, poi, carattere universale dal momento che i protagonisti del film sono tutti compresi in quella fascia d’età per i quali non è necessario un terremoto per sentirsi sospesi e farsi domande sul proprio futuro, non è necessario convivere in sei in una tenda per domandarsi quali aspettative di futuro ha una storia d’amore.
Emiliano Dante non rinuncia a sfruttare anche le possibilità visive offerte da questa irripetibile situazione. Paesaggi fantastici fatti di verde e di blu, luoghi reali (nel qui ed ora del film) ma nello stesso tempo fantastici (non esistono già più) nei quali le persone si muovono come fantasmi (in trasparenza) proprio a sottolinearne la provvisorietà.