Torno da mia madre, di Éric Lavaine
Il plot è il più semplice che si possa immaginare ma l’analisi che fa Lavaine della psicologia familiare è profonda, accurata e perfettamente incarnata dai suoi interpreti
Stéphanie alla soglia dei quarant’anni è tornata a vivere con sua madre. Fino a pochi mesi prima aveva tutto ciò che potesse desiderare dalla vita, una carriera di architetto in rapida ascesa e un matrimonio felice. Poi tutto è cambiato. In seguito al fallimento del suo cliente ha perso il lavoro e la sua vita matrimoniale è andata in pezzi, così senza soldi e con il cuore in frantumi è tornata indietro sui suoi passi ed è stata costretta a chiedere asilo a sua madre, che l’ha accolta a braccia aperte ma naturalmente alle sue condizioni. La vita dell’anziana Jacqueline è infatti scandita da ritmi lenti e impegni improrogabili con i pasti e con i suoi programmi preferiti, che mal si conciliano con quelli di Stéphanie, alla frenetica ricerca di un lavoro per ritrovare al più presto la sua libertà.
A questo si aggiunge il fatto che per tutto il tempo in cui le due donne hanno vissuto divise sono cresciute, sono cambiate e nuove persone sono entrate nelle loro vite, e questo vale soprattutto per Jacqueline che, dopo la morte di suo marito, ha iniziato una relazione sentimentale clandestina con un altro uomo. Nulla di scandaloso vista la sua età e il suo stato di vedova ma per ragioni imperscrutabili, la donna non riesce a confessare ai suoi figli di aver trovato un nuovo amore e si barcamena tra mille escamotage per incontrare il suo amante senza farsi scoprire da Stéphanie, che ora vive sotto il suo tetto. E gli altri due figli non le facilitano certo il compito non perdendo neanche un’occasione in cui sono seduti allo stesso tavolo per vomitarsi addosso malumori, ostilità e vecchi rancori.
Questo è il quadretto familiare dipinto da Éric Lavaine, che racconta i drammi che serpeggiano in una famiglia come tante mentre sullo sfondo imperversa una crisi economica sempre più difficile da sopportare, che tarpa le ali e nega l’indipendenza economica. Stéphanie è il ritratto perfetto della “generazione boomerang”, quella degli adulti che in seguito a un licenziamento o a una rottura sentimentale tornano a casa dai genitori dopo aver vissuto una vita indipendente, e oltre al peso dell fallimento si trovano a fronteggiare tutti i malesseri della vita familiare che si erano lasciati alle spalle insieme alla loro infanzia. Éric Lavaine parla di sciogliere i nodi del passato per affrontare i problemi del presente con coraggio, affrontando i propri cari con onestà, senza più nascondere la polvere sotto al tappeto, ma trasformando le discussioni in contrasti costruttivi. Il plot è il più semplice che si possa immaginare ma l’analisi che fa Lavaine della psicologia familiare è profonda, accurata e perfettamente incarnata dai suoi interpreti, che abbracciano il loro ruolo con spontaneità, incarnando perfettamente i tormenti di una generazione che non trova pace e che lascia ai propri genitori la spensieratezza di vivere l’amore e godere a pieno della vita.
Titolo originale: Retour chez ma mère
Regia: Éric Lavaine
Interpreti: Alexandra Lamy, Josiane Balasko, Mathilde Seigner
Distribuzione: Officine UBU
Durata: 91′
Origine: Francia 2016