Tra thriller ed eros: addio a Bigas Luna

Bigas Luna
Il regista, malato da tempo di cancro, aveva 67 anni. Dalle sperimentazione design degli esordi, al cinema come desiderio e ossessione, è stato dall'inizio degli anni '90 il cineasta spagnolo più famoso dopo Pedro Almodóvar. Ha rivelato Francesca Neri, scoperto Penélope Cruz, affrontato le diverse forme della dipendenza del sesso 

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Bigas LunaAl Festival di Venezia del 1996 il suo Bambola, con Valeria Marini e Stefano Dionisi, era stato accolto da fischi e risate. Proprio lui che aveva filmato le forme della seduzione del corpo con Francesca Neri in Le età di Lulù (1990) o lanciato Penélope Cruz in Prosciutto prosciutto (1992) con cui aveva vinto il Leone d'Argento proprio al Lido nel 1992, non era preso più sul serio e quel film, con la protagonista spesso spogliata e maltrattata, ha in qualche modo incrinato la sua fortuna.

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Bigas Luna (vero nome Juan José Bigas Luna) è morto ieri dopo una lunga battaglia contro il cancro. Dopo Pedro Almodóvarè stato il regista spagnolo più conosciuto nel nostro paese dall'inizio degli anni '90 e ha lavorato più volte con attrici e attori italiani. Nato a Barcellona nel 1946, all'inizio degli anni '70, dopo aver abbandonato gli studi in economia, ha iniziato ad occuparsi di design e i risultati di questa formazione si sentono nel suo primo corto, El llit. La taula (Il letto. La tavola) del 1971 girato in super8 dove le immagini si sovrappongono a quelle delle diapositive.

Valeria Marini in BambolaHa diretto il suo primo lungometraggio nel 1976, Tatuaje in cui ha affrontato il tema dell'incesto. Spesso nel suo cinema si sono mescolate le forme del thriller con quelle dell'eros come si vede già in La chiamavano Bilbao (1978), presentato a Cannes alla Quinzaine des réalisateurs, dove il cinema incarna già il desiderio attraverso l'immagine filmata. Ed è quello che accade all'uomo con problemi psichici ossessionato dalla cantante-spogliarellista che gli fa perdere la testa.

Nella sua carriera ha trattato temi come la sodomia sugli animali (Caniche, 1979), il sesso come dipendenza anche nel corso del tempo (Le età di Lulù), la commistione/sovrapposizione cinema-realtà (Angoscia, 1987) la subordinazione passionale e il morboso attaccamento madre-figlio (Prosciutto prosciutto) oppure attraversato drammatici triangoli sentimentali (Lola, 1986).

Nella prima metà degli anni '90 è al meglio dell'ispirazione. Nel giro di due anni firma i suoi due migliori film di questa fase: l'ascesa e caduta sociale, le avversità del destino e i segni simbolici di Uova d'oro (1993) e il visionario e sognante, tra complesso di Edipo e mammelle, La teta y la luna (1994).

penélope cruz e javier bardem in Prosciutto prosciuttoDopo Bambola è come se fosse cominciata una nuova fase della sua carriera. Meno proocatorio, più trattenuto, come se non avesse più il coraggio di lanciarsi nel vuoto come prima. Ciò si vede nel troppo controllato L'immagine del desiderio (1997) dal romanzo di Didier Decoin che, curiosamente, rievoca il Titanic proprio nello stesso anno di James Cameron e affronta la parabola dell'arte che si scontra con la parola come falsa forma di credenza. E la sua involuzione è evidente ancora di più nel successivo Volavérunt (1999) dove thriller e desiderio erano ormai elementi antitetici e calligrafici nel mostrare chi fosse la vera modella protagonista della Maja Desnuda di Francisco Goya. E neanche col suo ultimo film uscito in Italia, Son de mar del 2001, ritrova la vena del decennio precedente, in un'opera scritta con Rafael Azcona in cui i richiami simbolici (il ritorno di Ulisse) apparivano troppo evidenti. 

Il suo ultimo film diretto è stato Di Di Hollywood del 2010. Ultimamente stava lavorando da tre anni al progetto di Segon origen, adattamento di un romanzo di Manuel de Pedrolo, uno dei più prolifici scrittori catalani. Sembra comunque che il film verrà terminato e sarà dedicato al nipotino del regista.

 

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