Tuo, Simon, di Greg Berlanti

Berlanti attinge al bagaglio teen fine anni ’90-inizi 2000 per trasportare codici linguistici e narrativi allo young adult odierno, più teso allo spot progresso e all’immagine social

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Il prodotto di Greg Berlanti parla forte e chiaro. Occorre gettare le basi per lo young adult a tematica gay e per farlo occorre distanziarsi per un attimo dalla piega social-fumettistica attualmente in vigore. Una deriva il cui colpevole, se proprio vogliamo trovarne uno, è Netflix e i suoi amatissimi intramezzi da storia Instagram dove perfino la presentazione del personaggio di turno non può bypassare l’identikit a caratteri cubitali stile La Gabbia (Reality High, La babysitter).

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Gettare le basi significa codificare, in questo caso un vero e proprio sottogenere, e per farlo Berlanti

edifica un ponte tra il linguaggio più contemporaneo di cui sopra, c’è solo un blog e qualche chiamata su Face Time, e quello più pulito, e se vogliamo più normale circa costruzione dei personaggi e sviluppi di scrittura, di quella scuola a cavallo tra fine anni novanta e inizi duemila. In effetti, della bizzarria o del disagio declinati in pompa magna, Atypical o The end of the fucking world, del male incurabile, Colpa delle stelle, Tuo, Simon sfrutta solo le facce, gli attori, il protagonista Nick Robinson è anche star di Noi siamo tutto, perché potendo costruire su un terreno semi-vergine può curare il racconto, e le potenzialità d’impatto, senza farlo esplodere in un sovraccarico ora visivo ora emotivo.

Nel liceo primissima piramide sociale Simon si collocherebbe nel mezzo. Non è brillante, non è un atleta, eppure è sufficientemente bello, istruito e socialmente coinvolto da risparmiarci la parabola del disagiato. Ha una famiglia calorosa, pronta a tendere la mano o a chiudere un occhio, degl’amici divertenti e fidati, eppure non riesce a confessare a nessuno la propria omosessualità.

Gay è normale, certo, ma non siamo qui in difesa dei diritti lgbtq, perché un film apripista come questo deve per forza considerare l’essere gay come segreto-macigno: ci vorrà un po’ prima che si avveri la fantasia di Simon circa gli amici che confessano la propria eterosessualità. A normalizzarsi, oltre Simon, è anche il contorno perché al centro deve esserci la lotta, il peso della menzogna, i morti e feriti che si accumulano nel tentativo di serbare un segreto. Ma se il fine è lo svelamento, perché non scoprire certi altarini che comunque afferiscono allo stesso pubblico di riferimento? A questo proposito la divertentissima scelta di tacciare di bullismo Katherine Langford, l’Hannah Baker di Tredici, migliore amica di Simon, o ancora di ottenere il coming out dall’Alex Standall della stessa serie, sebbene qui in un ruolo marginale. E Tredici capita a fagiolo perché nonostante gli equilibri di scrittura, quindi l’asciugamento delle sottotrame e la concentrazione sul protagonista, Tuo, Simon non riesce fino in fondo a liberarsi dalla gabbia educativa, da quei prodotti, Tredici in primis, che stanno facendo dell’audiovisivo young adult un telefono amico h24.

Titolo originale: Love, Simon
Regia: Greg Berlanti
Interpreti: Nick Robinson, Josh Duhamel, Jennifer Garner, Katherine Langford, Talitha Eliana Bateman, Alexandra Shipp, Jorge Lendeborg Jr., Miles Heizer, Keiynan Lonsdale, Natasha Rothwell, Logan Miller, Tony Hale, Darcy Rose Byrnes, Joshua Mikel
Distribuzione: Fox
Durata: 118′ 
Origine: USA, 2018

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