"Un film non costa quanto dovrebbe, ma quanto puoi ottenere": incontro con John Landis e Dario Argento

Due dei Masters of Horror incontrano il pubblico universitario per una conferenza che richiama un amichevole dibattito tra amici. Si parla di censura, generi cinematografici e del senso di fare cinema – oggi come ieri

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In occasione della messa in onda, su satellite, della prima serie dei Masters of Horror, tredici mediometraggi horror diretti da altrettanti affermati registi, Sky Cinema e l'università Iulm di Milano organizzano una conferenza con Dario Argento e John Landis. A presentare e moderare siede Gianni Canova, direttore di Duellanti e docente della stessa università. Il pubblico, riunito nell'aula magna sotterranea, è composto in gran parte da giovani studenti, tutti ansiosi di vedere da vicino i loro "maestri". Nell'aria c'è un certo senso di attesa, amplificato dalle discussioni tra amici che ripassano – quasi si trattasse degli istanti prima di un esame – le filmografie dei due registi. Chi elenca a memoria e in ordine cronologico tutti i film di Argento, chi fatica a ricordare quali e quanti horror abbia diretto Landis; chi si fa raccontare la trama di Profondo rosso, chi si diverte a fare accostamenti azzardati tra gli stili dei due. Poi, con un ritardo quasi "accademico", arrivano loro, meglio, si materializzano, accolti da un caloroso applauso. Dario Argento ombroso e schivo come sempre, John Landis espansivo e sorridente, giganteggia sull'amico stringendolo per qualche flash di riscaldamento. Canova introduce stringatamente e passa subito la parola ad Argento, augurandosi che si tratti più di una chiacchierata tra amici che di una lectio. Non si tarda a capire che sarà proprio questo l'andazzo:  Argento e Landis sono affabili e pronti a scherzare.

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Domanda di rito su cosa abbia significato girare per la televisione un film horror. Prende la parola Argento, col suo solito fare meditativo: "Girare film ha per me sempre significato avere a che fare con la censura. Quella statale, che è composta…" una piccola pausa, un ammiccamento. "…che è composta da persone che non augurerei a nessuno di incontrare, terribili, veramente terribili. Ma non solo; una censura anche dovuta alla televisione, preoccupata di quello che si può e non si può mostrare in prima serata. E di conseguenza anche una censura portata avanti dai produttori, che sui soldi delle televisioni in parte si basano. Da qualche anno fare film stava perciò diventando un problema. Quello che mi ha attirato subito della proposta di Mick Garris è stata la promessa di totale libertà; 'la cosa di cui puoi stare certo', mi ha detto, 'è che qui nessuno di noi taglierà qualcosa, avrai il totale controllo'. Per me è stata un'esperienza liberatoria, ho ritrovato stimoli che pensavo di aver perso. Ho girato due film per i Masters of Horror, uno per stagione, e mi hanno fatto ritrovare una carica che mi sono portato dietro sul set del nuovo film, La terza madre. Poi non è proprio andata così, qualche taglio c'è stato, ma poca cosa, si parla di pochi secondi, e tutto sommato ci stavano. La protagonista di Jenifer, il primo film, è una donna piuttosto disinibita che… sì, che uccide le persone. Ed era spesso svestita, mostrava i seni, e anche qualcosa di più. Ma non è stato questo a infastidire, quanto le scene di rapporti orali. Sono quelle a essere stata tagliate".

"Sta mentendo!" interviene ridacchiando Landis. "Raccontala bene, Dario. Non erano le scene di rapporti orali". Argento sorride, a modo suo, e scuote la testa, fingendo incredulità: "Una scena di rapporto orale, è quello che era. Bé, certo, poi… poi lo mangiava, ma insomma, è un rapporto orale, no?, lui sembrava comunque molto soddisfatto". Risate generali dal pubblico, ma Landis insiste: "Comunque non è esatto, non è quello il motivo per cui sono stati necessari i tagli. Mentre Dario stava girando mi è capitato di bazzicare il set, negli stessi giorni stavo preparando il mio episodio, Deer Woman. E mi è capitato di vedere le protesi di scena. Avevo già visto quegli affari" mima le grandezze sproporzionate della protesi. "Venivano dal set di Boogie Nights!". Interviene Canova: "A questo proposito, c'è sempre stata questa distinzione, specialmente nei film horror, tra far vedere e far solo intuire. Come si decide cosa far vedere in una scena, qual è il rapporto tra in scena e fuori scena nel creare un rapporto di tensione, di paura?". Si guadagna la parola Landis, che scrolla le spalle: "La domanda da porsi non è se sia giusto o meno mostrare qualcosa per ottenere un effetto. Non è neanche qualcosa legato al genere, come all'horror, ma è più generale. In realtà è tutto in relazione alla storia che si sta raccontando. In alcuni casi è giusto mostrare, in altri è meglio non mostrare. Non c'è una soluzione astratta, ma solo legata al tipo di storia. Mi viene in mente quella bellissima scena di L'uomo leopardo, seguito de Il bacio della pantera. Quella in cui la madre è in cucina, sta preparando la cena, mentre la ragazza è sola, fuori, e deve rientrare a casa. Qualcuno o qualcosa la sta seguendo. La vediamo camminare sempre più preoccupata, guardarsi intorno. Poi torniamo a vedere la madre che lavora, fa questo e quello. Si sentono dei colpi alla porta, disperati. La ragazza chiede di entrare, ma la madre sta finendo di cuocere qualcosa. Quando finalmente arriva alla porta la ragazza non c'è più, c'è solo il sangue che scorre a terra. Ecco questo è un esempio ottimo di come funzioni bene non fare vedere la scena di violenza. Ma non è una regola. Ci sono centinaia di esempi in cui funziona esattamente il contrario. Tutto dipende dalla storia che si sta raccontando".

"Cambiando solo leggermente direzione" domanda allora Canova, "perché nei film horror sembra che solo le ragazze che mostrano le tette, o che hanno desideri sessuali, vengano uccise? C'è una ragione dietro?". Anche in questo caso Landis si prende la responsabilità di rispondere. "È una cosa buffa. Ho di recente rivisto un'intervista di parecchio tempo fa. C'eravamo io, che presentavo Un lupo mannaro americano a Londra, John Carpenter e David Cronenberg. A intervistarci era proprio Mick Garrii, che adesso produce i Masters of Horror. A un certo punto anche lui, rivolto a Carpenter, se ne uscì con la stessa domanda: come mai in Halloween morivano tutte le ragazze che mostravano le tette, e restava in vita Jamie Lee Curtis? Carpenter fece un'espressione eloquente, assolutamente sorpresa, tipo 'Dannazione, è proprio così!'. Non ci aveva mai pensato! Anche Cronenberg sembrava perplesso. Iniziò ad annuire. 'Interessante…', diceva, come se fosse la prima volta che ci rifletteva. Perciò, per tornare alla domanda… non lo so, i registi evidentemente sono fatti così: forse le ragazze che mostrano le tette poi muoiono". Sorride, disarmante. Si inserisce Argento: "Ma le cose cambiano, forse era solo una questione di tempi. Adesso è diverso. Ad esempio in Jenifer la protagonista si concede allo sguardo, e non parlo solo dei seni. Eppure è lei a uccidere. Vedi come cambiano le cose?".

Nuovo intervento di Canova sulle possibilità degli effetti digitali e su come cambia la messa in scena con le nuove tecnologie. "Non credo cambi molto, a livello generale", si dice sicuro Landis. "La narrazione per immagini in movimento è sempre quella. C'è un attore davanti alla cinepresa, mentre dietro c'è il regista e i vari tecnici. Le scelte sono fatte in base alla storia che si racconta, non in base alle tecnologie, che al massimo sono una ulteriore possibilità. Poi c'è da dire una cosa, le tecnologie possono abbassare i costi. Prima pensavo che questo mi avrebbe permesso di vedere un quantità di nuovi film stupendi, perché molte più persone avrebbero potuto cimentarsi con il fare cinema. Quanto mi stessi sbagliando me lo ha fatto capire Costa-Gavras, un grande regista. L'ho incontrato a Cannes. Stavamo parlando, e mi è scappato di esternare la mia idea. 'Vedi' mi ha detto lui, 'è un sacco di secoli che l'uomo conosce l'uso di carta e penna, che sono alla portata di tutti. Eppure quanti romanzi definiresti capolavori?'. Effettivamente non ha tutti i torti".

È il momento di aprire alle domande del pubblico. Un ragazzo, che si professa produttore e regista esordiente, domanda se spesso le ristrettezze economiche non portino a film migliori, più sentiti, come nel caso dei Masters of Horror, prodotti per la tv. Landis scuote veemente la testa: "Assolutamente no. Non si è mai sentita questa cosa. Come se mi dessero una quantità di soldi per girare un film, e poi me ne sottraessero una parte… come può venirne un film migliore? Al contrario, datemi più soldi e vi darò un film migliore. Con più soldi posso avere un cast migliore, ma non solo, posso anche dedicare più tempo a ideare ogni singola scena, e questo lo renderà inevitabilmente un film migliore. Non esiste una soglia sopra la quale un film diventa meno bello, per un film non c'è un costo giusto, adeguato. Un film non costa quanto dovrebbe, ma quanto puoi ottenere dal produttore". Dario Argento annuisce: "Sono d'accordo. D'altra parte i Masters of Horror non erano produzioni risicate. Ci hanno dato tutti i soldi che pensavano di poter riguadagnare, adeguati per un film di circa un'ora, non di meno. Ce ne avessero garantiti meno sarebbe stato un problema". "D'altra parte" lo punzecchia Landis, "Dario era il preferito dai tecnici, tra i registi della serie. Con lui erano sicuri di poter finire di lavorare alle cinque in punto". Intermezzo su quale volto tra Bela Lugosi, Boris Karloff e Lon Chaney Jr. avrebbe scelto John Landis per un suo film  Landis è quasi in imbarazzo, non sa chi scegliere, ma alla fine propende per Lon Chaney Jr. Il tempo a disposizione è quasi finito, c'è tempo per un'ultima domanda. Un ragazzo si alza e chiede perché, guardando indietro, fino agli anni '80, si trovino tanti capolavori nel cinema horror, mentre oggi tutti i film appaiano simili, appiattiti. È ancora una volta John Landis a prendere la parola: "I film sono belli o brutti. Lasciamo le distinzioni di altro tipo agli accademici. Non è cambiato nulla rispetto al passato, ci sono film belli e film brutti, allora come adesso. Semmai è cambiato qualcosa a livello produttivo. Ma si tratta di qualcosa inerente l'economia, non la loro bellezza o meno. Ci sono e ci saranno sempre film belli". E con questa speranza la seduta è tolta.

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