Blog DIGIMON(DI) – Un mondo migliore, think different – Steve Jobs Cyberpunk


Come è cambiato, negli ultimi trent’anni, il nostro modo di rapportarci alle tecnologie e agli oggetti tecno, lo dobbiamo, in gran parte, proprio a Steve Jobs. Il nostro corpo al centro dell’universo della comunicazione. E non schiavo di formule asettiche da imparare. Sono gli oggetti che devono adeguarsi all’uomo, non viceversa. E’ la grande lezione umanistica di Steve Jobs. Dal Blog DIGIMOND(DI)

 

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“E’ davvero sorprendente che sia diventato l’industriale e il creativo più famoso al mondo. Ma fin dall’inizio mi accorsi che era determinato e motivato e che, come tutti i grandi leader che avevo conosciuto prima di lui, aveva con il suo lavoro un legame quasi irrazionale: ma quel tipo di concentrazione ha reso il mondo un posto migliore. L’ossessione di Steve è la passione per il prodotto…la passione per la perfezione del prodotto.

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Che forma assume questa ossessione? Facile: Steve è il più grande consumatore del mondo. L’ho imparato il giorno stesso in cui sono stato assunto in Apple. Steve ha dato vita al Macintosh con l’intento di farne “il computer per tutti noi”. Ha creato l’Itunes Store e l’iPod perchè amava la musica e voleva portarsela sempre addosso. Trovava comodo il telefono cellulare, ma odiava i telefoni presenti sul mercato – pesanti, sgraziati, brutti edifficili da usare; e questa insoddisfazione l’ha spinto a creare l’iPhone, per se stesso e per tutti noi. Steve Jobs sopravvive, prospera e cambia la società perchè insegue le sue passioni”

Jay Elliot, “Steve Jobs, l’uomo che ha inventato il futuro”

Devo ammettere che questa mattina il risveglio non è stato facile, qualcosa mi tormentava, nella notte, chissà… Poi accendo il computer e già in tutto il mondo viaggia la notizia della scomparsa di Steve Jobs. Era nell’aria, lo sapevamo tutti. Jobs aveva lasciato il lavoro esecutivo nella sua azienda, la Apple, il 17 gennaio di quest’anno. E tutti sapevano che non ce l’avrebbe fatta. Aveva combattuto, da almeno 6 anni, per un attimo sembrava aver vinto la sua battaglia più difficile, ma alla fine ha dovuto cedere alla forza della malattia. Come prima cosa ho ritrovato il suo celebre discorso al’Università di Stanford, che curiosamente avevo già postato su Twitter qualche mese fa. “Siate affamati, siate folli“. L’urlo ai giovani delle nuove generazioni di un magnifico “non laureato”, che aveva lottato tutta la vita contro le certezze della banalità del mondo reale. E contro i furbetti, quelli che ti copiano quando il tuo lavoro ha successo. Quelli pronti ad usare la tua creatività per i propri scopi meramente economici. Una battaglia durata trent’anni. Che ha visto Jobs passare anche per delle cadute vertiginose. Lui inventava, gli altri copiavano, si accordavano commercialmente, e a lui e alla sua azienda restavano le briciole del mercato. Ma anche nel momento del massimo splendore dell’Impero Microsoft, lo stesso Bill Gates, personaggio per il quale non sprecherei neanche un tweet, capì che quell’azienda era talmente forte e innovativa che andava sostenuta, anche se tenuta ai margini del mercato. Ma era impossibile tenerla ai margini per sempre. Perchè le idee e le applicazioni di Jobs erano talmente avanti, talmente migliori e più comode di tutti gli altri, che non poteva non avere un successo definitivo.

Al di là delle celebrazioni sul “genio” di Steve Jobs, che oggi dilagheranno, quello che a me sembra davvero significativo e sorprendente è la logica “rovesciata” delle idee di Jobs. Non pensare a cosa potrebbe funzionare e avere grande successo commerciale, ma assumere, in tutto e per tutto, il punto di vista del consumatore, appunto per (ri)dirla con  Jay Elliot, “il più grande consumatore del mondo”.

Non è un caso che il primo vero personal computer lanciato , il Macintosh, arrivi sul mercato proprio nel 1977. Il 1977, prima o poi lo si capirà meglio, storicamente, è un anno clamorosamente di passaggio tra la civiltà moderna, il capitalismo del XX secolo, quello delle industrie pesanti e dell’automobile e di una nuova “classicità”, che passa attraverso il cinema – sì proprio il cinema – e il mondo postmoderno, quello che per primo descriveranno gli scrittori cyberpunk (e i filosofi francesi) negli anni ottanta, non a caso rifacendosi proprio a quel “genere” musicale che nel ’77 aveva sconquassato il rock e lo scenario musicale pop del mondo.

Proviamo a ricordare assieme, cosa accadde nel 1977? Ecco un elenco:

1 gennaio – in Italia: termina ufficialmente Carosello e la RAI passa al tipo di spot pubblicitari attuali

God save the Queen” fu il secondo singolo della band punk Sex Pistols, scritto nel marzo 1977 e distribuita il 27 maggio dello stesso anno in protesta al Giubileo d’Argento della regina Elisabetta II d’Inghilterra.

8 aprile – Inghilterra: viene pubblicato l’album The Clash del gruppo britannico The Clash

25 maggio – Stati Uniti: esce al cinema il primo episodio della saga di Guerre Stellari

3 giugno muore Roberto Rossellini, regista e sceneggiatore italiano

giugno 1977 Campagna pubblicitaria APPLE II il primo personal computer

16 agosto – Memphis, Stati Uniti: presso la sua dimora di Graceland muore Elvis Presley

Ottobre – Inizio della vendita dell’Atari 2600 la prima console da gioco ad ampia diffusione della storia

19 agosto – muore Groucho Marx,  25 dicembre muore Charlie Chaplin 26 dicembre – muore Howard Hawks, regista e sceneggiatore statunitense

Ok sono notizie ben diverse, ma proviamo a capire l’impatto, tra il simbolico e d’immaginario, tra il vecchio, il classico straordinario che scompare (Rossellini, Elvis, Chaplin, Groucho Marx, Howard Hawks!)  e il nuovo arriva (il punk dei Clash e dei Sex Pistold, i videogiochi, il cinema di Lucas e Spielberg – anche Incontri ravvicinati del terzo tipo è del 1977 – e, infine, il PRIMO PERSONAL COMPUTER!).

Cosa cambia in quegli anni cominciamo a capirlo solo oggi, forse. Cambiano le coordinate di pensiero con cui il pensiero del Novecento, e del secolo prima, aveva provato a comprendere il mondo e la rivoluzione capitalistica degli ultimi cent’anni. E alcune aree avanzate della riflessione (e pratica…) cominciano a dirlo chiaramente: nella logica e teoria marxiana della produzione delle merci, nel ciclo produzione, distribuzione, consumo, si doveva ripartire proprio dalla “coda”. E’ nel consumo che si può cambiare il mo(n)do di produzione. E, ancora più a fondo, come scrisse pochi anni dopo, nel 1981, Renato Nicolini (indimenticabile assessore alla cultura di Roma di quegli anni, l’inventore dell’estate romana e della cultura dell’effimero): “Credo che sia giusto dire che la cultura è strettamente intrecciata al consumo, che la cultura non è soltanto produzione, fatica per produrre, ma è anche il piacere di consumare“. O ancora, quel grande pensatore anticipatore che è stato Alberto Abruzzese, che sempre nel 1981 scrive, a proposito dello spettatore che “è nella dimensione del consumo che si produce quel finish necessario a completare il significato del testo“.

Insomma la riflessione teorica (e pratica, vedi cosa combinò Nicolini con l’estate romana e Massenzio…) parte proprio da quegli anni. E Steve Jobs, che nel garage di casa aveva inventato il personal computer, divenne anno dopo anno uno dei più grandi innovatori e pensatori di un “diverso consumo” degli oggetti della nostra vita quotidiana. Intanto facendo diventare il computer qualcosa con cui TUTTI possiamo aver a  che fare, pur senza sapere nulla o quasi di informatica. Come ha scritto Steven Johnson “Negli anni ottanta i computer erano roba da nerd, Avevano il fascino di un’analisi di bilancio e chiunque avesse un minimo di creatività li usava malvolentieri. Poi, però, è arrivato Steve Jobs.”.

Ed eccolo Steve Jobs che nel 2010, in occasione del lancio della sua ultima, definitva e geniale creatura, l’iPad, spiegare che “nel nostro dna c’è l’idea che la tecnologia da sola non sia sufficiente. Solo quando si sposa alle discipline umanistiche riesce a produrre risultati che fanno vibrare il cuore“. Il suo dono, ha scritto ancora Johnson (autore di un libro fantastico intitolato “Tutto quello che fa male ti fa bene“!) “è stata la capacità di capire che questi due mondi (tecnologia e studi umanistici) potevano incontrarsi. Jobs non si è limitato a rendere i computer più belli, ha cambiato la loro veste concettuale. Una macchina progettata per risolvere equazioni e far esplodere bombe ha rivelato straordinarie potenzialità nascoste: per la musica,  la poesia, la socializzazione e la famiglia”.

Come è cambiato, negli ultimi trent’anni, il nostro modo di rapportarci alle tecnologie e agli oggetti tecno, lo dobbiamo, in gran parte, proprio a Steve Jobs. Se il computer è ormai un oggetto familiare, trasfigurato nei palmari e nei tablet, e tutto questo ci appare così facile e semplice da usare, è perchè Jobs ha passato la vita a lavorare sulle INTERFACCE, qualcosa che a molti informatici e imprenditori sembra sovrastrutturale (esattamente come agli economisti marxiani il consumo culturale), ma che invece è la nostra materializzazione di esseri umani che gestiscono la propria comunicazione. Quando è uscito l’Ipad molti hanno pensato che fosse un bell’oggetto ma che non lo avremmo usato. Troppo piccolo senza hard disk e connessioni per sostituire il computer e troppo grande per sostituire il cellulare. La grandezza del pensiero e dell’azione di Jobs è stata invece proprio nel sapere immaginare qualcos’altro, qualcosa che prima non esisteva, pensando all’essere umano come centro e corpo da cui partire. Nei prossimi anni l’idea di “sfogliare” le pagine digitali diventerà la normalità, un magnifico ritorno a un “idea libro” della cultura, mixata con la multimedialità e la condivisione resa possibile da Internet oggi, che ci appare come una deliziosa profezia rivolta con lo sguardo al passato. Se per millenni gli uomini hanno trasferito il proprio sapere sfogliando quegli oggetti incredibili chiamati libri, perchè limitarci ad immaginare un mondo fatto di mouse e clic (pure oggetti straordinari di passaggio…)?  Oggi sfogliamo le pagine sfiorando lo schermo con le dita, poi lo faremo con la voce e dopo ancora, con lo sguardo. Il nostro corpo al centro dell’universo della comunicazione. E non schiavo di formule asettiche da imparare. Sono gli oggetti che devono adeguarsi all’uomo, non viceversa. E’ la grande lezione umanistica di Steve Jobs. Speriamo che l’umanità sappia seguirla, per rendere il nostro mondo, appunto, migliore.

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