"Un viaggio in cui incontri gli altri e te stesso": Giorgio Diritti su "Un giorno devi andare"

giorgio diritti

Il regista, ospite al cinema Olimpia di Reggio Emilia, ha parlato in maniera approfondita del suo terzo lungometraggio affrontando i temi del viaggio come esperienza e 'itinerario dell'anima' e del rischio di perdere il senso dell'affettività di cui bisogna prenderne atto proprio oggi in tempi di crisi economico-sociale

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giorgio diritti“Al cospetto di quei silenzi, quella luce, ci si pone inevitabilmente qualche domanda. Io vorrei portare lo spettatore sulla strada di una ricerca delle priorità".

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Così Giorgio Diritti, ospite giovedì 4 aprile al cinema Olimpia di Reggio Emilia. Il regista di Un giorno devi andare presenta al pubblico la sua ultima creatura cinematografica che sta interessando, appassionando e coinvolgendo pubblico e critica italiani. Notiamo la presenza della reggiana Tania Pedroni alla sceneggiatura, com'era già stato per L'uomo che verrà. Il film è prodotto e distribuito da Aranciafilm, società fondata nel 2003 dallo stesso regista, insieme a Simone Bachini e Mario BrentaDopo Il vento fa il suo giro e L'uomo che verrà in questa nuova opera si spinge ancora più in là come ambizione, nel significato e nelle domande che pone, che sono intrinsecamente filosofiche.?

 

 

Qual è l´avventura che vuole e deve, parafrasando il titolo, affrontare Augusta??

E' lo stesso viaggio che le suggerisce la via. La dimensione in cui si viene a trovare, quei luoghi le suggeriscono una certa esperienza di vita. E' un viaggio che ho intrapreso io anni fa per realizzare un documentario. Quei silenzi, quella luce, ti portano inevitabilmente a rapportarti con qualche domanda esistenziale. Io nel percorso che fa la protagonista cerco di fare vedere che le domande emergono spontaneamente. Mi ritrovavo anche io in uno scenario che naturalmente porta a percepire la forza primordiale della vita, a interrogarsi sul ruolo dell'uomo e a indagare il senso di un “oltre" l'esistenza stessa, pervasi da qualcosa che è altro, trascendente, presente ma anche impalpabile. Si rivela essere un'avventura-specchio di ogni spettatore, nel quale dico che può rinascere una ricerca delle priorità perdute. ?

 

 

Che cosa si trova ad affrontare Augusta? Non certo una vacanza…?

Non è un´avventura, è un viaggio di quelli in cui tu incontri gli altri, incontri te stesso…, non è un viaggio da vacanze organizzate, ma un itinerario dell'anima che stimola la voglia di ritrovare se stessi. Una prova faticosa e bellissima. Andare a ricercare le priorità vuol dire confrontarsi con gli errori e le difficoltà grosse che la vita ci pone davanti. ?

 

 

Potremmo quindi definirla un'esperienza bellissima di scoperta di sé. Alla maggior parte delle persone, però, non è dato di poter intraprendere un viaggio come quello della protagonista del suo film. Diciamo alla maggior parte degli spettatori… di solito ci si accosta a queste esperienze dopo grandi dolori, come il caso di Augusta. Visto che materialmente può risultare molto difficile andare in Amazzonia e tutto il resto, che consiglio può dare a noi tutti?

?I luoghi possono aiutare, ma è l´atteggiamento, l'andare, l'imbattersi in situazioni in cui la natura ti sprigiona qualcosa può essere prezioso. Conoscere persone diverse, mettersi in gioco. Andare in una relazione di comunità- di confronto con gli altri, non privarsi di queste possibilità, ma accoglierle come un dono che può rivelare molto di noi.

 

 

Lei dice che ha scelto un film al femminile “perché alle donne appartengono innumerevoli risorse, e una naturale propensione a proteggere la vita, a reagire ed agire". In effetti, guardando le donne nella quotidiana lotta per la sopravvivenza, in casa, nella famiglia, nel lavoro, nella reazione ai bruschi traumi della vita, viene da pensarlo… ?

C´è un sentimento naturale, nell´accoglienza, la donna è il tempo della vita. C´è una caratteristica importante di rispetto e di tutela che appartiene alle donne. Nelle donne c´è un senso istintivo verso lo sviluppo della relazione, la condivisione, i legami affettivi.

 

 

jasmine trinca in una scena di Un giorno devi andareLei parla anche della contraddizione con l'Occidente, con il nostro concetto dominante di felicità, che è molto forte. Molte certezze e status symbol sono saltati e non ci "proteggono" più da sofferenze e delusioni. E' così??

Nel discorso delle priorità dico che siamo schiacciati da una serie di successi tecnologici e di benessere raggiunto, ma ogni tanto perdiamo il senso dell´affettività, delle origini, della nostra appartenenza. ?Abbiamo conquistato molto, per certi versi abbiamo ? possediamo ? tutto, eppure non è così scontato essere appagati e saper condividere con gli altri non solo la quotidianità, ma anche la nostra interiorità, spesso assoggettata a ritmi di vita innaturali, dove l´esterno è fortemente invadente. E la crisi economico?sociale di oggi ci costringe a prendere atto che molti schemi sono saltati, che molte certezze si sono rivelate effimere.

 

 

La vicenda di Augusta è paradigmatica?

Mi interessava indagare anche quell´ambito in cui la storia di una singola persona ? nel momento in cui affronta una crisi intima ? può in realtà diventare  un´occasione di messa in discussione e di ricerca, seppur dolorosa, per una nuova possibilità di vita, più affine, che le assomiglia di più, dunque più autentica. E in questo senso, la storia di uno è in realtà la vicenda umana di tutti, universale.

 

 

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    Un commento

    • in effetti, a ben pensarci, la trinca dovrebbe girare un porno, alla sara tommasi. una justine sperduta in amazzonia, lei che si porta i suoi libri insieme a un ciccio che impersonerebbe diritti, serioso regista che finisce a inizio film giustamente stritolato da un'anaconda; dopo questa scena madre iniziale, anche commovente, lei finisce tosto gambe all'aria (per citare l'esperta del ramo ely canalis) tra i selvaggi indigeni bramosi di farsela. forse solo così potrebbe svellersi (dicasi svellersi) di dosso l'arietta engagé da nuova laura morante postmorettiana eccetera eccetera (altro consiglio: portarsi dietro, nella stessa spedizione, sia alba rohrwacher, sia alina marrazzi e i suoi titoli.. con toni servillo magari fatto fuori dalla stessa anconda nel tentativo improbo nonché eroico di salvare quello che rimaneva di diritti, vale a dire un'esclamazione in puro dialetto emiliano d'anteguerra)