Una meravigliosa isola solitaria… Ricomincio da tre, di Massimo Troisi

Troisi porta scritto sul suo corpo il cambiamento antropologico di quegli anni, e segna come un punto di non ritorno culturale, colto in pieno dal Paese ma per niente dal cinema italiano

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C’è qualcosa di dolcemente malinconico, per me, nel tornare a scrivere su Massimo Troisi. Forse perche non lo faccio più da vent’anni… forse perché la sua scomparsa, dolorosa, ha lasciato per sempre un segno indelebile dentro di me. Che non ho mai voluto presenziare alle tante celebrazioni postume, anzi rifuggendone, evitando contatti, richieste di materiali, incontri, ecc… Tranne che per un’occasione più “intima”, qualche anno fa, quando con Demetrio Salvi decidemmo di ristampare il nostro libro, l’unico fatto insieme (con e contro, perché abbiamo dovuto combattere le sue ritrosie, la sua timidezza, ma anche un suo senso di perfezionismo innato) Massimo. Una serata nella nostra sede, tra pochi amici, che lo avevano ognuno a suo modo, amato.  Con Anna Pavignano, Angelo Orlando, Cristiana Caimmi…

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Oggi Simone Emiliani mi chiede di scrivere di Ricomincio da tre, che riesce al cinema in versione restaurata, in quelle operazioni marketing di sala che vanno tanto in questi anni. Film vecchi riproposti per un giorno, forse due. Alle nuove generazioni.

Chissà cosa ha da dire oggi Ricomincio da tre ai ventenni del 2015. Dovrei chiederlo ai miei figli per capire se quel misto di tenerezza, timidezza e sfrontatezza che Massimo esibiva in quel suo primo film oggi, riesce ancora a colpire l’animo dei ragazzi.

Certo è che nel 1981 quel film rappresentò una svolta, un punto di passaggio. Come se improvvisamente, grazie al talento comico di questo giovane napoletano, gli anni ’70 fossero definitivamente finiti. Ma non quella versione che oggi vi raccontano, plumbea e violenta, ma gli anni ’70 delle grandi speranze di cambiamento e anche della volontà di modificare il nostro modo di vivere “qui ed ora”, non il giorno della liberazione… In quegli anni chi era giovane sperimentò sul proprio corpo e sul proprio intelletto la rimessa in discussione di categorie morali, emozionali, sessuali, che erano lì ferme da secoli, e che invece non soltanto venivano stravolte da riflessioni intellettuali, ma metabolizzate da comportamenti devianti e alternativi, che nei decenni successivi provocarono dei cambiamenti più ancora antropologici che culturali.

Non era solo il concetto di “potere” politico ad essere messo in discussione (Foucault, che letture appassionanti), ma anche quello delle relazioni tra le persone, tra i sessi. Il femminismo pose l’uomo di fronte allo specchio, nudo e senza più ipocrisie a sorreggerne il ruolo sociale, cineasti come Fassbinder tracciavano linee del tutto inedite sulle relazioni di classe che permeavano anche le devianze e le relazioni tra persone (etero o gay, poco importava).  La politica insomma era la nostra vita quotidiana, lo schermo oscuro attraverso il quale i nostri corpi entravano in conflitto e in contraddizione con gli altri.

Massimo metabolizzò queste complesse articolazioni elaborate dai movimenti di quegli anni, facendole tutte entrare nel suo corpo magro e dinoccolato di giovane 27enne, sperimentando attraverso una comicità mai vista prima, fatta di battute fulminanti e dialoghi da “presa diretta”, in totale sintonia con il linguaggio giovanile di quegli anni, talmente dentro il modo di muoversi, parlare, camminare, respirare e amare di allora da diventare immediatamente comprensibile in ogni parte d’Italia, nonostante la scelta (obbligata) di non rinunciare a quel dialetto napoletano del quale sembrava non sapersi (o volere) liberare.

massimo-troisi-gaetano-e-fiorenza-marchegiani-martaE Ricomincio da tre lo capirono tutti, tranne i produttori cinematografici, forse. Da Milano alla Sicilia milioni di persone lo andarono a vedere e a sbiascicarsi dalle risate, per una volta non vergognandosi di farlo (come accadeva in quegli anni), perché il film era una commedia sentimentale, una buddy comedy, un road movie (Napoli/Firenze…), ma soprattutto l’occasione per mostrare la rimessa in discussione totale del maschio italiano, che Massimo riproduceva con i suoi tic, le sue difficoltà ad accettare non tanto intellettualmente quanto fisicamente i cambiamenti di ruolo che le esuberanze del femminismo di allora richiedeva. E Ricomincio da tre è tutto un gioco folle, a scatti, per quadri sconnessi, dove tutto sembra essere rimesso in discussione: dall’idea di emigrazione, dal concetto di giovane, dai rapporti familiari, dal mito del viaggio, a quello con la religione fino, inevitabilmente, a quello di coppia.  Il Gaetano, protagonista di Ricomincio da tre, porta scritto sul suo corpo il cambiamento antropologico di quegli anni, e segna come un punto di non ritorno culturale, colto in pieno dal Paese (che cambiava i “costumi culturali” come mai nella sua storia) ma per niente dal cinema italiano. Che infatti in quegli anni ottanta sprofondò in una crisi da cui non si è più ripreso, confondendo questo straordinario poeta dei sentimenti per un comico come gli altri. Massimo era, appunto, il comico dei sentimenti, come con forza volemmo intitolare il nostro libro, perché sapeva cogliere quelle sfumature dolceamare delle nostre relazioni, dei nostri amori scombinati e confusi, di quell’esigenza contemporanea di vivere assieme all’altro ma anche di rifuggirne.

Ma Ricomincio da tre, capolavoro incompreso del nostro cinema (nonostante i premi vinti), aveva un grave difetto: faceva ridere, di più: faceva morire dal ridere. E proprio questo “venire meno della vita”, insito nella risata che ti prende tutto il corpo fino alle convulsioni, spostò la lettura di questo dolorosissimo mèlo, e nessuno dei critici e intellettuali di allora ne colse lo straordinario e potentissimo afflato rivoluzionario, quasi un “ultimo uomo”, come un sequel in chiave comica di quell’Ultima donna di Marco Ferreri, altro genio di quegli anni.  No, Massimo era solo un comico, non un’incredibile cartina al tornasole dello stato dell’uomo (e delle donne, grazie all’intelligenza artistica di Anna Pavignano) dopo la rivoluzione femminista.

Per questo quando arrivò Scusate il ritardo, tre anni dopo (ma attenzione in mezzo ci fu quello straordinario preveggente Morto Troisi, VivaTroisi! che girò per raitre), non lo capirono più. Faceva ridere, ma molto di meno, perché Massimo si inoltro non più nelle dinamiche di approccio di una nuova relazione, ma in quelle del suo “mantenimento”. Come si vive insieme, come ci si relaziona, come ci si sopporta in un mondo sempre più aperto e veloce dove i rapporti possibili sembrano infiniti e la pazienza per “aspettare l’altro” diminuisce sempre di più?  Era l’inizio di una possibile, mricominciodatre-1280x679eravigliosa trilogia (che poi Massimo completò con quello che forse resta il suo capolavoro, Pensavo fosse amore, invece era un calesse...), ma le critiche costrinsero Troisi a rivedere il suo percorso, e a deviarlo verso la comicità pura e nonsense, quel gioco a due con Benigni di Non ci resta che piangere, altro miracoloso successo straordinario, dove i due comici si divertono da matti lasciando da parte ogni riflessione, ogni cambiamento, per lasciarsi andare alla commedia folle, un po’ sull’onda del demenziale di quegli anni.

Che dire, Ricomincio da tre segna un punto di svolta possibile, non compreso, e quindi di fatto una meravigliosa isola solitaria nella storia del cinema italiano, anche se ovviamente tutti lo inseriscono nell’ondata dei “nuovi comici” di allora, meravigliosamente messa alla berlina proprio da Massimo in quell’ospizio per i “nuovi comici” con Nichetti, Arbore, Verdone (e Benigni)  in Morto Troisi Viva Troisi!. Il cinema italiano poteva scegliere di abbandonare per sempre la dicotomica cinema d’autore/cinema comico, cinema impegnato/cinema per il popolo. Massimo aveva il genio e il talento per far saltare all’aria tutte queste categorie, regalandoci film complessi e semplici, divertentissimi e romantici, malinconici e appassionati, sempre comunque magnificamente vivi. Peccato non averne saputo coglierne le grandi possibilità che quell’imprevedibile successo apriva, forse oggi avremmo un altro cinema….

 

Regia: Massimo Troisi
Interpreti: Massimo Troisi, Lello Arena, Fiorenza Marchegiani, Lino Troisi
Durata: 109′
Origine: Italia, 1981
Genere: commedia

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
5

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
3.89 (9 voti)
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