Un’anima rock’n’roll. Intervista esclusiva con Luca Guadagnino

All’Hotel Baglioni di Roma, il regista ci ha parlato approfonditamente di A Bigger Splash, il suo nuovo film presentato in Concorso al 72° Festival di Venezia e uno dei nostri ‘colpi di fulmine’

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Luca Guadagnino è in una grande stanza dell’Hotel Baglioni, a Roma, su via Veneto. È in Italia per presentare il suo nuovo film, A Bigger Splash, in uscita nelle nostre sale dal prossimo 26 novembre e già presentato in concorso al 72° Festival di Venezia. Con lui esploriamo parti di un universo che parte dalla natura selvaggia e passa per le forme del desiderio tra Bertolucci, Oshima e Murnau, dalla magia del 35mm di usare la luce ai Rolling Stones, passando per Ralph Fiennes, Tilda Swinton e Dakota Johnson. Per finire poi con la contrastata accoglienza al Lido; per Sentieri Selvaggi è stato uno dei colpi di fulmine di quest’ultima edizione.

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Più che la rappresentazione di Pantelleria, mi ha interessato particolarmente il modo di filmare la natura selvaggia, già presente nel tuo documentario Cuoco contadino, girato tra la Liguria e la Francia. Come si può filmarla e intrappolarla con la luce giusta?

Il fatto di aver scelto Pantelleria come location è già una prima risposta, nel senso che quello è un posto che ha delle condizioni ambientali così specifiche, così uniche e difficili con cui confrontarsi quando si va a fare una ripresa cinematografica. La risposta quindi può essere: “Ho cercato la durezza di quella luce e la superficie ruvida di quell’isola perché ritenevo che l’elemento naturale di Pantelleria potesse essere un coprotagonista delle passioni e dei desideri anche un po’ malati di questi quattro personaggi”. Credo che una natura non riconciliata, non pettinata o dove l’intervento dell’uomo non l’ha dominata è molto più interessante. Il film di Jacques Deray, La piscina, a cui il mio film è ispirato si svolgeva in Costa Azzurra. E non c

matthias schoenaerts e tilda swinton in a bigger splash‘era niente di più lontano dal mio modo di vedere le cose di una sorta di ‘sciarada’ borghese di corna ambientata a bordo piscina in quel luogo.

Riguardo al metodo di ripresa, abbiamo girato in 35mm. E credo di aver utilizzato nella mia carriera ogni metodo di ripresa esistenti sul pianeta terra tranne il Super70 perché mi piace la sperimentazione sul mezzo ed è una grossa parte del mio lavoro. In A Bigger Splash abbiamo fatto tutti i test possibili, mettendo ad esempio otto macchine da presa una accanto all’altra per riprendere lo stesso tramonto, dal 35mm alla catodica passando per tutte le forme dell’HD. Nel mio sguardo, la consistenza del 35mm, nel modo in cui usa la luce, resta ancora imbattibile. C’è quindi l’incrocio quindi tra la durezza del posto, le luci così improvvise che cambiano perché il vento sposta le nuvole in maniera rapidissima e il 35mm. E c’è anche la fatica di fare un film. Perché farlo è un attrito, non è una cosa che va liscia. Trovo ridicoli quei colleghi che dicono che girare e facile e li diverte. Non è vero. Le riprese sono un ‘inferno organizzato’.

Moretti dice che girare un film è una sofferenza

Grave sofferenza. Nel caso di questo film abbiamo cercato proprio di abbracciare le difficoltà e di usarle per dare espressione turgida sullo schermo.

A Bigger Splash si rifà ma al tempo stesso prende de distanze da La piscina. Le protagoniste femminili si chiamano come nel film di Jacques Deray: Marianne è lo stesso nome di Tilda Swinton e di Romy Schneider così come Penelope è quello di Dakota Johnson e Jane Birkin. C’è una piccola variazione in quelli maschili. Alain Delon si chiama Jean-Paul e Mathias Schoenaerts è Paul. Mentre Il nome di Ralph Fiennes è Harvey mentre quello di Maurice Ronet è Harvey

Questo è un vezzo del mio sceneggiatore David Kajganich che vuole sempre cercare di utilizzare, nelle sceneggiature che sono adattamenti di altri film, i nomi dei personaggi originari magari facendo anche dei piccoli giochi di parole.

ralph fiennes e dakota johnson in a bigger splashMi parli della scelta del cast? Tilda Swinton è ormai una presenza fissa nel tuo cinema, ma mi hanno incuriosito particolarmente le scelte di Ralph Fiennes e Dakota Johnson

Di Ralph sono un ammiratore incondizionato da quando lo abbiamo scoperto vedendolo in Schindler’s List. Da quel giorno nulla fu come prima nel mio immaginario rispetto a lui. Tanto è vero che mi ritagliai una foto di quel personaggio terribile che interpretava nel film di Spielberg e l’ho messa nella scrivania della mia camera. Accanto c’era già quella di Tilda.

Tilda Swinton l’avevi scoperta in Orlando?

No, in Caravaggio. Ho fatto vedere quel film ai miei compagni di classe e da quella volta ho imparato una dura ma importante lezione, quella della mia profonda diversità. Loro, difronte a quel film, rimasero sconcertati o spaventati. Eppure io lo trovo così bello e anche così accessibile.

Tornando a Ralph, direi che lui appartiene a quella rara categoria di attori che sono anche delle grandi star e che hanno già stabilito, nella loro carriera, di appartenere alla storia del cinema. Di lui mi ha sempre affascinato quella forma di introversione sottocutanea. Il suo personaggio in A Bigger Splash è poi all’opposto del range emotivo che è abituato a declinare nei suoi personaggi. Lui però ha accematthias schoenaerts e dakota johnson in a bigger splashttato questa sfida con grande coraggio. Anzi, aveva un gran desiderio di farlo. Quando hai un attore come lui ti si offre in maniera così incondizionata e puoi, come dire, ‘suonarlo’ perché è uno strumento così raffinato, sei come regista davanti a un privilegio assoluto.

Per quanto riguarda Dakota, stavo cercando il personaggio di Penelope in quanto un’attrice che avevo scelto non era disponibile perché stava già girando un altro film e i piani di lavorazione non avrebbero reso possibile il doppio impegno. Ne ho poi incontrate molte della sua generazione che sono anche famosissime. C’era però qualcosa che mi sfuggiva, una sorta di insoddisfazione in tutte le persone che avevo incontrato. Insomma, non avevo avuto il colpo di fulmine. Un giorno la mia amica, che è la regista Sam Taylor-Johnson, dice a un amico comune: “Penso che Luca dovrebbe incontrare Dakota”. Lei ci aveva già girato 50 sfumature di grigio ma del film non esisteva ancora nessuna immagine pubblica. Ho chiesto quindi di vedere il trailer e ci sono riuscito grazie a un link di sicurezza. E già lì era magnetica. L’ho voluta incontrare e lei mi è venuta a trovare. E lì ho capito che ha una grande intelligenza cinematografica. Nel suo DNA c’è il cinema: Tippi Hedren, Don Johnson, Melanie Griffith e anche il suo patrigno Antonio Banderas. Lei però ha una capacità di analisi del reale indipendente. E mi ha colpito il suo modo adulto, quasi ‘anziano’, di capire il personaggio. Lei ha una faccia sfuggente e questo elemento nel cinema è importantissimo nel cinema. In Italia, per esempio, non capiscono che un volto non identificabile è importantissimo. Pensa al protagonista (François Leterrier) di Un condannato a morte è sfuggito di Robert Bresson. C’è qualcosa, in quell’uomo comune, che poi diventa un’icona assoluta, cosa che è benvenuta per la macchina da presa.

ralph fiennes in a bigger splashQuindi può sembrare di non mettere inizialmente a fuoco il volto, però poi ritorna prepotentemente…

Esatto. Questa è una condizione fondamentale. Io sono contro quella cosa che…Vabbé, lasciamo perdere, stavo diventando polemico contro i miei colleghi e non voglio esserlo.

Torno a parlare dei luoghi. E, specificatamente, sulla piscina, anche in Melissa P. con il mare sullo sfondo. C’è quindi un riciclaggio del set consapevole?

La piscina c’è anche in Io sono l’amore. Direi che è un inconsapevole ritorno a quei luoghi che mi terrorizzano. Non so nuotare. Se mi butti in acqua dove non tocco, muoio affogato. Probabilmente, abbraccio le mie paure. Credo che sia una cosa fondamentale quando fai cinema.

Parliamo ora della scelta dei Rolling Stones

Ci sono cinque brani. Quando ho incontrato Studio Canal che mi ha offerto la possibilità di fare A Bigger Splash, volevo che questo lavoro avesse un’anima rock ‘n’ roll molto solida e con profonde radici. Questo per me significava non solo che i personaggi nella storia dovevano venire da quel mondo (come accade ad Harry Hawkes e Marianne Lane che sono rispettivamente un grande produttore musicadakota johnson e ralph fiennes in a bigger splashle e una grande rockstar) ma anche che la musica doveva diventare coprotagonista o antagonista dei momenti del film. Chi rappresenta l’assoluto del rock’n’roll se non i Rolling Stones? Quindi ho detto: “Lo faccio solo se mi garantite che posso utilizzare la loro musica e quindi l’investimento necessario”. E devo dire che loro hanno sostenuto questa mia idea.

Un’altra cosa che ho rintracciato in A Bigger Splash sono le diverse forme di desiderio. Come si manifestano seduzione, attrazione, sesso, repulsione? E soprattutto quando è che ti accorgi che funzionano mentre stai girando? E poi ci sono dei film che ami particolarmente per il modo in cui il desiderio viene filmato?

Il desiderio è il punto cardine rispetto alla mia volontà di fare cinema. Si passa sempre da lì. Nel cinema, nel momento in cui si manifesta, si cerca di esplorarlo. I modelli cinematografici invece sono tantissimi. Ci si perde, si affoga e poi si risale. Ovviamente ci sono dei maestri in questa declinazione. Mi viene in mente Nagisa Oshina, il cinema di Murnau, chiaramente Bertolucci anche se lui più del desiderio ha parlato delle radici.

i quattro protagonisti di a bigger splashPer finire, proprio per fare un po’ di polemica, voglio tornare alla contrastata accoglienza di A Bigger Splash al Festival di Venezia

Rimanendo nei termini cinefili, dire che Venezia sia una fossa dei leoni è una cosa che appartiene proprio alla storia del cinema. Mi vengono in mente le accoglienze a Placido, alla Comencini. E nel passato è toccato anche a Godard con Prénom Carmen quando Bertolucci premiò il film che venne fischiato. Il problema, o ‘fantasma’ di questo grande maestro del cinema portoghese che è João Pedro Rodrigues presente anche in una Venezia di Barbera (nel 1999 quando c’ero anch’io con The Protagonists), non è tanto l’accoglienza ma il modo in cui viene diffusa la notizia e morbosamente alimentata una cosa che in parte non c’è stata. Ho molti amici che erano presenti alle proiezioni stampa precedenti a quella in Sala grande e mi hanno tutti detto che non era vero che c’erano i fischi al film. Ma sapevo benissimo che questa cosa avrebbe creato una controversia che però non è nel merito ma aprioristica, ideologica sulla mia figura. Mi sono chiesto il perché. E mi sono dato una risposta che forse cambierò nel tempo. Venezia ospita, per la maggior parte, giornalisti della stampa e dei web italiani che sono, in qualche modo, un riflesso del ‘sistema cinema italiano’. Nel bene o nel male non ci ho mai preso parte. Ho capito recentemente che, in vent’anni di carriera, non ho mai fatto un film con uno dei produttori o delle case di produzione istituzionali. Sono un indipendente puro. E continuo a fare quello che mi piace con grande piacere e con grande gioia cercando di portare a casa qualcosa che abbia un senso. Almeno per me. Forse questo mio menefreghismo e irridicibilità rispetto a un certo sistema di cinema, quello italiano, genera un’antipatia. Probabilmente c’è un equivoco rispetto ai codici del linguaggio, all’idea di stile e di forma. Non so. L’unica cosa che temo è che magari tra vent’anni, se sarò ancora qui e avrò continuato a fare il mio mestiere, ci sarà la rivalutazione. E credo che questa sia la cosa più sgradevole che possa succedere. Detto questo, molta stampa italiana e molti critici che stimo profondamente, hanno amato moltissimo questo film. Qual’è la notizia che fa più gola? Che questo film è stato il film italiano (perché questo è un film italiano) più venduto in tutto il mondo?

In quanti paesi è stato venduto?

Dappertutto nel territorio terracqueo. L’intero mondo. Inclusa la Cina. Allora fa più notizia questo o che quattro coglioni hanno fischiato come fanno sempre in proiezione stampa a Venezia e si siano lamentati che il personaggio del Maresciallo interpretato da Corrado Guzzanti è, come dicono loro, una macchietta? Quando in realtà è cinema.

*La foto a Luca Guadagnino è di Alessio Bolzoni

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