Underworld: Blood Wars, di Anna Foerster

Underworld: Blood Wars abbandona definitivamente il tentativo di dare alla saga uno spessore che vada oltre la maestria coreografica delle scene d’azione o l’adesione ossessiva ai canoni dark

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Quinto, stanchissimo, atto di una saga che, da sempre, già con Len Wiseman al comando dei primi due capitoli, ha voluto rimodellare, in uno scenario tutto gotico, i contorni dell’epica delle più classiche favole horror con l’attraversamento di diverse “suggestioni cinematografiche” nel tentativo, per lo più mancato, di dar vita ad un immaginario proprio. Ma se Wiseman si era sforzato, con i suoi Vampiri e Lycan, di infondere una qualche profondità, anche emotiva, alle storie che s’intrecciano all’interno del millenario scontro tra la necessità della purezza della stirpe e l’idea di evoluzione come contaminazione, già dal terzo capitolo della saga, complice anche il cambio di timone, che passa prima a Patrick Tatopoulos, poi ai due svedesi Måns Mårlind e Björn Stein e, infine, in questo quinto episodio, ad Anna Foerster, diventa evidente che la componente puramente videoludica ha definitivamente avuto la meglio. Con implacabile decisione, Underworld: Blood Wars cancella, infine, dall’orizzonte ogni ambizione di infondere alla saga non solo la possibilità di avere un cuore pulsante, pericolo qui totalmente scongiurato, nonostante i tentativi di boicottaggio affettivi intrapresi da Charles Dance, ma anche un qualsivoglia spessore prospettico, che vada oltre la maestria coreografica delle scene d’azione o l’adesione ossessiva ai canoni dark, con Praga a far da sfondo e un blu cupo che raggela nella sua oscurità ogni immagine.
underworld: Blood WarsL’appiattimento compiuto, via via, dai vari capitoli della saga, è evidente già dalle battute iniziali di Underworld Blood War. Per dar corpo all’introduzione del film, che riassume, in una pratica già ampiamente sfruttata da Underworld – Il risveglio, le peripezie vissute nei precedenti episodi da Kate Beckinsale, ormai vistosamente stufa della tutina nera di latex di Selene, nonostante le nuove tinte bianche provenienti dall’inedita trovata mistica, Anna Foerster abbraccia a piene mani uno dei tratti distintivi della saga, ovvero l’utilizzo di visioni alterate del passato. Il problema è che Underworld: Blood Wars riduce la riflessione sulla distorsione che si compie nel processo di rivisitazione del tempo ad un vezzo stilistico dal mero compito riepilogativo. Allo stesso modo, viene qui del tutto svuotata di senso la componente socio-politica che, pur in maniera altalenante, aveva fatto da sottotesto alle guerre intestine e lotte di potere che costellano i vari episodi di Underworld. A differenza del precedente capitolo, il mondo umano e, con esso, le riflessioni sulla percezione e il rapporto con l’Altro, è lasciato completamente fuori campo. Inoltre, Underworld: Blood Wars sembra essersi definitivamente scordato che è l’immagine della lotta di classe ad aver dato corpo, nel corso dei vari episodi della saga alla guerra combattuta tra licantropi e vampiri. Quel che resta, allora, di questo tanto pallido quanto accessorio ritorno di Selene, reietta braccata sia dalla sua gente, i vampiri, che dai licantropi, è soltanto il sapore di una prova tutta muscolare che, al di là di qualche buona intuizione quando si tratta di impugnare le armi e menar le mani, ha assai ben poco da dire.

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Titolo originale: Underworld: Blood Wars
Regia: Anna Foerster
Interpreti: Kate Beckinsale, Tobias Menzies, Theo James, Charles Dance, James Faulkner, Lara Pulver, Alicia Vela-Bailey
Distribuzione: Warner
Durata: 91′
Origine: USA, 2016

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