(unknown pleasures) Night Moves, di Kelly Reichardt

La Reichardt continua nel suo percorso di ricerca attraverso le strade e i paesaggi dell’Oregon, teatro di tutta la sua filmografia: stavolta il materiale di partenza proviene direttamente dal noir

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Kelly Reichardt era attesa al varco, dopo la grande accoglienza ricevuta nel 2010 per Meek’s Cutoff: la bravissima regista indipendente americana torna alla regia con Night Moves, storia di un gruppo di ambientalisti radicali che decidono di far saltare per aria una diga. Se nel film precedente il western si trasformava in materia astratta, pronta per essere plasmata dallo sguardo unico della Reichardt, stavolta il materiale di partenza proviene direttamente dall’immaginario noir: tutta la prima parte del film è un crescendo di sensazioni e tensioni che vibrano sottopelle, in un’atmosfera sospesa che, come sempre nel cinema di questa autrice, racconta il controcampo di un’America senza più coordinate. La ricerca dei fertilizzanti per costruire la bomba, la preparazione del piano, il raggiungimento del luogo prestabilito per l’attentato: sembra di trovarsi in un thriller d’altri tempi, fatto di tempi dilatati e silenzi imperscrutabili; dopodiché, uno scarto narrativo che porta Night Moves (il titolo è il nome della barca imbottita di esplosivo, ma anche una descrizione cristallina degli ambienti entro i quali si muove il film) verso altri territori, attraverso una libertà di scrittura e di stile che ormai la regista è in grado di padroneggiare completamente.

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La Reichardt continua nel suo percorso di ricerca attraverso le strade e i paesaggi dell’Oregon, teatro di tutta la sua filmografia: quello che si nasconde nel suo film, tra le inquadrature, tra i gesti, tra i personaggi che non sono mai quello che ci si aspetta – perché sfumati, mai volutamente definiti – è il racconto di un Paese che non riesce a trovare una rappresentazione propria di un’identità, di un credo, di un pensiero. Se il nucleo di personaggi messi in scena è un microcosmo da lei studiato e conosciuto a fondo (quello degli attivisti ambientali, degli agricoltori), allo stesso tempo viene a mancare qualsiasi forma di manicheismo: l’esplosione della diga provoca la morte di un turista, ma non è (più) tempo per applicare arbitrariamente etichette ai buoni o ai cattivi. Il fulcro di Night Moves non si nasconde nei giudizi attribuiti ai personaggi, bensì nell’ambiguità che ciascuno di essi porta con sé. Ambiguità scaturita ed esponenziata da un paesaggio silenzioso, inerme, attraverso il quale lo spettatore può finalmente riuscire a fare a meno delle proprie certezze per guardare alla realtà in maniera consapevole e critica. Come in un paesaggio annebbiato e confuso (la sauna del prefinale), i suoi protagonisti lasciano intravedere solamente la superficie di ciò che sono veramente (l’immagine riflessa nell’ultima inquadratura), permettendo un’apertura al mondo fatta di riflessione ed intuizione, valori sempre più rari nel cinema di oggi.

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