Valerian e la città dei mille pianeti, di Luc Besson

Forse l’Avatar del cineasta nel film più costoso della storia del cinema francese. Dove però mai come stavolta si sente la macchina che genera l’immaginario. E solo Rihanna lo accende spontaneamente

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Forse l’Avatar di Luc Besson. In un progetto che il cineasta francese forse pensava già da tempo, quasi come sintesi del suo cinema che esplora mondi nascosti, dimensioni parallele. E dove il 3D appare estremamente incisivo e funzionale per mettere a fuoco un paesaggio futuristico, dove si rintracciano residui di uno dei suoi titoli più significativi, Il quinto elemento e nelle derive fumettistiche che arrivano sicuramente dalla serie Valerian e Laureline di Pierre Christine e Jean-Claude Mézèries, pubblicata a partire dal 1967 da Dargaud ma anche dalla trilogia su Arthur, realizzata da Besson tra il 2006 e il 2010.

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28° secolo. Valerian (Dane DeHaan) e Laureline (Cara Delevigne) sono due agenti speciali che, su ordine del Ministro della Difesa, partono per la città multiculturale di Alpha. Lì incrociano la forza oscura che la minaccia e loro devono individuarla per combatterla.

valerian e la città dei mille pianeti cara delevigneCon un budget di circa 177 milioni di dollari, è il film più costoso del cinema francese. Besson ci ha messo dentro tutto se stesso: il suo immaginario sempre arricchito dalla fotograia di Thierry Arbogast, i segni politici (la distruzione del pianeta Mül probabilmente è il simbolo di tutti quei popoli perseguitati nel corso della Storia), il riattraversamento di un mondo subacqueo sotto un’altra forma che richiama Le grand bleu e Atlantis, la terra come in Subway o  i labirinti nascosti dell’ottimo Adèle e l’enigma del Faraone. C’è sempre qualcosa dietro la prima immagine. Un dettaglio, un effetto, un particolare che può trasformarla, come la scena in cui Laureline viene portata via dalla farfalla. Stavolta però il suo immaginario non sembra respirare, chiuso com’è in una macchina perfetta dove però si sentono tutti i rumori. E, per la prima volta, si ha come l’impressione che non tutto il suo imponente apparato illustrativo prenda vita autonomamente.

rihanna in valerian e la città dei mille pianetiLa partenza è magica – il 1975 sulle note di Space Oddity di David Bowie, ma poi il veloce viaggio nel tempo sembra non entrare in un futuro lontano ma quasi incagliarsi. In un’opera dove stavolta la densità dei sottotesti rischia di frenare invece che arricchire. Forse ciò è dovuto anche alla scarsa alchimia tra i due protagonisti Dane DeHaan e Cara Delevigne, troppo pesanti per poter essere creature aeree con origini fumettistiche, ma al tempo stesso eccessivamente inconsistenti alla potenza di un 3D che rischia di sovrastarli. Restano invece più impressi i personaggi secondari, da Clive Owen nei panni del perfido Comandante Arun Filitt al cameo di Rutger Hauer in quelli del Presidente della Federazione degli Stati Mondiali che richiama quasi direttamente Blade Runner. In più, il film viene acceso da Rihanna. Quasi un’apparizione. Per un momento il suo sguardo ha quelle visioni che hanno sempre popolato il cinema di Besson. Lei, con il cappello, incarnazione musical con un tratto nervoso che ridisegna Cabaret di Bob Fosse. Oppure autentica folgorazione. Come Giovanna d’Arco o Lucy. Ma resta solo per il tempo in cui la macchina-cinema del regista è in stand-by, prima di riprendere a funzionare. Con il suo ritmo e i suoi tempi. Di un film troppo carico per poter volare.

Titolo originale: Valérian et la cité des mille planètes

Regia: Luc Besson

Interpreti: Dane DeHaan, Cara Delevigne, Clive Owen, Rihanna, Ethan Hawke, Herbie Hancock, Kris Wu, Rutger Hauer, Alain Chabat

Distribuzione: 01 Distribution

Durata: 140′

Origine: Francia 2017

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