VENEZIA 68 – "Ho cercato sempre di rimanere fedele alle mie idee e alle mie immagini". Conferenza stampa del Leone d'Oro alla Carriera: incontro con Marco Bellocchio

Grande emozione e lungo applauso in sala stampa per il Leone d'Oro alla Carriera presentato quest'anno al regista italiano Marco Bellocchio. Molte domande sul passato e sul presente del cinema italiano, sul suo rapporto contrastato con ogni tipo di istituzione e con l'amico-rivale di sempre Bernardo Bertolucci che in serata gli consegnerà il premio. Domande che hanno ricevuto risposte sincere e come al solito illuminanti da parte di Bellocchio

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Marco BellocchioGrande emozione e lungo applauso in sala stampa per il Leone d'Oro alla Carriera presentato quest'anno al regista italiano Marco Bellocchio. Molte domande sul passato e sul presente del cinema italiano, sul suo rapporto contrastato con ogni tipo di istituzione e con l'amico-rivale di sempre Bernardo Bertolucci che in serata gli consegnerà il premio. Domande che hanno ricevuto risposte sincere e come al solito illuminanti da parte di Bellocchio.

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Signor Bellocchio, il suo film Nel nome del padre scelto come proiezione veneziana è stato presentato per la prima volta proprio a Venezia 40 anni fa. Lei fu uno dei protagononisti di quella stagione di lotta, che cosa la Venezia di oggi conserva di quel decennio e in cosa lo ha tradito

Di quel decennio non è rimasto nulla ovviamente, ma questo non vuol dire che il presente ha tradito il passato. Era la politica che allora aveva un valore diverso, era nelle cose, essere di sinistra era essere combattivi e propositivi. Qui a Venezia c'era una sorta di festival ufficiale e un antifestival, erano tempi non complicati ma apparentemente contradditori. Pensiamo che un grande autore anticonformista come Carmelo Bene in quegli anni partecipò al Festival ufficiale di Rondi. Insomma sono cose che non ha senso spiegare e soprattutto paragoni non fattibili col presente.

 

Congratulazioni per il premio alla carriera, le provoca soddisfazione questo riconoscimento?

Se io ricevo il leone d’oro alla carriera mi sento soddisfatto, è ovvio, non sono pazzo. A me sembra un riconoscimento ad una carriera in cuoi ho cercato di essere fedele alle mie idee e le mie immagini. Ma io credo fermamente anche nei cambiamenti, credo che la gente possa cambiare, io stesso non sono certamente lo stesso di 40 anni fa quando feci Nel nome del padre.

 

Il leone questa sera le verrà consegnato da Bernardo Bertolucci, cosa avete in comune e cosa vi divide?

Con Bernardo ci sono e ci sono state tante cose in comune e tante differenze. Lui era a Roma negli stessi anni in cui venni per la prima volta, ci conoscemmo al Centro Sperimentale e avevamo amici comuni: Laura Betti, Alberto Moravia, Pier Paolo Pasolini. Insomma, quel mondo che mi permise di uscire dalla priovincia e ambientarmi a Roma. Chiaro che la sua sensibilità e le sue immagini sono sempre state diverse dalle mie, poi lui si è aperto al mondo e io sono rimasto fondamentalmente in Italia. Io però oggi lo sento misteriosamente vicino. Mi sento ancora oggi un non riconcilito ma ormai ho verso la rabbia una certa diffidenza. E con Bernardo c'è una vicinanza fondamentalmente d’affetti, anche se ci fu rivalità e forse anche invidia. Ma col passare del tempo ci siamo ritrovati, e il fatto che sia lui a darmi questo premio mi commuove molto. Mi emoziona.

 

Crede che questo premio sia un risarcimento per le passate mancate vittorie nei festival?

Se mi parla di riconoscimento si, se mi parla di risarcimento no. Lascerei perdere questi discorsi, non ho alcun  risentimento e poi i miei film hanno fatto la loro strada comunque. Pensare ai se e ai ma non ha senso. E poi bisogna dire che non mi son mai piaciuti il potere e l’istituzione: che l’istituzione non mi ripaghi con dei premi lo trovo normale, mi ripaga con la stessa moneta. C’è una logica in questo, non mi lamento.

 

Che consigli darebbe a un ragazzo che inizia oggi la carriera?

Lo scoraggerei profondamente, è un mestiere dove in pochi riescono e in molti hanno talento, ma se questo ragazzo resiste, allora auguri. Poi oggi si può lavorare con poco, negli anni 60 c’era la dittatura del ferro, i dolly, i carrelli, sempre pesantezza. Oggi regna leggerezza e la vicinanza allo sguardo delle persone. L'unica cosa che spero è che si riesca a trovare nuove via, nuove strade oltre lla commedia.

 

Franco Cristaldi era una sorta produttore-creatore, com'è stato il vostro rapporto?

Ho fatto 2 film con lui: La Cina è vicina dopo il successo de I pugni in tasca e lui mi permise con pochi soldi di fare un film con totale libertà. Poi arrivò Nel nome del padre e la situazione fu più difficile, perchè c’era l’Italnoleggio che distribuiva ed era fondamentalmente a gestione politica. Ma Cristaldi da uomo molto realista rispettò la parola data, ma ci fu un laborioso montaggio di comune accordo tra Silvano Agosti, Cristaldi e me. Qui a Venezia ho proposto io Marco Muller Nel nome del padre come proiezione ufficiale perché penso che sia un film che può dire ancora qualosa. Solo che aveva bisogno di un ulteriore lavoro di montaggio per renderlo più libero da determinate pesantezze. Il senso profondo del film rimane intatto ad allora però, ma penso che sia più bello oggi.

 

 

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