VENEZIA 69 – "Bella addormentata", di Marco Bellocchio (Concorso)

toni servillo e alba rohrwacher in bella addormentata
Altro superbo viaggio sulla perdita di controllo, sulla parola come disperato tentativo di contatto e non un film su Eluana Englaro. Il cinema del regista piacentino inghiotte e trascina via con sé in un flusso ininterrotto di coscienza, con un impeto prima trattenuto e poi esplosivo, con un Paese filmato come se stesse sott'acqua, dentro in un acquario, dove più della voce si sente soltanto un sordo eco. Come un altro salto nel vuoto 

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toni servillo e alba rohrwacher in bella addormentataNo, non è un film su Eluana Englaro così come Buongiorno, notte non era un film su Aldo Moro. E' piuttosto un altro salto nel vuoto, un altro immenso, incontrollabile viaggio nel cinema di Bellocchio sulla perdita di controllo, sul gesto, su più frammenti di follia che prendono forma e che spesso restano chiusi dentro le quattro mura, dove tutto si amplifica, dove ogni voce può alzarsi d'improvviso, restare sussurrata in un corridoio d'ospedale, diventare inquietante ripetizione ("Eluana, svegliati!" oppure "Più forte" grida Isabelle Huppert la sua nervosissima preghiera facendo avanti e indietro) o mettere in moto uno scatto, un impulso di rabbia (il bicchiere in faccia all'autogrill). Dalle sbarre con Ida Dalser sullo sfondo della neve di Vincere alla nebbia iniziale di Bella addormentata, con un impeto prima trattenuto poi esploso, che esce dallo sfondo e che poi buca lo schermo, evidente anche nell'immagine del gruppo di senatori con la luce addosso di un filmato proiettato, forse tra Dillinger di Ferreri e The Aviator di Scorsese, squarcio però poi prepotentemente reimpossessato da uno sguardo oggi unico non solo nel cinema italiano ma internazionale.   

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La vicenda di Eluana Englaro è lo sfondo. Si sente parlare di lei in continuazione, sui titoli dei giornali, nei notiziari in tv che si trasformano in un'informe e monotona altra voce che però, proprio nella sua insistita ripetitività, diventa ulteriore momento di oppressione. Proprio da qui s'incrociano quattro vicende, parallele nella loro chiusura in un dolore privato e intimo proprio al contrario di quella di Eluana che invece è sulla bocca di tutti. Un senatore (Toni Servillo) non sa se seguire le direttive del suo partito che vuole votare una legge che va contro la sua coscienza mentre la figlia Maria (Alba Rohwacher) va davanti la clinica dove è ricoverata Eluana essendo un'attivista del movimento della vita. Sul fronte laico ci sono invece Roberto (Michele Riondino) con il fratello. Una grande attrice (Isabelle Huppert) ha rinunciato alla sua carriera in attesa del risveglio della figlia, da anni in coma irreversibile. Rossa (Maya Sansa) è invece una tossicodipendente che vuoler morire ma un medico, Pallido (Pier Giorgio Bellocchio) non si muove più  dalla sua stanza per evitare che si suicidi.

isabelle huppert in bella addormentataPiù storie ma anche più flussi di coscienza. Tra la vita e la morte, tutto sotto il segno di una parziale immobilità. Dei personaggi, ma anche stavolta come in Buongiorno, notte un Paese che sembra stare sott'acqua, come in un acquario, come gli ippopotami che si vedono in tv o i senatori nella sauna proprio come gli zombie di un film di Romero. Dove il lavoro incredibilmente potente è proprio quello di filmare tutte le parole che si disperdono ed evaporano nell'aria e invece quelle che cercano di arrivare al cuore di chi si ama, da quelle dell'attrice verso la figlia, da quelle della moglie in coma del senatore che gli chiede "Aiutami!" o dalla ricerca di una certezza dopo uno slancio passionale improvviso da parte della figlia. Bella addormentata è orientato proprio nel continuo e insopprimibile tentativo di rompere continuamente gli argini, di sfondare le mura, che nella propria mente può essere lo stesso sentimento distruttivo del caos come quello generato con il Vittoriano a pezzi in L'ora di religione. Tutto nella disperata ricerca di un contatto, come il figlio dell'attrice che recita davanti a lei il Pianto della Madonna di Jacopone da Todi come urlo della ricerca del suo amore, del senatore che cerca continuamente e inutilmente di telefonare alla figlia, della stessa Huppert che a un certo punto guarda in macchina e sembra chiedere "Aiuto"" proprio fuori del film, cercando di frantumare lo schermo, facendo arrivare addosso tutto l'impeto di un film e di un cinema travolgente, insostenibile, che ti trascina nella sua marea.

Oltre l'esterno, c'è anche la confessione. Privata, inascoltata, davvero luogo segreto, di una complicità unica tra quel personaggio e lo spettatore. Il discorso che si sta preparando il senatore in cui sembra che ogni frase gli faccia proprio fisicamente male nel momento in cui esce dalla sua bocca o i brividi di quel rapporto a due nella stanza d'ospedale tra Rossa e il medico, diventano davvero dei privilegi di un cinema che decide di aprire solo alcune delle sua stanze, di condividerle e poi tenere quelle altre chiuse. Bella addormentata non cerca risposte ma continua a porre altre domande, che si moltiplicano, che entrano nella testa e diventano pensieri circolari che non escono più. E tutti i personaggi (con attori in forma straordinaria, su tutti Isabelle Huppet, Toni Servillo e Maya Sansa assieme alla sorprendente prova di Gianmarco Tognazzi) potrebbero essere quasi i sogni di un personaggio protagonista che non c'è, di un fantasma. Il fascino della notte. Dove dormire e bellezza diventano elementi mai così coincidenti.

Per scaramanzia, non si fanno previsioni e non si nomina. Ma stavolta, come per Buongiorno, notte, quella cosa lì (che non si deve nominare) sarebbe meritatissimo.

 

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    Un commento

    • Sarebbe bello che dopo il leone alla carriera di Müller arrivasse anche il leone d'oro della mostra di Barbera. Forza Bellocchio!