VENEZIA 69 – "Dante è più avanti di noi". Incontro con Peter Brosens e Jessica Woodworth

peter brosens jessica woodworth
I due cineasti, belga lui e statunitense lei, presentano La cinquième saison, terzo capitolo di una trilogia iniziata con Khadak (che vinse proprio il Leone del futuro qui a Venezia nel 2006) e proseguita con Altiplano (2009). Parlano del loro metodo, del lavoro sulla musica, di Dante, della natura, e di come si lavora quando si dirige in due

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peter brosens jessica woodworthI due registi Peter Brosens e Jessica Woodworth, belga lui e statunitense lei, hanno presentato in concorso il loro ultimo film, La cinquième saison, terzo capitolo di una trilogia iniziata con Khadak (che vinse proprio il Leone del futuro qui a Venezia nel 2006) e proseguita con Altiplano (2009). La pellicola sarà distribuita in Italia da Nomad.

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Questo film può essere letto come uno sguardo sulla paura del diverso?

Jessica Woodworth: Parla dell'outsider Paul? Si, è una figura metaforica, è costruito come estraneo. Il film è infatti pieno di paura. Il protagonista sacrificato è un punto chiave della storia e le sue battute sono le uniche che hanno un po' di saggezza. E questo ruolo lo abbiamo costruito sull'attore.

Sulle note di produzione avete definito la vostra opera come di prefantascienza con una visione dantesca. Come avete lavorato su questi due registri?

Jessica Woodworth: Non abbiamo mai considerato questo film come fantascienza in realtà. Abbiamo voluto evitare gli schemi di genere specifico. E' ambientato nel futuro prossimo. Dante poi è senza tempo, è nato secoli fa ma va anche più avanti di noi. Stiamo vivendo un momento di emergenza a tutti i livelli e lui è stato un collegamento naturale.

Cosa vi ha spinto ad ambientare questo vostro terzo capitolo della trilogia nel vostro paese, in Belgio, dopo la Mongolia e il Perù?

Peter Brosens: Per noi è stato un passo logico per concludere la nostra trilogia. Viviamo da 10 anni nel villaggio dove è ambientato il film anche se questa storia si poteva svolgere dovunque. E conosciamo questo posto bene, per questo abbiamo scelto il Belgio. Da un punto di vista concettuale era necessario completare questo progetto con una visione occidentale dopo la Mongolia e il Perù. Lì hanno rispetto per la natura, noi l'abbiamo ucciso. Loro si sentono parte di un universo più ampio, noi invece ci sentiamo gestori del mondo. 

L'idea di una trilogia è nata sin dall'inizio o è una decisione che è arrivata dopo?

Jessica Woodworth: Si è arrivata molto tardi in questo processo. E' nata da sola ma non è un'idea che si è sviluppata inizialmente.

La presenza degli animali?

Jessica Woodworth: Dove viviamo noi siamo circondati da tutti gli animali che compaiono nel film ad eccezione degli struzzi.

Peter Brosens: Gli struzzi sono stati sempre presenti nella sceneggiatura e non era facile filmarli. Fino all'ultimo non sapevamo se lasciare o no quell'immagine poi alla fine, di comune accordo, abbiamo deciso di lasciarla
 

la scena delle maschere in la cinquieme saisonE le maschere?

Jessica Woodworth: Siamo stati ispirati dalle maschere per la peste del Medio Evo, dalla tradizione della nostra regione ma anche altrove.

Peter Brosens: In una comunità, quando si decide di indossare una maschera, la persona decise di eliminare la propria individualità per diventare parte di un gruppo. E' importante anche la peste, che in passato si pensava che fosse associata agli uccelli.
 

Come si lavora in coppia quando si dirige in due?

Peter Brosens: Dirigere un film significa prendere 100 decisioni al giorno. Il processo è sempre collettivo in tutti i passi. Durante la scrittura della sceneggiatura c'è un feedback immediato, Ci sono dei vantaggi ma anche dei svantaggi.

Jessica Woodworth: Condividiamo molte passioni. Riconosciamo quando c'è qualcosa che funziona, sentiamo la musica nello stesso modo che è importante nel nostro processo creativo e anche i dipinti sono elementi essenziali. E il nostro ego lo mettiamo da parte perché questo potrebbe mandare all'aria il progetto. Condividiamo la nostra vita nel cinema. E per noi funziona bene.

Che tipo di musica ascoltate e quali film vi hanno ispirato?

Peter Brosens: C'è una musica che ci ispira per creare la storia e pensare a livello di spazio e di tempo, per individuare il liguaggio del film. Ma è anche una cosa privata. Mentre creo il film ascolto Sostakovic. Sentiamo sempre la musica individualmente, con l'ipod per esempio. Poi si arriva al momento in cui c'è la musica che serve per la colonna sonora.

Jessica Woodworth: Agli attori non abbiamo dato una musica specifica da ascoltare o film da guardare, ma abbiamo parlato del film dovendo anche improvvisare. E ognuno di loro ha dovuto capire il proprio personaggio fino in fondo e poi gli abbiamo dato grande libertà per poter comprendere i propri ruoli fino in fondo.

Da un punto di vista cinematografico, ci sono dei riferimenti particolari?

Jessica Woodworth: Apprezziamo molto Angelopulos, Herzog, Van Sant, Tarkovskij, Paradzanov. Ma sarebbe una lista troppo lunga. Di riferimenti letterari, intesi come omaggi, non penso.

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