VENEZIA 71 – The Humbling, di Barry Levinson (Fuori concorso)

greta gerwick e al pacino in the humbling

Forse si poteva osare maggiormente, e fare di The Humbling qualcosa di più di questo spudorato atto d’amore nei confronti del Pacino; ma anche così il film riesce a trovare una dimensione propria: un atto di amore messo in scena pudicamente e sottovoce, senza disdegnare curiose incursioni nella commedia che riescono a tratteggiare una vena di originalità.

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greta gerwick e al pacino in the humblingDopo Birdman di Inarritu e She’s Funny That Way di Bogdanovich, ecco arrivare al Lido la terza pellicola in pochi giorni a toccare il mondo del teatro, e in particolare quello di Broadway. Forse è emblematico il fatto che, tra questi, l’unico regista a voler sperimentare un linguaggio più moderno e sperimentale (Inarritu) sia anche quello più velleitario e meno convincente; al contrario, esattamente come il bel film di Bogdanovich, The Humbling tenta invece un approccio alla materia di matrice squisitamente classica e demodè, quasi a voler sottolineare il fatto che, quando si parla di teatro, se si guarda al passato si va sul sicuro; perché il classico vince sempre, in fin dei conti. Non è certamente l’unica strada percorribile, ma la classe del veterano Barry Levinson si dimostra fondamentale nel raccontare l’universo che ruota intorno al palcoscenico con passione e allo stesso tempo rispetto, senza mai strafare e limitandosi a quel tanto che basta. Tratto dall’omonimo romanzo di Philip Roth, il film è la storia di Simon Axler (Al Pacino), affermato attore in preda ad una crisi esistenziale; dopo un tentativo di suicidio e il ricovero in una clinica psichiatrica, l’incontro con una ragazza  lesbica di trent’anni più giovane contribuirà, non senza intoppi, a segnare il suo progressivo riavvicinamento alle scene.

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Dopo un horror bello e squisitamente moderno come The Bay, Levinson ridimensiona le ambizioni sperimentali e costruisce un prodotto su misura per la sua star protagonista: concentrando tutti i propri sforzi intorno alla figura di Al Pacino, il regista americano realizza un’opera che si inserisce perfettamente all’interno del discorso sul rapporto tra la realtà e la finzione tipico di molto cinema di ambientazione teatrale; non c’è mai nulla di veramente inedito in questa sua riflessione ora divertita e ora sofferta, è vero, ma quello che poteva essere il limite maggiore del suo film si trasforma anche nel suo punto di forza. Forse si poteva osare maggiormente, e fare di The Humbling qualcosa di più di questo spudorato atto d’amore nei confronti del Pacino uomo e dell’Arte della recitazione tutta; ma anche così il film riesce a trovare una dimensione propria, che Levinson sa catturare con reverenza e rispetto: si veda ad esempio la meravigliosa sequenza della seduta di gruppo, un piano sequenza sul volto e sul corpo dell’attore in grado di  raccontare, in pochi minuti, tutto un mondo e una vita. A  chi e a cosa serve, nel 2014, sottolineare l’immensità della classe di Al Pacino? A niente e a nessuno, indubbiamente. Ma il film è un atto di amore messo in scena pudicamente e sottovoce, senza disdegnare curiose incursioni nella commedia che riescono a tratteggiare una vena di originalità  in un percorso narrativo altrimenti risaputo (grazie anche a una strepitosa Greta Gerwig); risaputo come lo sono tutte le dichiarazioni d’amore, e che non per questo hanno mai  smesso di incantare l’uomo, amante o spettatore che sia.

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