#Venezia 73 – Planetarium, di Rebecca Zlotowski

Sulla carta il film di Rebecca Zlotowski avrebbe dovuto rendere visibile quel legame che pure esiste tra cinema e capacità sensoriali e medianiche. Tutto questo sulla carta.

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Sulla carta il film di Rebecca Zlotowski avrebbe dovuto rendere visibile quel legame che pure esiste tra cinema e capacità sensoriali e medianiche. Quel rapporto che non è solo quello che si manifesta nel racconto con al centro sensitivi o sensitive di vario genere utili ad introdurre storie da cinema horror, ma questa volta avrebbe dovuto, proprio il cinema potere raccontare una storia in cui il mezzo diviene strumento di prova e di conferma dell’avvenire dei fenomeni. Tutto questo sulla carta.
Le due sorelle Laura (Natalie Portman) e Kate Barlow (Lily-Rose Depp) hanno capacità sensoriali. Soprattutto Kate e dall’America si trasferiscono in Europa. Cominciano a fare il cinema aiutate da Korben un produttore che resta anche affascinato dalle loro capacità. Si planetariumsottopone anch’egli ad una seduta spiritica. Le due ragazze firmeranno con lui un contratto e saranno suoi ospiti in casa, ma le persecuzioni razziali avranno i loro effetti anche su questa vicenda quando Korben verrà arrestato poiché ebreo.
Dicevamo che il film avrebbe potuto avere quelle potenzialità per diventare un’opera che potesse indagare sul mistero delle visioni di un’altra dimensione, in un’epoca in cui il cinema era ancora tutto da costruire, ma che poteva farsi interprete primario di questo mistero proprio per la capacità di dare vita ad un’altra ideale dimensione distinta da ogni realtà. L’intuizione non è coltivata e lo spiritismo resta diventa solo un’altra vicenda raccontata dal film. Planetarium non riesce a sviluppare in alcuna direzione la fascinazione di questa nuova possibilità, né, forse più gravemente, a dare peso e consistenza al legame tra le due sorelle che a tratti e sempre per brevi lampi,

planetarium-venezia-73emerge anche con una certa intensità, nonostante le rigidezze della giovane Lily-Rose Depp. Ma non sa neppure restituire il clima dei tempi e le paure di Korben, ossessionato nei suoi sogni dalla figura paterna. Purtroppo Planetarium non ha la necessaria compattezza che serve per dare unità a questi temi e si frastaglia pericolosamente, non c’è alcuna magia nelle sue immagini, non c’è dolore nella prematura scomparsa di Kate, non c’è paura nell’arresto di Korben. Un cinema freddo e scomposto che vede nella sola Natalie Portman, già al Festival con Jackie di Pablo Larrain, la punta di diamante di questa operazione. Non può però fare molto, anche perché molto non c’è da fare.

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