#Venezia72 – Arianna, di Carlo Lavagna

Sorprendente esordio nelle Giornate degli Autori, con la storia di una ventenne alla ricerca della propria identità sessuale, fra le risposte mancate del corpo e le pulsioni vitali dell’animo

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Inizia come tanto cinema italiano recente, con la classica voce fuori campo che introduce il personaggio di Arianna, da sempre in cerca della propria identità. Ma quello che segue non assomiglia a nessun film italiano recente. Carlo Lavagna ci racconta la storia di una ragazza nel pieno dei suoi vent’anni, che però non trovano corrispondenza in un corpo impermeabile agli stimoli esterni e alle pulsioni dell’anima. “Il piacere sessuale è nel corpo o nella mente?”, chiede a un certo punto un personaggio. E il viaggio di Arianna indaga proprio questo iato, la contrapposizione fra la gabbia di un corpo che non prova l’orgasmo, non sanguina, non cresce, ma ciononostante non riesce a tenere intrappolati i sogni e gli stimoli offerti dal mondo esterno. Fa da controcanto la cugina Celeste, che vive la propria sessualità con l’impeto innocente e un po’ ingenuo delle prime volte, con la naturalezza di chi non ha bisogno di elaborare, ma si lascia vivere. Quella libertà è il mistero da cui Arianna è tenuta suo malgrado lontano e di cui capirà le motivazioni sono alla fine del viaggio – e noi con lei.

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Lavagna racconta tutto questo con sguardo partecipe e sincero, attento a riprodurre tanto il dolore e l’incertezza della protagonista, quanto la forza vitale del mondo

ariannalavagna2circostante, fra la natura della campagna laziale e i corpi mostrati con un’urgenza e una sincerità come non si vedeva dagli anni Settanta. Proprio a quel decennio sembrano quasi rifarsi anche le scelte visive, con una fotografia granulosa che scontorna le figure e le rende indefinite quel tanto che basta per esaltare la componente intimista e vagamente onirica di un racconto che è però concreto e reale nella profondità interiore dei personaggi. Tutto questo è possibile anche per l’evidente affiatamento con la protagonista esordiente, Ondina Quadri, e con la Celeste di Blu Yoshimi – e quanta musicalità in questi nomi così forti eppure così inafferrabili, onirici come il fascino di questa storia, che ha la ricchezza di un complesso mondo interiore, e la forza espressiva del dramma che riporta alla realtà.

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