#Venezia73 – Perché sono un genio! Lorenza Mazzetti, di Steve Della Casa e Francesco Frisari

In Venezia Classici – Documentari un lavoro che ha il pregio di instillare nello spettatore la curiosità sulle esplorazioni creative dell’autrice, siano i romanzi, i quadri e soprattutto i due film

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La definizione più calzante di Lorenza Mazzetti la dà Bernardo Bertolucci quando disegna lo sguardo dell’artista come in grado di mutare repentinamente dal tragico al sognante, dal sospeso al drammatico: il documentario dedicato a questa straordinaria figura di scrittrice, pittrice, regista che attraversa la storia politica e culturale di mezzo secolo tra Italia e Inghilterra, Roma e Cannes, decide da subito di mostrare esplicitamente almeno tre direzioni differenti di sguardo, come per aderire alla poliedricità esistenziale e creativa di Mazzetti.
Non è allora forse un caso che la sequenza iniziale ci mostri la donna intenta a provare tre paia diverse di occhiali da sole dalle montature vistose, quasi ad indicare allo spettatore che la focale e le lenti muteranno spesso, nel corso del racconto.

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La cornice della placida quotidianità di Lorenza Mazzetti, il rapporto simbiotico con la sorella gemella e con i colori ed i pennelli dei suoi quadri, viene continuamente interrotta da inserti spuri che sembrano memorie che aleggiano per le stanze della casa della donna, liberate dai movimenti di macchina particolarmente funzionali dell’eccezionale Martina Cocco: frammenti di animazione, spezzoni dai film diretti da Mazzetti in Inghilterra (K e Together, col sostegno degli amici del free cinema e del British Film Institute), i ricordi della donna seguono un filo eccentrico per cui dal suo diario londinese insieme a Lindsay Anderson, Karel Reisz e Tony Richardson la fiaba diventa quella dove Cesare Zavattini le regala l’occasione definitiva di far ascoltare al mondo la storia della sua infanzia trascorsa attraverso l’orrore nazifascista, con il romanzo autobiografico Il cielo cade.
Ecco, dove per contestualizzare l’intero fermento di un’epoca il film di Della Casa e Frisari si serve anche degli interventi di Bertolucci e dell’eroe dell’intero movimento, Malcolm McDowell, quando invece il documentario decide di affrontare il suo fulcro nascosto, bastano le parole di Lorenza mentre visita la tenuta di famiglia a Rignano sull’Arno, o la tomba dell’amato e rispettato zio Robert Einstein per riempire le immagini di una commozione sincera per quanto raccolta nel viso trattenuto e dolente della donna.

Le gemelle Mazzetti, com’è noto, furono testimoni di quella che la Storia ricorda come la Strage del Focarno del 1944, in cui le truppe tedesche tracimarono la famiglia ebrea degli Einstein sotto gli occhi delle nipotine, risparmiate in quanto portavano un cognome diverso.
Se è questo trauma il motore innegabile per raccontare di Lorenza Mazzetti e dell’importanza delle sue rielaborazioni e astrazioni di una memoria così potente, allo stesso tempo Perché sono un genio ha il pregio fondamentale di instillare nello spettatore la curiosità nei confronti dei risultati delle esplorazioni creative dell’autrice, siano i romanzi, le opere di pittura e soprattutto quei due esperimenti su pellicola in grado di tessere un ponte sotterraneo ma evidente tra le modalità dei due cinema più sovversivi dell’immediato dopoguerra, quello inglese e il nostro neorealismo.

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