#Venezia73 – Piuma, di Roan Johnson

In Concorso. E’ la paura in un domani di responsabilità ad attraversare Piuma, dimostrando come Roan Johnson, sotto la confezione della commedia familiare voglia ragionare sulle sue paure.

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Maybe i’m wasting my young years”. Forse sto sprecando gli anni della mia giovinezza, cantano da qualche anno, nei locali inglesi, i giovani London Grammar. E’ questo l’atroce dubbio che, a tradimento, si affaccia nella vita del pasticcione Ferro e della seriosa Cate, due ragazzini ritrovatisi, ad un passo dall’esame della maturità, con una gravidanza inaspettata. Su due piedi, quando si è pazzi come due diciottenni innamorati, è facile dire: non ci sono problemi, affronteremo anche questa. Eppure questa bambina in arrivo, questa improvvisa piuma capitata sulle loro teste, ha il peso incredibile di cambiare tutto. Nel loro futuro non ci saranno più i viaggi avventurosi con gli amici, i baci con le sconosciute e le università fuori-sede. Da oggi non ci saranno più, nemmeno, le scelte prese d’impulso, che poi un modo per andare avanti si trova sempre. Diventare genitori, a diciotto come a quarantadue anni, è qualcosa di terribilmente decisivo, un salto nel buio che fa tremare i polsi e cancella ogni progetto. E’, in qualche modo, questa latente e sottotraccia paura in un domani di responsabilità e decisioni ad attraversare interamente Piuma, dimostrando come il pisano Roan Johnson, sotto la perfetta confezione della commedia familiare voglia ragionare sulle sue paure e sulle sue sensazioni.

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brando pacitto piumaGuardando, forse troppo chiaramente, al cinema di Paolo Virzì (riferimento talmente evidente da immaginarne quasi un coinvolgimento diretto) il film di Johnson non è altro che un nuovo tassello, una nuova prova di felicità in un universo tragico, che arricchisce coerentemente il percorso dell’autore. Il mondo di Piuma, come quello dei Delitti del BarLume (serie tv diretta da Johnson e prodotta da Sky e Palomar, finanziatori anche di questo progetto) è un universo colorato e, quasi fiabesco, dove il dolore, le preoccupazioni o i disastri sono, magari, edulcorati e “depotenziati”, ma rimangono comunque sempre centrali. Pur nascosta dietro la scanzonata e logorroica incoscienza di Ferro (un estenuante Luigi Fedele) o la dolente e amorevole serietà di Cate (la bravissima Blu Yoshimi, già vista come figlia di Nanni Moretti in Caos calmo) c’è il desiderio sincero di raccontare emozioni e umane paure senza caricare mai nulla, senza prendersi mai sul serio. Johnson sceglie la strada della commedia, rigorosamente non cinica, per raccontare qualcosa di più profondo di un banale caso di gravidanza adolescenziale. Un tentativo di andare oltre che, soprattutto quando il film si smarca dalla sua rigida struttura comica (i dialoghi tra Ferro e il suo esasperato, magnifico papà sono esilaranti ma fin troppo scritti) per azzardare trovate visive sgraziate, mette in scena, senza remore, una sincera e commovente passione.

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