#Venezia73 – Rocco, di Thierry Demaiziere e Alban Teurlai

Rocco, il documentario di Demaiziere e Teurlai, solo all’apparenza vuole aprire una finestra sul privato di Siffredi, raccontandone, invece, il mondo che lo circonda. In Giornate degli Autori.

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Sin dalle prima inquadrature è chiaro che Rocco, il documentario di Thierry Demaiziere e Alban Teurlai, sarà un film su un conflitto ossessivo tra un uomo e la sua natura, tra Siffredi e il suo pene. Il film dei due registi francesi, infatti, solo all’apparenza vuole aprire una finestra sulla vita privata del pornoattore. Gli sguardi sul suo rapporto con la splendida moglie Rosza e i figli Leonardo e Lorenzo, i racconti di un’infanzia difficile in Abruzzo e i divertenti litigi con il suo cugino-socio Gabriele sono, infatti, solo una piccola e gustosa appendice (buona per soddisfare il voyeurismo del pubblico) ad un progetto che usa le ossessioni e le pulsioni di Rocco per parlare di altro. Siffredi e il suo membro sono i simboli, ormai sdoganati, di un Porno nazionalpopolare, un’industria ricca e in continua ascesa che è spogliata e penetrata dallo sguardo dei due registi. Appoggiarsi all’incredibile carisma di Rocco, mettere a nudo la sua anima disperata (l’indugiare sulle rughe del suo volto, il riprendere di sfuggita le sue lacrime di commozione), è il modo più diretto e intelligente per raccontare una frazione di quello splendido e allucinante paese delle meraviglie che è la pornografia anglofona (ben diversa dal triste e volgare declino di quella nostrana). I viaggi di Rocco e dei suoi collaboratori in questo suo, presunto, ultimo anno di attività, permette di incontrare potentissimi e viscidi agenti, nuova star disposte a tutto e un parterre degli attori più in voga (James Deen, Abella Danger, la ritrovata Kelly Stafford) simili più a osceni automi che a esseri emotivi.

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E’ ovvio che la figura di Rocco esca gloriosa da questo film agiografico cucito su misura. Il buon padre di famiglia, il vip socievole con i propri fan e il professionista esemplare sono tutte, sincere, maschere che l’attore indossa nel corso della pellicola, E’ altrettanto vero, però, che l’impressione che si prova di fronte a questo ritratto eccessivamente estetizzato, davanti alle immagini di rapporti sessuali vissuti come agonia piuttosto che piacere (temi che avvicinano Rocco, visivamente e concettualmente, alla morale di uno Steve McQueen qualsiasi) è solo quella di un profondo e fastidioso disagio. In qualche modo, pur con i suoi limiti, il lavoro di Demaiziere e Teurlai segue le traiettorie de Il figlio grosso e rosso, il reportage di David Foster Wallace che, prima mosso dalla semplice curiosità poi segnato da uno sbigottito timore, mostra i retroscena di un mondo fatato, fatto da sesso immaginato, che circonda e nasconde un terribile oblio.

 

 

 

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