#Venezia73 – The Young Pope, di Paolo Sorrentino

I primi episodi mostrati al Lido lo dicono in maniera decisamente forte: queste 10 puntate potrebbero ragionevolmente rappresentare il risultato più convincente dell’intera filmografia di Sorrentino

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I primi due episodi mostrati al Lido lo lasciano intuire in maniera già decisamente forte: le 10 puntate di The young pope potrebbero ragionevolmente rappresentare il risultato più convincente dell’intera filmografia di Paolo Sorrentino.
Lo smarcamento operato dal cineasta intacca livelli ben distinti della rappresentazione per il “piccolo schermo”, e il sabotaggio che ne consegue scatena l’abituale capacità affabulatoria delle immagini di Sorrentino verso un nuovo punto di ebollizione, finalmente liberate da qualunque sovrastruttura intellettuale per abbracciare le forme di un grottesco svuotato in grado di trasformare ogni impalcatura rituale nella propria parodia (da sempre l’abilità maggiore di Sorrentino, sino ad ora intrappolata nelle inutili gabbie della tronfia ambizione letteraria del suo autore).

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Questo cineasta è notoriamente un guascone tendente all’autocompiacimento, ma è proprio questo a salvarne stavolta la sorprendente efficacia dalle traiettorie mortifere del racconto seriale di nuova era HBO, che finge di imbastire una trama di intricati doppiogiochismi e partite a scacchi di poltrone e alleanze cardinalesche intorno all’elezione di un nuovo pontefice, Pio XIII, per i palati abituati ai mille testacoda al minuto di narrazioni complesse in palazzi del potere come House of Cards e Game of Thrones.
Sorrentino sorvola tutto questo piano del racconto con fare ridanciano, e gioca apertamente per contrasti, come quelli continui tra un Jude Law che pare aggirarsi sulle assi del palco del Barbican, e i suoi diversi interlocutori tra le stanze e i corridoi del Vaticano, soprattutto Silvio Orlando irresistibile mazzarino dalla caratterizzazione marcata, quasi da Commedia dell’arte.
Invece di disperdere le trovate oniriche, le apparizioni ad effetto e i giochi di

????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????prestigio come fa solitamente, il trucco di The young pope è quello di catalizzare per intero o quasi i sorrentinismi all’interno di uno spazio chiuso, di una sorta di dimensione a sé dai confini invalicabili ma dalle mura che si restringono e si allargano a seconda del respiro della sequenza e dei movimenti di macchina di Luca Bigazzi (la battuta chiave qui è “Roma è un delizioso sobborgo di Città del Vaticano”). Tra le pareti della “città-Stato fatta di persone che non hanno mai vissuto” (come dentro la cornice del monitor televisivo…) le astrazioni farsesche di Sorrentino si scontrano tra di loro, e quello che viene fuori ha per l’appunto l’affascinante caratteristica di aver impresso sull’immagine il grado ultimo della gamma dei contrasti.

La sequenza di chiusura della seconda puntata è senza ombra di dubbio una vetta di potenza assoluta proprio perché quella silhouette completamente nera affacciata alla finestra di Piazza San Pietro durante l’omelia notturna radicalizza lo scontro invece di tendere all’abbraccio degli opposti: e allo stesso tempo, scopriamo in Paolo Sorrentino un generatore virtualmente infinito di omelie papali e variazioni annesse (la sua reale vocazione nascosta?).
Ma c’è dell’altro in questo Pio XIII che si mostra infine al suo popolo come una sorta di conquistatore oscuro di un altro pianeta, “più vicino a dio e lontano dagli uomini” come se appartenesse ad una razza aliena, che pare tenere continuamente a bada dei poteri paranormali con cui comanda i fenomeni atmosferici e gli animali, addestrato a vestire l’armatura della santità dalla Suor Mary che lo ha cresciuto, Diane Keaton capace di infondere una tenerezza caldissima in un ruolo invece prevalentemente minaccioso.

Sì, esatto: The young pope sembra il primo episodio di una saga da cinecomic, il fumettone blockbuster definitivo di Paolo Sorrentino (finalmente!), il suo supereroe orfano alla ricerca della verità sulla sorte dei genitori e di una purezza vendicativa da Antico Testamento nella missione della sua chiesa. Da questo punto di vista la solidità spigolosa della performance di Jude Law guarda più al Loki di Tom Hiddleston degli avengers che alle facili suggestioni shakespeariane…

Poi, certo, dentro ci stanno anche le suore che giocano a calcio e i canguri liberati per i giardini papali (pensare a quanto sarà costata anche solo in un’ottica organizzativa e realizzativa un’idea del genere continua a darci la reale prospettiva del cinema di Sorrentino, come la Costa Concordia della grande bellezza), ma tutto conferma che la dimensione della scorpacciata seriale lubrifichi a meraviglia le compulsioni a corrente alterna della poetica bingewatching del nostro cineasta campione nazionale. Dal 21 ottobre, su Sky Atlantic.

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    Un commento

    • Rossana Di Stefano

      finalmente riesco a vedere un altro film di Sorrentino ispirato da sé stesso e non da felliniana memoria . Certo ha osato molto chiedendo a Jud Law di interpretare questa parte ma devo dire che Law ha reso con leggerezza e con convinzione la sua parte. In effetti l’attore ha una gamma espressiva cinematografica sempre in empatia con chi deve interpretare e dal momento che doveva far un Pope anomalo ha reso bene la divaricazione dicotomica del ruolo richiesto . CONQUISTATA