#Venezia75 – Zan. Incontro con Shinya Tsukamoto e il cast

Shinya Tsukamoto insieme ai protagonisti del film, incontra la stampa per presentare Zan, in concorso al Festival del Cinema di Venezia, un racconto di guerra ambientato nel periodo feudale

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Shinya Tsukamoto torna a Venezia, in concorso, per presentare Zan, in un festival che già in passato l’ha visto come protagonista grazie alle vittorie ottenute nel 2002 per Snake of June e nel 2011 per Kotoko nella sezione Orizzonti. Zan è un film ambientato in Giappone nel periodo Edo ma l’intenzione di Tsukamoto, come spiega in conferenza stampa, era di andare oltre una determinata collocazione temporale, per approfondire cosa potrebbe provare un giovane che oggi si avvicinasse al sentiero della guerra se fosse costretto ad uccidere per sopravvivere. Riuscirebbe senza paura ogni volta a mettere  a repentaglio la sua vita in duello come succedeva ai samurai?

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“Nel film che ho fatto in precedenza, Nobi, c’era il principio che in Giappone negli ultimi 70 anni c’è stata la pace, e le generazioni che avevano sperimentato la guerra cominciavano a sparire, quelli che l’avevavo vissuta magari militando tra le fila della milizia. Allora creare Nobi serviva a mostrare quanto è crudele la guerra, per provocare un rifiuto della violenza. Da allora sono passati tre anni, ma la mia paura della guerra non è diminuita, anzi è aumentata, insieme alla voglia di gridare più forte. Nei film storici solitamente si applaudono i personaggi, io ho cercato di porre una questione, rispetto ad un eroismo ho dato un elemento scettico, quasi ironico. Finora il protagonista era visto in un certo modo, in questo lo spettatore può decidere su chi indirizzare la sua empatia, se sul protagonista o su uno dei suoi comprimari. Questo Ronin era nella mia mente da 20 anni, adesso si sono fusi insieme il grido interno con questo pensiero, che si era condensato.”

Ad accompagnare il regista all’incontro con la stampa ci sono i due attori che completano il cast dei protagonisti, Yû Aoi e Sosuke Ikematsu, che raccontano prima di tutto come hanno affrontato il compito di rappresentare i personaggi, la ricerca delle sfaccettature nascoste nei particolari, della cretività per renderlo più realistico, l’adattamento al periodo storico, lo sviluppo emotivo. Poi sollecitati da una domanda del pubblico ricordano del loro primo contatto con Tsukamoto, con il quale nessuno dei due aveva mai collaborato prima. “Quando era un teenager e volevo diventare un attore di cinema,  dice Sosuke, ero colpito di come lui dimostrasse il senso del periodo che voleva rappresentare, si può dire che io ero un suo fan. Non avrei mai pensato però di propormi, ma continuando a lavorare sodo mi dicevo che sarebbe potuto succedere. Appena ho letto la sceneggiatura ho capito che era una storia di guerra ambientata nel periodo feudale. Tsukamoto è una persona con un talento incredibile che ci si chiede come fa ad avere delle idee di quella portata.” Il percorso di Aoi è stato diverso: “Ancora prima di diventare attrice ero iscritta ad un’associazione di arti ed intrattenimento. A casa invece le possibilità di intrattenimento che mi erano concesse erano pochissime, avevo poca disponibilità economica, non andavo al cinema, affittavo dei video. Ho visto alcuni suoi film, tipo Gemini, e da quelli mi ero accorta che in questo cineasta c’era una forma di amore verso il cinema. Lavorare con lui era un’idea così lontana, come per un musicista pensare di lavorare insieme a Bach. Per il mio personaggio ho cercato di impersonare le varie sfumature della femminilità, c’è la purezza ma anche la sciocchezza. Lei viene attratta prima da uno, poi dall’altro.”

Tsukamoto è stato spesso a ragione accostato a Cronenberg sin dai suoi primissimi lavori ed il regista giapponese racconta come fosse solito un tempo riferirsi a lui chiamandolo padre, di avere l’idea di essere suo figlio, ma che ancora adesso se avesse avuto l’occasione di incontrarlo di persona probabilmente sarebbe scappato. Resta maggiormente colpito quando Enrico Ghezzi, tra i primi a distribuirlo in Italia, gli fa notare di una certa vicinanza del suo cinema (che entra nella storia del sublime passando dal metallo di Tetsuo alle coccinelle) con quello di Terrence Malick, ad esempio in questo film legato ad un’idea di natura, e gli chiede se ne fosse consapevole: “No davvero, non avevo nessuna consapevolezza, la struttura del film si è sviluppata in 20 anni, poi invece la sceneggiatura è stata scritta molto velocemente. Ora sono interessato a vedere la reazione del pubblico, sono curioso di conoscerne le reazioni. Stavolta nel film ci sono poche gag, ho sempre l’impressione ce ne siano troppe, a metà film le scene d’azione della prima parte spariscono, già questo per me potrebbe essere considerata una gag. Come in Tetsuo che c’è un pene che continua a roteare. “

 

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