#Venezia76 – Incontro con Kristen Stewart, Benedict Andrews e il cast di Seberg

A quarant’anni esatti dalla morte dell’attrice Jean Seberg, icona della Nouvelle Vague, arrivano al cinema le vicende più inedite in “Seberg”, presentato fuori concorso a Venezia

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Insieme al regista Benedict Andrews (Una, 2016) partecipano all’incontro con i giornalisti nella sala conferenze del Palazzo del Casinò alcuni attori del cast di Seberg, pellicola presentata fuori concorso a Venezia: Kristen Stewart (Panic Room, The Twilight Saga, Biancaneve e il cacciatore, On the Road, Sils Maria, Still Alice, Café Society, Charlie’s Angels, Underwater), Jack O’Connell (300 – L’alba di un impero, Unbroken Money Monster), Margaret Qualley (The Nice Guys, Once Upon a Time in… Hollywood), Zazie Beetz (Deadpool 2, High Flying Bird, Joker), Anthony Mackie (Million Dollar Baby, Captain America, Avengers). Sono presenti anche gli sceneggiatori Joe Shrapnel e Anna Waterhouse, autori del film biografico-drammatico ispirato alla vita di Jean Seberg.

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La pellicola ripercorre la controversa vicenda della protagonista di Fino all’ultimo respiro (Godard, 1960), attrice iconica della Nouvelle Vague francese, che alla fine degli anni Sessanta divenne l’obiettivo principale del programma di sorveglianza illegale dell’FBI, COINTELPRO. Inutili i tentativi di arrestarla e screditarla nella sua lotta politica e sociale, sempre più consolidata anche grazie alla relazione con l’attivista per i diritti civili Hakim Jamal, afroamericano in prima linea nel movimento Black Power.

Andrews non nasconde la grande soddisfazione dell’aver realizzato un film su un’attrice del calibro della Seberg, la cui personalità viene indagata anche negli aspetti più privati e confidenziali. Sottolinea inoltre come la proiezione al Lido durante la giornata di venerdì 30 agosto 2019 non sia casuale, rappresentando l’anniversario dei quarant’anni esatti dalla scomparsa della donna.
Un progetto di lunga lavorazione, cominciato quindici anni fa, avvenuto tramite ricerche approfondite da parte degli sceneggiatori e tramite la creazione di un team affiatato, sino a raggiungere il risultato finale che il regista stesso definisce «una bomba», per l’intensità drammatica della storia raccontata. «Ho scoperto Jean Seberg al liceo quando il mio professore di francese proiettò À bout de souffle per la classe. Fui letteralmente stregato e da allora non ho più potuto dimenticare la sua incredibile recitazione. Seberg ridefinì i parametri della presenza e della verità scenica. Mi affascinano le contraddizioni di Jean, il suo incarnare allo stesso tempo fiera indipendenza e apertura emotiva, tristezza e ingenuità, idealismo e gioia di vivere».

Jean viene descritta dal regista con ammirazione come una donna dai grandi ideali, determinata ad affermare a tutti i costi la propria verità (nella vita e nel lavoro), perseguendo un perenne bisogno di giustizia, senza nascondere del tutto i propri tratti più vulnerabili. Anche la Stewart si è detta attratta dalla figura dell’attrice francese e pronta a interpretare un ruolo di questo calibro, superata definitivamente la fase più “mainstream” della sua carriera giovanile.

Una storia ritenuta oggi necessaria e resa ancora più interessante dalla scelta di una narrazione parallela delle vicende, dal punto di vista della polizia e da quello della protagonista, per indagare soprattutto le dinamiche interiori che scaturiscono da una tale pressione psicologica. Come spiegato dal regista, l’FBI ha utilizzato infatti alcuni mezzi simili a quelli cinematografici (telecamere, microfoni, schermi) per creare la propria versione dei fatti, che non corrispondeva esattamente alla realtà, per distorcere le informazioni e influenzare l’immagine mediatica di Jean: le bugie diffuse sul suo conto sono state usate come arma contro di lei, in maniera non tanto differente da quello che avveniva (e ancora avviene) con la comunità nera.
Riguardo all’impegno degli attivisti al giorno d’oggi Zazie Beetz spiega come esso non sia mai cessato, ma continui a propagarsi e moltiplicarsi in diverse forme (ad esempio, non sono più rivendicati soltanto i black rights, ma anche i diritti di genere).

Il film verrà proiettato anche al Toronto International Film Festival il 7 settembre 2019.

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