Vincent Cassel padre padrone in Partisan di Ariel Kleiman

Ispirato a un articolo del New York Times del 2010, l’esordio del regista australiano è una fiaba nera apparentemente sommessa e in realtà rumorosa, che punta a dare un nuovo ruolo alla star francese

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“Non riesco ad immaginare un uomo che spara a un altro uomo”. La dichiarazione è di Luis Buñuel e potrebbe essere uno dei punti di partenza del continuo straniamento di Partisan, esordio nel lungometraggio dell’australiano Ariel Kleiman, che si era già messo in mostra con i suoi corti Young Love in cui raccontava la sua assurda storia d’amore e il pluripremiato Deeper Than Yesterday, il dramma sottomarino realizzato come film di diploma.

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L’idea nasce da un articolo del New York Times del 2010 che parlava della compravendita dei ‘sicarios’, i bambini-assassini in Colombia. E il regista, assieme alla cosceneggiatrice Sarah Cyngler (che è anche la sua compagna) hanno puntato di contaminare l’elemento realistico con quello surreale.

In una struttura situata nella periferia di una piccola cittadina Gregori è il leader carismatico e protettore di un gruppo di bambini e donne maltrattate. Tra i suoi allievi prediletti c’è Alexander, un undicenne che l’uomo ha visto nascere e ha istruito. Per difendersi dal mondo che c’è fuori, Gregori gli fa fare anche delle esercitazioni per uccidere altre persone. Col tempo il ragazzino è diventato un assassino perfettamente addestrato. Ma sta iniziando a mettere in dubbio anche l’autorità dell’uomo.

jeremy chabriel in partisanPunta alla fiaba nera, guarda alla favola del Pifferaio magico e punta tutto sulle spalle di Vincent Cassel. Come se l’attore, rispetto a L’odio di Kassovitz, fosse passato dalla parte di chi la ribellione la subisce. Kleinman punta spesso sugli sguardi tra Gregori e Alexander, sempre sulla linea tra intesa e tensione.

Il gioco però si scopre molto presto. Partisan sembra costruire il suo thriller adolescenziale attraverso un accumulo di grandi e piccoli dettagli, non distinguendo però tra quelli importanti e decisivi e quelli superflui. Spesso punta sul volto di Vincent Cassel, che invade con la sua espressività quello che poteva essere una piccola rivelazione e invece la macchina da presa è come ipnotizzata dagli sguardi della star francese. Che sorride, poi diventa pensieroso e ombroso come nella scena del karaoke in cui Alexander si esibisce. I piccoli gesti vengono amplificati e sottolineati anche da una colonna sonora troppo presente, come per rimarcare i piccoli grandi momenti della vita. La claustrofobia poi è più apparente. Forse Kleiman ha guardato a quella del ghetto in cui erano chiusi gli extraterrestri in District 9 ma dell’isolamento e della presenza dei luoghi esterni si sente solo l’eco. Prtisan è il classivo esempio di un giovane regista di talento che si è affermato con i suoi corti che già si sente un autore affermato da festival. Ma il suo cinema apparentemente sommesso è molto rumoroso. Si sente così il peso di uno sguardo che è vittima di Cassel ma si vuole imporre sui bambini, estrapolando i loro stati d’animo. Con un’invadenza anche sottile, ma non per questo meno innocua. La favola dell’innocenza e dell’infanzia perduta ci da così l’impressione di essersi fermata già prima di partire.

 

Titolo originale: id.

Regia: Ariel Kleiman

Interpreti: Vincent Cassel, Jeremy Chabriel, Nigel Barber, Florence Mezzara

Distribuzione: I Wonder Pictures

Durata: 98′

Origine: Australia 2015

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