Zanetti Story, di Simone Scafidi, Carlo A. Sigon

zanetti story

Mostrare la complessità nella normalità. E' questo uno dei meriti di questo documentario letto con una recensione non obiettiva ma scritta con gli occhi del tifoso. Dove si rivivono traumi e gioie in un lavoro che semmra senza tempo, che poteva essere stato realizzato 30 anni fa o tra 30. Dove storia calcistica e personale si mescolano. Senza soluzione di continuità. In sala solo oggi

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zanetti story"Un uomo senza eccessi ma con una storia al limite del mito". Così la voce del poeta argentino Albino Guaròn definisce Javier Zanetti in qualche modo apre il documentario su quello che è stato uno dei più grandi capitani della storia dell'Inter mantendendo efficacemente la linea di mostrare la complessità nella normalità.

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Avvertenza: questa non sarà una recensione obiettiva. Ma filtrata attraverso l'occhio del tifoso. Per questo c'è la voglia di rivedere immagini già viste. Proprio per poterle rivivere. Con i suoi traumi e le sue gioie. Sapendo ora come è andata a finire. Si riaccendono così i dolori del 5 maggio 2002 quando l'Inter perse lo scudetto all'ultima giornata, ma anche l'estasi al gol spettacolare a Parigi contro la Lazio nella finale di Coppa Uefa del 1998, fino alla grande cavalcata con la vittoria in Champions League nel 2010.

Ma Zanetti Story non è un documentario celebrativo. Anzi le numerose testimonianze (dove restano scalfite soprattutto quelle della moglie, del padre, di Mourinho, Cambiasso e Cordoba) sono come disordinati lampi della memoria che esplodono qui come tracce di un ricordo senza tempo. Insieme alle foto, ai filmati d'archivio, a una Milano in bianco e nero del Luce. Forse per questo, appare senza tempo. Simone Scafidi e Carlo A. Sigon potrebbero mostrare di Zanetti anche se fosse un calciatore degli anni '40 o '60. E questo documentario poteva essere girato anche 30 anni fa o tra 30 anni. Sta proprio qui il merito di questo lavoro, di essere senza tempo. Dove Javier Zanetti non emerge come corpo oggi, ma proprio quello che ha lasciato nella storia dell'Inter in particolare e in quella del calcio in generale. Chissà se averà occasione di vederlo anche l'ex-allenatore dell'Inter Walter Mazzarri che proprio lo scorso anno gli negò l'ultimo derby.

zanetti story2L'andamento può sembrare quello tipico sul biopic di ogni calciatore. L'infanzia, il sogno del calcio, le difficoltà di un fisico troppo gracile, il doppio lavoro dove consegnava il latte, l'incotro con la moglie Paula De la Fuente che giocava a basket. Poi l'arrivo all'Inter nel 1995 insieme a Rambert. Sandro Mazzola afferma che il vero obiettivo dell'Inter non era Zanetti e che venne preso solo come 'giunta'. Massimo Moratti invece sostiene, al contrario, che era Rambert l'optional e che aveva già visto il Capitano in un video dove stava visionando Ortega. Chi ha ragione dei due forse già lo sappiamo.

Storia calcistica e personale si mescolano. Senza soluzione di continuità. Mettendo anche in evidenza forse l'unico momento in cui stava perdendo la testa (a ragione) quando venne sostituito da Hodgson nella finale Uefa del 1997 persa contro lo Schalke 04 ai rigori. Rivedere oggi quel frammento nascosto, soprattutto alla luce di tutta la carriera di Zanetti, oggi fa ancora più effetto.

Poi però c'è tutto quello che ha lasciato sul campo. Quelle sue lunghe galloppate palla al piede dove la palla, no, non c'era verso di togliergliela, quel modo in cui piantava la gamba a terra, si gira, saltava due uomini e ripartiva. La frase più azzeccata l'ha detta Mourinho: "La vera posizione di Javier non la so. E questo è un complimento". E anche la vera posizione di Zanetti Story, rispetto agli altri documentari sui calciatori non si sa. E anche questo è un complimento.

 

Regia: Simone Scafidi, Carlo A. Sigon

Distribuzione: Nexo Digital

Durata: 76'

Origine: Italia/Argentina 2014

 

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