100 Minutes, di Gleb Panfilov

Presentato a Palermo in occasione del 44esimo Efebo d’Oro 100 minutes è un film di fede che stabilisce un netto parallelismo tra la volontà di sopravvivere e la ricerca di spiritualità

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Nel 1962 Aleksandr Solženicyn pubblicò il romanzo Una giornata di Ivan Denisovic che raccontava con crudo realismo la prigionia di un soldato russo accusato di spionaggio durante la II guerra mondiale e condannato a 10 anni in un Gulag. Per lo scrittore iniziò un lungo contenzioso con il regime dell’ URSS che si concluderà nel 1974 con la espulsione dal suo paese. Il maestro 88 enne Gleb Panfilov (Nessun orizzonte oltre il fuoco, Tema, Vassa) dà una sua versione del romanzo inserendo elementi onirici e religiosi. Ivan Denisovic (Filipp Yankovsky) è un soldato che compie un’azione valorosa contro l’esercito nazista. Ma viene catturato dai tedeschi e in un secondo momento rilasciato per sminare un campo nemico. Sfuggito miracolosamente alla morte viene processato dalla corte marziale russa per tradimento e condannato a dieci anni di lavori forzati.

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Panfilov nella prima parte tiene desta l’attenzione prima con il bombardamento dei carri armati tedeschi e poi con la prova di sopravvivenza attraverso il campo minato. I corpi saltano in aria come pupazzi disarticolati e Panfilov ne accentua l’orrore con riprese oblique e ravvicinate. Lavora anche molto sull’immagine: il campo illuminato nella notte, la fila dei prigionieri in mezzo alla neve, le apparizioni spettrali della figlia e della madre del protagonista. La seconda parte si svolge tutta nel gulag e mostra le terribili prove di sopravvivenza a meno venti gradi: tra i prigionieri scattano meccanismi di solidarietà ma anche feroci egoismi. Si lotta per una porzione in più di brodaglia, si lavora da mattina a sera per costruire edifici, si subiscono umiliazioni e perquisizioni. L’intento di Panfilov è di sottolineare come il rigore e la disciplina dell’ambiente militare sono tese ad annullare la personalità dei prigionieri. Ivan Denisovic rimane incastrato in un meccanismo perverso che lo trascina nella più profonda depressione : la moglie muore, le figlie sono in orfanotrofio ed una rimane incinta. E’ una foto di famiglia sorridente che salva Ivan dalla follia: la sua fede incrollabile gli fa sperare fino alla fine di potere ricongiungersi con le figlie. L’apparizione della madre come edicola votiva in un alone di luce ha un valore salvifico e indica una via d’uscita nel consapevole martirio. Un pittore regala a Ivan un ritratto: lui non si riconosce, gli altri compagni di prigionia lo ritengono invece molto fedele. La differenza tra ciò che era e ciò che adesso è diventato, si rivela in questo cortocircuito di identificazione.

Presentato a Palermo in occasione della 44 esima edizione dell’Efebo d’Oro 100 minutes è un film di fede che stabilisce un netto parallelismo tra la volontà di sopravvivere e la ricerca di spiritualità. Sembra esserci ancora luce anche negli angoli più oscuri dell’inferno terreno. Pur differenziandosi dal crudo realismo e dalla invettiva politica del romanzo di Solzenicyn, Panfilov lavora sul volto sofferente di Ivan Denisovic e lo trasforma in una maschera tragica in cammino per una interminabile via crucis. Eppure proprio nel buio e nel freddo di un Gulag ai confini del mondo, Ivan riscopre quel barlume di umanità che nessuna foto potrà mai cogliere. Quest’uomo si piega, si umilia e arriva a strisciare nel fango. Ma rimane integro moralmente. Il freddo penetra nelle sue ossa ma non lo spezza. Un berretto e un giubbotto sono l’oasi di salvezza lanciata dal cielo.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3
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Il voto dei lettori
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