13/1/2007 – TORINO FILM FESTIVAL: Alcuni operatori culturali dicono la loro…

con un intervento sul Forum del TFF

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Un intervento collettivo sul Forum del Torino Film Festival rilancia il dibattito sull'uso e finalità delle risorse economiche per la cultura della città

 

Ecco il testo completo:

 

Alcuni operatori su tff, cultura e politica

La gravità del danno che la vicenda Torino Film Festival reca all'immagine positiva della città e della regione è particolarmente evidente a chi opera quotidianamente in una rete di relazioni nazionali ed internazionali. La necessità di chiudere immediatamente questo capitolo ma al contempo trarne alcune lezioni è la ragione delle nostre riflessioni come cittadini – professionisti della cultura e della comunicazione.
Nel caso del Torino Film Festival ci pare francamente improprio evocare lo spettro della politica che occupa indebitamente gli spazi della cultura, impone scelte artistiche e di contenuto, soffoca la libertà di espressione culturale. Le richieste di un ripensamento e di un nuovo corso non sono il frutto di un eccesso di dirigismo della politica, né l'epilogo di uno scontro generazionale. Il vero problema è il cambio di contesto. Sono radicalmente cambiati negli anni il mercato cinematografico e le forme di consumo del pubblico, tanto da rimettere in discussione il ruolo e la forma Festival in tutto il mondo. In Italia ci sono da quest'anno tre festival di rilievo nazionale ed internazionale in meno di 90 giorni, Venezia, Roma e Torino: non ci sono abbastanza nè film né spazi mediatici, né risorse per tutti. Infine e non da ultimo Torino ed il Piemonte stanno sviluppando una strategia di rafforzamento del sistema produttivo e distributivo audiovisivo. In questo quadro è il Torino Film Festival a giocarsi il ruolo di vaso di coccio tra i Festival, nei confronti dei ben più agguerriti e finanziati sostenitori.  E' così assurdo allora chiedere un cambiamento, un colpo di reni per smarcarsi da questa situazione? E' illegittimo che la politica chieda a fronte del finanziamento una strategia per reggere la concorrenza, non solo per rilanciare il Torino Film Festival ma anche Torino come città di Cinema e fattore di sviluppo?
Noi pensiamo di no. Anzi pensiamo sia un dovere della politica indicare quali sono gli obiettivi sui quali spendere i soldi e quali i risultati attesi, nella cultura, come nella sanità, come nelle infrastrutture, per poi verificare risultati.  Perché i criteri di utilizzo dei soldi pubblici interessano sia gli spettatori del Torino Film Festival che coloro che non ci andranno mai e un Festival prestigioso e di alto profilo è una risorsa per l'intera città, mentre la vicenda attuale è un'autogol, una perdita di credibilità, una dimostrazione di incapacità gestionale ben più dannosa dello scontento di qualche cinefilo.  Le attività culturali sono un patrimonio collettivo, pagato prevalentemente con i soldi pubblici, cosa che non dà diritti di autodistruzione né ai padri, né ai maestri né ai figli.  Oggi la priorità è uscire dall'impasse e recuperare la credibilità, per il bene del festival, ma soprattutto della città.  Ma questo caso ci offre l'opportunità di dire apertamente che non solo è un diritto ma anzi un dovere delle politica esplicitare gli obiettivi delle politiche culturali pubbliche e le condizioni per realizzarle.
Gli amministratori pubblici hanno il dovere di fissare e comunicare con chiarezza e trasparenza le strategie e i criteri in base ai quali i finanziamenti vengono destinati a questo piuttosto che a quel settore, territorio, progetto, organizzazione, così come i requisiti e le procedure per le nomine di competenze pubblica nelle istituzioni e nelle organizzazioni culturali, laddove previsto a norma di statuto.
Anche in questa città e regione la pubblica e privata gestione delle politiche culturali a fronte di indubbi grandi meriti, primi dei quali la capacità di intuizione strategica e di messa a disposizione di ingenti risorse e progettualità, ha la responsibilità oggi di individuare e di applicare efficaci e trasparenti regole del gioco e strumenti di governo e di gestione, praticando la cultura della programmazione, della verifica di fattibilità e della valutazione. Oltre la retorica e i riti celebrativi è urgente la necessità di dotarsi di strumenti gestionali efficaci, indispensabili complementi di strategie ambiziose.
La presenza e l'applicazione di regole certe e formalizzate è una delle condizioni per favorire una reale autonomia degli artisti e delle organizzazioni culturali, in un rapporto sereno e fecondo con la pubblica amministrazione. Purtroppo l'insensibilità verso un  sistema di regole chiaro e rigoroso accomuna nel nostro Paese ampi settori della politica, dell'imprenditoria, della società. In particolare, nel mondo culturale occorre superare definitivamente le prassi ancora frequente di nominare responsabili artistici e gestionali a prescindere da programmi e obiettivi così come di attribuzione i finanziamenti in  base all'appartenenza politica o per meriti "storici",  penalizzando l'innovazione e le nuove forme espressive.
Che cosa ci si aspetta dagli investimenti in cultura, in quali condizioni operare, con quali vincoli e quali libertà è il quadro con il quale tutti coloro che operano nella cultura si debbono confrontare a partire dal loro ruolo, quando gestiscono risorse pubbliche. Gli spazi di libertà si negoziano e conquistano nella definizione degli obiettivi, nella gestione dei processi, nel raggiungimento dei risultati.
Vorremmo che il clima  delle ultime settimane fosse archiviato ponendo al centro della discussione i progetti, gli obiettivi, le risorse e le condizioni di gestione per rilanciare il Torino Film Festival.
Vorremmo che simile dibattito riguardasse anche le altre istituzioni culturali, i musei e i beni culturali comprese le nuove grandi infrastrutture culturali di prossima apertura quali la Reggia di Venaria o ipotizzate quali la nuova Biblioteca di Torino, coinvolgendo le amministrazioni pubbliche, le Fondazioni di origine bancaria e altri enti coinvolti, gli artisti e gli operatori culturali e della comunicazione.
Vorremmo che in questo confronto, di cui lo stesso piano strategico metropolitano può essere una sede appropriata, i diversi attori esplicitassero senza reticenze e ambiguità idee, programmi, progetti ma anche i problemi, i vincoli vecchi e nuovi e le soluzioni per affrontarli e le condizioni per realizzarle.
La passione e la professionalità delle persone protagoniste dello sviluppo culturale di Torino e del Piemonte e dei nuovi soggetti emergenti possono convivere con la contrazione delle risorse pubbliche. Sapranno attivare con fantasia e coraggio nuove forme di collaborazione e costruire innovative forme di sviluppo sostenibile che consolidino le posizioni che Torino ed il Piemonte hanno saputo conquistare. Ma non possono competere sullo scenario nazionale ed internazionale nell'incertezza, nella mancanza di scelte e di programmazione, con strumenti e prassi inadeguate. Ci aspettiamo dagli amministratori pubblici interventi coraggiosi e coerenti nella direzione di un sostanziale rinnovamento, a partire da rapide e incisive decisioni sul Torino Film Festival.

Ugo Bacchella
Natalia Casorati
Eilis Cranitch
Guido Curto
Luca Dal Pozzolo
Antonio Damasco
Mario Della Casa
Marco De Marie
Monica Mailander
Renzo Sicco

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