"13dici a tavola", di Enrico Oldoini
Si avverte come la sensazione che Oldoini maneggi i materiali con candore infantile fermandosi alle trovate senza preoccuparsi di dar loro vita. La giostra della memoria si configura nella fiera dell'ovvio. Inevitabilmente.
Il cinema si può amare anche in modo perverso, affezionandosi ai film più sbagliati. E' per questo che si sentiva la mancanza di Enrico Oldoini sul grande schermo. A sei anni da Un bugiardo in paradiso troviamo le conferme più insperate a una coerenza ormai ventennale (salvando il gradevole Cuori nella tormenta con Verdone e Marina Suma). Parliamo di un uomo cui Corrado Guzzanti aka Rokko Smitherson dedicava la seguente strofa nella sigla di Avanzi: "Diventa dura mettere al mondo dei bambini / se li fai crescere con i film di Oldoini… Di uno che è riuscito a sfruttare successi commerciali di altri realizzando sequel preda di furori critici se possibile ancor più crudeli di quelli subiti dai prototipi (anche se l'accostamento con i Vanzina e Neri Parenti è sempre stato improprio, in termine di comicità, stile, appeal: basti confrontare un loro qualsiasi film-panettone con le Vacanze di Natale del Nostro o il viaggio nella nostalgia de Il cielo in una stanza e la coralità de Il pranzo della domenica con la creatura in questione). Di uno che se ne infischia e va oltre, passando dalla scatologia tinta di sociologismo, come i vari Anni 90 e Miracolo italiano, ad opere di evangelizzazione mediatica per famiglie come Dio vede e provvede o Don Matteo. La sua tenacia lo ha portato così a realizzare il sogno di una vita, un viaggio semiautobiografico sui binari dei ricordi adolescenziali degli anni '60 assumendo come modello Il posto delle fragole bergmaniano. I presupposti ci potevano anche essere. Il cast era importante e avrebbe potuto supportarlo se solo non fosse stato lasciato a sé stesso: Giannini difende la baracca ma la Monti e la Finocchiaro gigioneggiano, Benvenuti come ne Il fuggiasco fa la parodia di sé stesso e i due giovani protagonisti sono come imbambolati. L'alternanza passato-presente inizialmente insistita macchinosamente suscita interesse come possibilità linguistica ma viene presto abbandonata per un lungo flashback causa mancanza espedienti narrativi plausibili. Si avverte come la sensazione che Oldoini maneggi i materiali con candore infantile fermandosi alle trovate senza preoccuparsi di dar loro vita. Così la rievocazione di un'epoca può passare attraverso auto d'epoca, Luigi Tenco, il radiocorriere e i funerali di Togliatti (casualmente coincidenti con la fuga in treno del giovane Giulio, divorato dall'amore per Anna, l'aliena italo-tedesca catapultata quell'estate del '64 nella sua famiglia per poi sconvolgerla). La giostra della memoria si configura nella fiera dell'ovvio e la tipizzazione dei vari caratteri o la confezione televisiva non sono altro che dettagli di un microcosmo toscano impermeabile al mondo esterno. Fuori dal tempo, perché per andare avanti bisogna sempre guardare indietro, al passato (messaggio). A volte basterebbe fermarsi, guardarsi intorno e pensare, pensare, pensare… Regia: Enrico Oldoini
Interpreti: Giancarlo Giannini, Kasia Smutniak, Nicolas Svaporidis, Alessandro Benvenuti, Angela Finocchiaro, Paolo Bonacelli
Distribuzione: Warner Bros.
Durata: 95'
Origine: Italia, 2004