15 minuti – follia omicida a New York

Il film di Herzfield parla del tempo. I quindici minuti sono quelli nei quali chiunque può diventare famoso. Com’è chiaro, è sempre questione di tempo. Ma non di un tempo reale (rispondente per intenderci a quello quotidiano o, come diceva qualcuno, “intensivo”), ma di un tempo calato all’interno del tubo catodico\massmediologico capace di trasformare un corpo comune, quotidiano, in sembiante spettacolare e celebre. Conosciuto insomma. E la dimensione temporale rispecchiata\contenuta nel film è quella che sin dall’inizio resta imprigionata in frame luminosi provenienti direttamente dalla televisione. Si sta chiaramente parlando quindi di un tempo ri-vissuto e comunque manipolato. Se i due psicopatici che filmano con una videocamera i loro omicidi rappresentano gli agenti esecutori di una messa-in-scena di morte (morte al lavoro per Bazin), il loro agire in una dimensione spazio-temporale tutta contenuta nella riproduzione artificiale della realtà, li pone nella condizione di rappresentarsi come soggetti (e non più oggetti) di una ri-elaborazione virtuale dell’accaduto che si determina col solo atto del filmare. Il loro motivo d’esistere alla televisione è in fondo proprio quello di presenziare alla sparizione in campo di un corpo che muore. E andare così in onda sul notiziario serale delle otto. Torniamo però un attimo alla matrice temporale presente nel film di Herzfield: abbiamo parlato della negazione di un tempo intensivo e della messa in moto\onda di un “occhio che uccide”. La citazione dal film di Powell sembra necessaria anche perché il senso di fondo della vicenda è proprio racchiuso nella denuncia metaforica del medium televisivo che, se nella finzione provoca l’annullamento fisico del corpo, nella realtà sortisce lo stesso effetto con la mente. Ed è così che il film avvolge ogni suo personaggio nelle spire di un controllo al quale non si può scappare, e trova la sua ragione d’essere proprio nell’inserirsi direttamente all’interno di uno spaurito gruppo di opere che hanno trovato il coraggio di affrontare una polemica forte e necessaria come questa. Certo Herzfield non è Weir (il suo The Truman Show è un esempio quasi inarrivabile di precisione registica e sarcasmo velenoso), ma questo suo ultimo film (dopo l’interessantissimo e sottovalutato Due giorni senza respiro) è uno di quelli in cui le ragioni dello spettacolo (fracassone e strabordante quanto basta) sono supportate da uno sguardo cinico e smaliziato. Capace di farsi pensare comunque.
E non è poco.
Titolo originale: Fifteen Minutes
Regia: John Herzfeld
Sceneggiatura: John Herzfeld
Fotografia: Jean-Yves Escoffier
Montaggio: Steven Cohen
Musiche: Anthony Marinelli, J. Peter Robinson
Scenografia: Mayne Schuyler Berke
Costumi: April Ferry
Interpreti: Robert De Niro (Eddie Fleming), Edward Burns (Jordy Warsaw), Kelsey Grammer (Robert Hawkins), Avery Brooks (Leon Jackson), Melina Kanakaredes (Nicolette Karas), Karel Roden (Emil Slovak), Oleg Taktarov (Oleg Razgul), Vera Farmiga (Daphne Handlova), John DiResta (Bobby Korfin), James Handy (capitano Duffy)
Produzione: Keith Addis, Nick Wechsler, David Blocker, John Herzfeld per Industry Entertainment/New Line Cinema/New Redemption/Tribeca Productions
Distribuzione: Nexo
Durata: 120’
Origine: Usa, 2001

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