2.3° edizione di Arcipelago

Il Festival Internazionale di Cortometraggi e Nuove Immagini da oggi al 10 novembre al Teatro Palladium. Dedicato alla memoria di Ciro Giorgini. Ingresso libero

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S’inaugura oggi, per concludersi martedì 10, al Teatro Palladium di Roma, la 2.3a edizione di ARCIPELAGO – Festival Internazionale di Cortometraggi e Nuove Immagini, la più seguita e longeva tra le manifestazioni dedicate ai nuovi linguaggi audiovisivi e ai giovani talenti.

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Ad ingresso totalmente gratuito, la popolare manifestazione romana si propone anche quest’anno con un programma tra i più ricchi e articolati, malgrado le ulteriori riduzioni di budget che ne hanno funestato la preparazione, rendendola più che mai difficoltosa.

Oltre a ConCorto, la competizione riservata ai cortometraggi italiani che ha fatto da trampolino di lancio a molti dei giovani registi scoperti dal festival, tra cui Piero Messina (quest’anno nella giuria che dovrà giudicare ben 30 film, dal dolente e attualissimo Venerdì del “veterano” Tonino Zangardi, a La guerra dei matti, sorprendente esordio nella regia del 17enne Luigi Fedele, già giovane attore per Virzì e Celestini, passando per il formidabile documentario sperimentale di Fabio Palmieri Irregulars) e alla terza edizione del concorso dedicato alle serie web internazionali World Wide Series (in cartellone, tra le altre, l’italiana Status di Margherita Ferri, Renato Giugliano e Davide Labanti), la competizione internazionale The Short Planet, che raccoglie i migliori short film provenienti da tutto il mondo suddivisi in quattro programmi tematici (Segreti e bugie, Mamma mia!, Separazioni  e Homo homini lupus). Due gli italiani selezionati su 21 titoli: il sontuoso e straziante sguardo sulla Shoah del vincitore del Nastro d’Argento Sonderkommando di Nicola Ragone e Ore 12 di Toni D’Angelo, sorta di Giulietta e Romeo contemporaneo e iperrealista, tra Gomorra, spaghetti-western e action hongkonghese.

Inevitabile, anche per ARCIPELAGO, innanzitutto confrontarsi con Pier Paolo Pasolini nel 40° anniversario della sua tragica scomparsa. Ma il festival romano lo fa da par suo, in modo inconsueto e originale, da un lato presentando – in collaborazione con il Centro Studi Archivio Pier Paolo Pasolini di Bologna – alcuni lavori realizzati da registi stranieri su uno dei più grandi intellettuali italiani del nostro tempo: si tratta perlopiù di documentari, tra cui il tedesco Das Mitleid ist gestorben. Pier Paolo Pasolini und Italien (La compassione è morta. P.P.P. e l’Italia, 1978) di Ebbo Demant e Pasolini, la passion de Rome (Francia, 2013) di Alain Bergala (entrambi in le anteprima italiana), ai quali si aggiungono Pasolini l’enragé (Francia, 1966) di André Fieschi, Pier Paolo Pasolini: Your Eyes Flash Solemnly with Hate (2015) dello storico del cinema Mark Cousins e Pasolini Roma? (Francia, 2013), firmato da Colin Torre assieme allo street artist francese Žilda. Dall’altro, lo celebrerà anche con i 9 video del concorso Comizi d’amore 2.0, rivisitazione – vivace e aggiornata ai tempi di Internet e della comunicazione globale – dell’omonima indagine sugli italiani e il sesso che Pasolini firmò nei primi anni ’60. In collaborazione con la rassegna “cugina”, organizzata dall’ANAC, Pier Paolo oggi, Pasolini domani, ARCIPELAGO proporrà anche il docu-fiction di Enzo De Camillis Un intellettuale in borgata (2014), con Leo Gullotta, mentre Comizi d’amore 2.0 verrà in cambio replicato al Palladium anche l’11 e 12 novembre, per poi proseguire il suo tour romano – grazie al patrocinio di Biblioteche di Roma – in alcune biblioteche della Capitale.

Ma ARCIPELAGO non poteva mancare neanche all’appuntamento con due altri anniversari che ricorrono in questo fatidico 2015: il trentennale dell’uscita di scena di Orson Welles (del quale ricorre peraltro anche il centenario della nascita) e 70 anni dai natali di Rainer W. Fassbinder, due cineasti che con Pasolini condividevano, ognuno a suo modo, un comune destino di “irregolari”, di potenti voci fuori dal coro. Del primo, nell’omaggio Welles e Fassbinder, la solitudine dei numeri uno, il festival proporrà – in anteprima italiana – la versione appena rimasterizzata in HD dal British Film Institute degli unici sei episodi che compongono la rara serie televisiva inglese Around the World with Orson Welles (1955), nei quali il regista americano racconta, con scanzonata ironia e con il consueto fascino affabulatorio, cinque diversi luoghi dell’Europa del tempo (Parigi, Vienna, Londra, Madrid e i Paesi Baschi), mentre sul prolifico autore tedesco sarà proiettato il ritratto firmato dal critico danese, e amico personale di RWF, Christian Braad Thomsen Fassbinder – To Love without Demands, presentato con successo all’ultima Berlinale.

Fan irriducibili dei “generi” e sempre spiazzanti nella loro frenetica modernità, i filmmaker romani Antonio e Marco Manetti – i Manetti Bros. – somigliano più ad una rock band indie che ad altre coppie di cineasti ben più celebri, come i fratelli Cohen o i Taviani. Ma è proprio questo loro essere costantemente a cavallo tra cultura pop e trash, tra musica e web, tra sperimentazione e mainstream, ad averli portati fino al Festival di Venezia e a quello di Roma, e a farne, nel panorama cinematografico italiano, un caso unico, un fenomeno di culto. I Manetti Bros. e il cinema de/genere, con un titolo che non a caso evoca i fumetti, è in assoluto la prima personale a loro dedicata (è nella sezione Outsiders), attraversando la prolifica e multiforme attività della coppia, che spazia dal lungometraggio di genere a popolari serie tv, dalle web series autoprodotte (di cui, in Italia, proprio loro sono stati gli antesignani, addirittura già alla fine degli anni ’90, con Scums – miracolosamente ritrovata proprio in occasione del festival, assieme ad un’altra rarità, la mitica PlanetInvasion.Com, mai pubblicata sul Web e tuttora inedita) al videoclip e perfino al documentario, con il recente Palermo Pride. Tra i titoli in programma, il recente e fortunato Song ’e Napule, un inedito corto giovanile (Nido verde, 1988, di Antonio Manetti), una selezione tratta dai loro più di cento videoclip (per i Tiromancino, Assalti Frontali, Alex Britti, Piotta, i Flaminio Maphia, Mietta…) e naturalmente i lungometraggi: Zora la vampira, Torino Boys, Paura, Piano 17, Cavie e L’arrivo di Wang, e più indietro fino al film collettivo DeGenerazione (è loro l’episodio Consegna a domicilio), con cui i Manetti esordirono vent’anni fa, assieme – tra gli altri – a Pier Giorgio Bellocchio, Alex Infascelli e Asia Argento. Proprio in occasione della proiezione di questo vero film cult, ormai assente dagli schermi da molti anni, i due filmmaker incontreranno il pubblico sabato 7 novembre, alle 20:00, fiancheggiati e “stuzzicati” da Marco Giusti (che ha curato un “blob” dei più memorabili contributi dei Manetti tratti dalle trasmissioni tv Stracult, Cocktail d’amore e Nessundorma), da Ernesto Assante e da Giorgio Gosetti. La rassegna verrà replicata alla Casa del Cinema di Roma il prossimo gennaio, in una versione perfino più completa, che includerà infatti anche alcuni episodi delle serie tv Crimini, Rex e L’ispettore Coliandro, la cui nuova stagione, la quinta, andrà in onda agli inizi del 2016, come sempre su Rai 2.

Tra gli eventi speciali, ARCIPELAGO 2015 proporrà inoltre (altra anteprima italiana) All You Need Is Love – 40 anni di educazione sessuale nel Cinema Britannico, una selezione di titoli tratti dalla raccolta The Birds and the Bees, curata dal British Film Institute: un’eterogenea collezione di documentari brevi, cortometraggi di fiction e di animazione, realizzati tra il 1931 e il 1971, dai quali emerge – in modi talvolta assai curiosi per il pubblico di oggi, e non di rado davvero divertenti – un ritratto in progress della società inglese, dei suoi costumi, dei suoi valori morali e pregiudizi, filtrati dalla propaganda cinematografica a scopi educativi sui comportamenti sessuali, lungo quattro decenni cruciali della Storia britannica, dal post-puritanesimo dei primi decenni del ’900, attraverso una guerra mondiale e l’epoca della Swinging London, fino ai “libertari” (ma non poi così tanto) anni ’70.

Di arte urbana, dalle sue origini – con Wild Style di Charlie Ahern, del 1983 – a oggi, si occupa invece Street (He)art – Anche i muri raccontano storie…, che proporrà, tra gli altri film, anche il mockumentary Banksy Does New York di Chris Moukarbel, Sanba di Valentina Belli, reduce dall’ultimo Festival di Taormina, e il documentario sulla “scena napoletana” Street Heart di Tommaso Battimiello. Con la sezione A distanza ravvicinata, per la seconda volta ARCIPELAGO si affaccia invece – stavolta in collaborazione con la nuova distribuzione Wanted – sul panorama dei film in uscita o in anteprima, presentando quest’anno, tra gli altri lavori, l’attesissimo film-evento Station to Station dell’artista americano Doug Aitken (con nomi del calibro di Patti Smith, Beck, Jackson Browne, Giorgio Moroder e molti altri musicisti e artisti), ma anche la promettente opera prima del ventiduenne Ludovico Di Martino, Il nostro ultimo, film all’incrocio tra Invito al viaggio di Peter Del Monte e Stesso sangue di Egidio Eronico e Sandro Cecca (splendida ma dimenticata opera seminale del “nuovo cinema italiano” degli anni ’80). Il film è un’anteprima assoluta, ed è prodotto da Gianluca Arcopinto (quest’anno membro della giuria internazionale cortometraggi), come lo è pure Bangland di Lorenzo Berghella, visto ai Venice Days lo scorso settembre. Il grande regista visionario Godfrey Reggio è invece alla regia dello splendido Visitors – un’altra prima italiana – musicato come sempre dal fedele Philip Glass e presentato da Steven Soderbergh, mentre si discuterà molto e a lungo – e anche con passione – del nuovo documentario di Costanza Quatriglio 87 Ore, un film “scandaloso”, per la portata civile, etica e giuridica della dolorosa vicenda di violazione dei più elementari diritti umani che racconta, oltre che per il suo audace linguaggio visivo: l’appuntamento, in questo caso, è per la sera del 6 novembre. Completano la sezione due film indipendenti, piccoli ma assai generosi di sorprese: si tratta di Tierra prometida di Antonio Marenco (la troupe di un documentario si perde nell’Uruguay dei laghi salati e di Eduardo Galeano – qui nella sua ultima apparizione prima della recente scomparsa – nel tentativo di intervistare l’allora presidente Pepe Mujica, tra disorientamenti geografico-esistenziali alla Corso Salani e travagli politico-morali di un neo-Michele Apicella morettiano) e di Terra, opera visivamente molto suggestiva e ardita nel linguaggio firmata da Marco De Angelis e Antonio Di Trapani (e co-prodotto dal Centro di Produzione Audiovisiva di Roma Tre), alla sua prima proiezione romana – proprio in chiusura di ARCIPELAGO – dopo il fortunato debutto allo scorso Festival di Pesaro.

Concludono il programma del festival il tradizionale spazio autogestito dal DAMS dell’Università Roma Tre (Carta Bianca DAMS Roma Tre), con una selezione di 8 cortometraggi dall’ultima edizione del Roma Tre Film Festival, e l’evento dedicato ai videogame FilmWare 2015 – Reality Reboot. Quando i videogame incontrano la realtà, curato da Ilaria Ravarino in collaborazione con l’AESVI – Associazione Editori Sviluppatori Videogame Italiani e VIGAMUS – Il Museo del Videogame di Roma (il quale dal 4 all’8 novembre, dalle 16:00 alle 20:00, metterà a disposizione del pubblico alcune postazioni Oculus Rift e retrogame). Democrazie digitali, mondi virtuali, ologrammi in piazza e documentari 4D: dove finisce la realtà e dove comincia il videogioco? Attraverso discussioni con i migliori talenti ed esperti del settore, ma anche dimostrazioni dal vivo, tra virtual reality, augmented e mixed reality, e realtà “materiale”, s’indagherà sui modi e le tecnologie con cui i più recenti scenari videoludici raccontano e si confrontano – anche, ma non solo, in chiave di entertainment – con l’attualità sociale, politica ed economica.

Sito ufficiale

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