200 metri, di Ameen Nayfeh

L’opera prima del regista palestinese dissemina la sua narrazione di continue metafore e anche se alcune di queste dinamiche sono un po’ sottolineate con grana grossa, l’impatto è ragguardevole.

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Il Donbass, regione russofona dell’Ucraina, ottiene l’indipendenza totale dalla madrepatria e passa interamente sotto la giurisdizione dell’autocrate Vladimir Putin. Gli abitanti del capoluogo Donec’k costruiscono allora un muro per separare al suo interno quelle che diventano definitivamente due nazionalità avverse. I russi prendono presto possesso della parte amministrativa/economica della città espropriando le terre degli abitanti originari attraverso l’arrivo di coloni dalle loro provincie, mentre gli ucraini rimasti che vogliono continuare a vivere a Donec’k debbono ogni giorno dimostrare, documenti alla mano, alle capillari forze militari di essere produttivi ingranaggi del nuovo apparato. Come reagirebbero i governi occidentali di fronte a questo chiaro abuso del diritto internazionale? La domanda scorre perfidamente in 200 metri, presentato e premiato dal pubblico alle Giornate degli Autori alla Mostra di Venezia del 2020.

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L’opera prima scritta e diretta dal giovane regista arabo non racconta ovviamente l’odierna aggressione della Russia sull’Ucraina ma è il resoconto cinematografico di un giorno di ordinaria follia di un padre palestinese nei Territori Occupati della Cisgiordania. I duecento metri del titolo sono infatti quelli che separano Mustafa (l’ottimo Ali Suliman, apprezzato anche ne Il paradiso probabilmente di Elia Suleiman) dalla moglie Salwa (Lana Zreik): in mezzo ai due coniugi e ai tre figli che seguono la madre si erge, esteticamente ed intellettualmente orripilante come tutte le barriere stolidamente securitarie, il muro costruito a Gerusalemme da Israele per proteggersi dagli ingressi di eventuali guerriglieri palestinesi. La forzata scissione è dettata dal diverso modo di intendere la situazione geopolitica nella quale la famiglia è immersa: l’uomo rifiuta di accettare il visto di lavoro israeliano che potrebbe facilmente avere perché vuole continuare a risiedere nella propria terra, la donna invece lavora alacremente con la clientela ebrea affittando addirittura per brevi periodi un piccolo appartamento dentro la “barriera di separazione”, come la chiamano i palestinesi. Le due abitazioni sono così vicine da vedersi anche oltre i grigi mattoni ma “comunicano” tra loro soltanto la sera, attraverso un gioco di luci messo in atto rispettivamente dal padre da una parte e dai bambini dall’altra.

200 metri è un’opera che dissemina la sua narrazione di continue metafore per far sì che l’asimmetria del conflitto israelo-palestinese non s’evinca didascalicamente tramite toni da reportage di denuncia ma sia piuttosto ben visibile nelle finzionali conseguenze quotidiane delle persone coinvolte. E anche se alcune di queste dinamiche sono un po’ sottolineate con grana grossa – il protagonista che non passa per due volte i controlli dell’impronta digitale al checkpoint, a voler rimarcare la sua identità scissa tra fiero antagonismo e forzata acquiescenza (il figlio più grande che non vuole più andare in una scuola araba) – l’impatto  nel complesso è ragguardevole. Nayfeh puntella questo viaggio del protagonista affiancandogli le storie dei comprimari che vogliono oltrepassare il confine con lui dentro il caravan, nell’evidente intento di rendere più stratificato il punto di vista della macchina da presa. Anche in questo caso, il meccanismo corale zoppica in alcuni casi – il personaggio del diciottenne, le cui intenzioni di scrittura sono scopertamente programmatiche e poco aggiungono al background – mentre in altri riesce ad accumulare tensione come in una lenta dinamo: il climax della scena notturna al posto di blocco, in cui c’è anche spazio per un sorprendente ed allo stesso tempo significativo colpo di scena.

 

Titolo originale: 200 Meters
Regia: Ameen Nayfeh
Interpreti: Ali Suliman, Lana Zreik, Samia Bakri, Tawfeeq Nayfeh, Maryam Nayfeh, Salma Nayfeh, Ghassan Abbas, Nabil Al Raai, Ghassan Ashqar, Mahmoud Abu Eita
Distribuzione: I Wonder Pictures
Durata: 96′
Origine: Palestina, Giordania, Qatar, Italia, Svezia, 2020

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.2
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Il voto dei lettori
2.5 (30 voti)
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