21 Years: Richard Linklater, di Michael Dunaway e Tara Wood

Raccontando il regista di Boyhood, 21 Years: Richard Linklater sviluppa un apologo del cinema indipendente che tuttavia non coglie le sfumature dello sfaccettato dialogo tra indie e mainstream

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Quasi alla fine di 21 Years: Richard Linklater, il documentario del 2014 che Michael Dunaway e Tara Wood hanno dedicato ai primi ventun anni di attività del regista, tra gli altri, di Dazed And Confused e School of Rock, uno degli intervistati, Mark Duplass, riconosce con orgoglio che Linklater ha diretto una delle “trilogie meno redditizie della storia del cinema”. Basterebbe questa frase, che ironicamente ribalta due delle strutture cardine del cinema popolare contemporaneo, l’attenzione per gli incassi e la costante ricerca di narrazioni apparentemente infinite e stratificate  per comprendere l’approccio che ha guidato Michael Dunaway e Tara Wood nella costruzione del documentario che di per sé è un’anomalia nel sistema. 21 Years: Linklater vuole infatti raccontare il regista senza mai averlo in scena, preferendo piuttosto evocarlo attraverso le interviste agli ospiti e limitandosi a lambire il peso concettuale del suo cinema. Il film è piuttosto un atlante sentimentale della filmografia di Linklater, costruito da Dunaway e Wood insieme agli amici intimi del regista, da Keanu Reeves a Julie Delpy, passando per Ethan Hawke a Billie Bob Thornton.

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Il film pare voler felicemente preservare la genuinità corale dei film di Linklater, ottenendo di converso, dagli intervistati, momenti ricchi di calore ed intimità ma è evidente che il sistema si inceppi quasi subito. Il racconto scade nell’agiografia incolore della personalità di Linklater e quel setup artigianale svela la sua natura artefatta, figlia di una confezione cool che in realtà nasconde la spigolosità della lettura che Dunaway e Wood fanno del cinema di Linklater. Spostandosi da Slacker a Before Midnight, i due registi costruiscono infatti una controstoria del cinema americano recente, rigorosamente di parte nei confronti di quella dimensione esterna agli studios di cui Linklater è massimo esponente.

Rileggendo le maggiori questioni della ‘blockbuster age’ da questa prospettiva, il documentario ritrova nella dimensione indipendente un felice paradiso creativo in cui poter operare senza limiti, lontano dagli spersonalizzanti studios Hollywoodiani. Ma tutto il discorso è troppo integralista per risultare davvero incisivo. Dunaway e Wood sembrano ragionare per assoluti, riassumendo le complessità del cinema indipendente nell’esperienza di un singolo autore, non comprendendo, forse, che quello che stanno studiando è piuttosto il rapporto del solo Linklater con quel contesto. Viene da chiedersi, allora, se Dunaway e Wood quel cinema contemporaneo che vogliono indagare lo conoscano davvero: 21 Years: Richard Linklater appare infatti come il grido di aiuto di un settore indipendente che, tuttavia, gode di buona salute, pur all’interno della sua nicchia, ricco di prodotti fondamentali nel cinema recente ed in grado di rinnovarsi anche attraverso il dialogo con il blockbuster. Ma in fondo nulla c’è al di fuori del cinema di Linklater, nulla al di là dei suoi film esiste di più puro, con buona pace delle ibridazioni, di un cinema di massa capace di inglobare i meccanismi dell’indie o di un indie che sa essere ammiccante quanto un blockbuster. Paradossale, in questo contesto, che il documentario sia stato girato grossomodo nel periodo della postproduzione di Boyhooda suo modo simbolo della fine della concezione “tradizionale” di indie e prodotto che, nel minimalismo della forma, nasconde in realtà ambizioni concettuali quasi da blockbuster.

21 Years: Richard Linklater si rivela un progetto dal concept promettente ma parziale, che si accontenta della propria versione dei fatti forse perché si rende conto della debolezza delle proprie argomentazioni, risultando infine un blando film per fan di Linklater che non potrà fare a meno di scivolare sugli altri spettatori senza colpo ferire.

 

Titolo originale: id.
Regia: Michael Dunaway e Tara Wood
Interpreti: Keanu Reeves, Matthew McConaughey, Julie Delpy, Ethan Hawke


Distribuzione: Sky
Durata: 78′
Origine:
 USA 2014

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.3

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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