27 FCAAAL – Where future beats

L’edizione numero 27 del Festival cerca il futuro e il cinema catalizzando esperienze e relazioni ne stabilizza la continuità. Tra le visioni di Raoul Peck, Alain Gomis, Tala Hadid, Héctor Babenco

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Lo slogan Where future beats (Dove pulsa il futuro), anche quest’anno traduce un’intenzione e se lo scorso l’impegno era quello di disegnare il futuro, quest’anno il tema di una precognizione del tempo a venire diventa la dominante della edizione numero 27 del Festival del Cinema Africano, d’Asia e America Latina di Milano.
Da questa nuova sfida parte questa edizione che riserva, come sempre novità organizzative e logistiche, affidandosi, invece, quanto alla rassegna dei film, alla consolidata struttura delle I am not your negro, Raoul Pecksezioni che i frequentatori e gli appassionati conoscono.
Si comincia forte, con un’anteprima italiana: il nuovo film di Raoul Peck, vecchia e amata conoscenza del FCAAAL. I am not your negro, già in concorso nella sezione Panorama dell’ultima Berlinale, è sicuramente uno dei film più attesi dell’intero festival. Il regista haitiano, ormai affermato autore con una importante filmografia alle spalle, in gran parte conosciuta in Italia attraverso le proposte di questo Festival, è sempre stato un attento analizzatore dei rapporti di forza sociali e questa sua ultima opera ribalta, dal punto di vista stilistico, la solita percezione del biopic, reinventando, sulle parole dello scrittore americano James Baldwin, l’ipotesi consueta della narrazione e della riflessione sui fatti attraverso le immagini. L’incontro con il regista che il Festival organizza presso il Casello ovest di Porta Venezia si preannuncia quindi come uno degli eventi centrali delle giornate milanesi.
Variegata la selezione di Finestre sul mondo sezione principale della manifestazione. A partire dall’anteprima italiana di Félicité del franco senegalese Alain Gomis vincitore del Gran Premio della Giuria alla Berlinale 2017. Ancora dal festival di Berlino due anteprime per l’Italia: dal

Félicité, Alain GomisBhutan l’opera prima di Dechen Roder, Honeygiver Among The Dogs che si preannuncia come un noir buddista carico di mistero e spiritualità e il documentario della marocchina Tala Hadid, House in the fields, un ritratto della vita in un villaggio sulle montagne dell’Atlas dove i suoi abitanti si interrogano sul futuro. Burning birds del cingalese Sanjeewa Pushpakumara, dalle Giornate Cinematografiche di Cartagine, Zaineb n’aime pas la neige, della tunisina Kaouther Ben Hania, primo documentario a vincere il Tanit d’Oro, ambito premio cinematografico africano, ancora il venezuelano Rober Calzadilla con El Amparo racconto di una storia di prepotenza e ingiustizia tra Venezuela e Colombia.
Nell’ottica di promozione delle nuove leve di registi africani si muove la ormai consolidata sezione del Concorso Cortometraggi Africani.
Per il decimo anno il Festival appronta la sezione competitiva Concorso extr’a – razzismo brutta storia, unica in Italia a rivolgere lo sguardo ai film di registi italiani o residenti in Italia, girati nei tre continenti sui temi dell’immigrazione e del dialogo interculturale.
Nella sezione Flash un omaggio al grande regista brasiliano My hindu friend, Hector BabencoHéctor Babenco, recentemente scomparso, in anteprima nazionale il suo ultimo film My hindu friend con protagonista Willem Dafoe, storia di un regista, malato terminale, che vuole a tutti i costi realizzare il suo ultimo film. Il pubblico incontrerà l’attore americano venerdì 24 marzo all’Auditorium San Fedele.
Tra gli altri titoli della sezione, L’étoile d’Alger dell’algerino Rachid Benhadj, ormai stabilmente trasferitosi in Italia, un racconto autobiografico in cui si fanno i conti con la violenza integralista. Per un figlio è l’esordio nel lungometraggio del giovane regista srilankese Suranga Katugampala, già premiato al Festival di Pesaro. È il racconto di una storia di immigrazione tra crisi dei legami familiari e differenze generazionali in una città di provincia del nord Italia.
In coda al festival anche l’incontro in collaborazione con I am not Madame Bovary, Feng Xiaogangl’Istituto Confucio dell’Università degli Studi di Milano, con Liu Zhenyun, affermato scrittore e sceneggiatore cinese in occasione del suo tour europeo Literature and Film Tour. Liu Zhenyun che il 26 marzo incontrerà il pubblico al Bookpride, Fiera dell’editoria indipendente, è autore di romanzi tradotti in varie lingue, ha vinto il premio Mao Dun massimo riconoscimento cinese per la letteratura. In Italia è conosciuto per Divorzio alla cinese (Bompiani – 2016) e per Oggetti smarriti (editore Metropoli d’Asia). Ironico ed efficace nel cogliere gli aspetti contrastanti della società e della cultura metropolitana e rurale della Cina si è dedicato anche al cinema. Liu Zhenyun ha lavorato come sceneggiatore in collaborazione con Feng Xiaogang autore di Cell Phone e Back to 1942, presentato alla Festa del Cinema di Roma nel 2012. A Milano in anteprima nazionale le due ultime opere firmate dallo scrittore: il dramma sentimentale sulla solitudine Someone to talk to (2016), diretto dall’esordiente Liu Yuline e I’m not Madame Bovary di Feng Xiaogang, daBurning birds, Sanjeewa PushpakumaraDivorzio alla Cinese.
Una settimana fitta di cinema e riflessioni, di finestre aperte sulle culture del mondo nella prospettiva consueta della ricerca delle relazioni interculturali, nel rispetto dello slogan che traduce l’impegno che il festival si assume. Tavole rotonde e riflessioni che quest’anno avranno un nuovo spazio disponibile, quello offerto dalla Fondazione Giangiacomo Feltrinelli. La nuova struttura aperta presso la nuova sede della Fondazione (in via Pasubio) accoglierà la sezione speciale Democrazie Inquiete, viaggio nelle trasformazioni dell’America Latina.
Una edizione del FCAAAL che ancora una volta si preannuncia ricca e vivace, frutto di una ininterrotta ricerca di nuovi orizzonti volti a ridefinire le relazioni che il cinema, naturale catalizzatore di esperienze, sembra potere veicolare con efficacia e stabile continuità.

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