29/4/2008 – American movie

Profeti in patria (ma non in Italia)

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In questo momento manca il prodotto americano di grande successo popolare, il film evento che rianima il mercato, ma la mia impressione è che si tratti più di una fase che di un vero e proprio trend”. E’ così che Richard Borg, amministratore delegato di Universal Pictures Italia, commenta il fenomeno degli ultimi mesi che vede diversi film americani funzionare benissimo negli Usa, ma ottenere nel resto del mondo e in particolare in Italia risultati non altrettanto soddisfacenti. E’ il caso – scrive il Giornale dello Spettacolo – di film come Svalvolati on the road, Molto incinta, Vi dichiaro marito e marito e c’è anche il fatto che nei primi tre mesi dell’anno, in Italia, tra i primi dieci incassi al cinema, sei film erano italiani. Personalmente – interviene Paolo Ferrari, presidente dell’Anica e della Warner Brosnon credo affatto alla disaffezione del pubblico italiano nei confronti della produzione Usa; qualche piccola differenza nell’esito dei singoli film c’è sempre stata, non vedo emergere grandi novità. Certo oggi in Usa sono venute meno le star del cinema popolare, come Stallone e Schwarzenegger, che, con la loro sola presenza, garantivano grandi incassi. Si tratta di ricostruire uno star system oggi più debole che in passato”. 
Secondo Ferrari inoltre il calo dei biglietti staccati in Italia nel 2008 non è da ascrivere ai film Usa: “La contrazione che si è verificata nel nostro mercato in questi primi mesi dell’anno deriva dalla perdita di circa 2 milioni di spettatori dalla quota del cinema italiano. Lo scorso anno nel primo trimestre erano usciti tre film di grande successo popolare Manuale d’amore 2, Ho voglia di te, Notte prima degli esami – Oggi; quest’anno solo Grande, grosso e… ha raggiunto quelle cifre”. 
Paul Zonderland, responsabile della Walt Disney, è d’accordo con Ferrari: “I risultati del cinema americano sui mercati internazionali – dice – sono fondamentalmente costanti. I singoli mercati europei crescono o diminuiscono a seconda degli esiti della produzione nazionale, che, è inutile negarlo, sta crescendo di importanza. E allora se in Francia esplode un caso come Bienvenue chez les Ch’tis è tutto il mercato ad avvantaggiarsene; se in Italia non si ripetono gli exploit di alcuni titoli 2007 le presenze complessive calano. Ma il cinema americano non mi sembra in crisi di creatività, tutt’altro. Lo scorso anno si sono prodotti 13 sequel, quest’anno ne sono annunciati solo 6, segno che si punta nuovamente su idee originali e sono convinto che, accanto ai film di facile consumo, non mancheranno anche film più corposi. Il successo americano dei film scacciapensieri, che da noi funzionano meno dipende anche dal fatto che il consumo di cinema su grande schermo in Usa è assai maggiore rispetto alla media italiana. In Italia è molto più difficile ottenere successo, la selezione è molto più dura, anche per questo bisogna calibrare con attenzione gli investimenti nel lancio dei film, altrimenti si rischia di perdere molti soldi. Questo – conclude Zonderland – spiega perché alcune uscite proposte da noi come da altre major siano ridotte nelle dimensioni e tengano conto anche dei successivi sfruttamenti del film”.

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