34ºBergamo Film Meeting – Quinto Giorno: incontro con Valéry Rosier per Parasol

Incontro con Valéry Rosier per Parasol, dove spiega le sue idee sul cinema e sull’impostazione visiva del film. In concorso al Bergamo Film Meeting.

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Il giovane regista belga Valéry Rosier ha presentato ieri sera presso il Bookshop di Bergamo il suo film in concorso, Parasol, raccontandone gli spunti che hanno dato via al progetto. “Non ci vuole solo un’idea, ma centinaia di idee. Poi succede che un’emozione si collega magicamente con un’immagine che hai nella testa, e a quel punto si fa il film“. Così risponde Rosier quando gli viene chiesto qual’era l’idea di base dietro a Parasol. E prosegue “Volevo creare un link tra dei personaggi che sono molto soli e non vogliono più esserlo. C’era anche un altro elemento, ossia la domanda che il film porta avanti: quale parte dell’infanzia si vuole mantenere? Poi tramite la visione del turismo a Mallorca, volevo fare una metafora della società contemporanea, che ti porta verso la stessa direzione della vacanza, ossia ti fa regredire in uno stadio infantile, ti rimbocca le coperte, ti dice cosa fare. Tramite il turismo è come se si tornasse dalla mamma“.  parasolLo stile visivo di Parasol è molto geometrico, razionale. Come si compenetra con il racconto? “Nel film il format risponde alla sostanza. Anche se le inquadrature rispondono ad un canone geometrico, i miei personaggi sono sempre un po decentrati, li trovi in parti delle inquadrature dove non dovrebbero essere. Oppure li si trova in panoramiche vaste dove sono persi nell’immagine. Questo perchè in tal modo si rispecchia la loro condizione. Un altro elemento che ho voluto inserire è il contrappunto: le persone del mio film sono sole e tristi, e al contrario i colori del film sono molto chiari. Il contrasto ha conferito un’altra dimensione alla loro solitudine. Lo stesso discorso, almeno nel mio cinema, vale per la musica. per me è più efficace affiancare musiche allegre ai momenti tristi”. È vero che tutti gli attori del film sono attori non professionisti? “Si è vero. L’idea di girare un lungometraggio mi è venuta dopo che un mio documentario ha vinto una piccola somma di denaro al Festival di Cannes, giusta per un cortometraggio ma non certo per un lungo. A quel punto sono partito per Mallorca con qualche idea e ho messo un annuncio per i provini sul giornale locale. Si sono presentate moltissime persone, tra cui la settantacinquenne che è diventata una delle protagoniste, e che oggi in Belgio è diventata praticamente una star, ogni due giorni la chiamano per un’intervista o appare sui giornali. Lei è molto orgogliosa e io con lei”. È vero che il cinema italiano ha avuto una grande influenza sul tuo cinema? “Devo dire che sono un regista anomalo, perchè non tento di vedere più film possibili. Per questo forse ho avuto un pò tardi la mia prima emozione vera con il cinema, e l’ho avuta tramite il film italiano Che ora è? di Ettore Scola, così tenero, divertente e sottile. Poi ho scoperto il neorealismo di De Sica che per me è come il padre simbolico di Scola. Spero che nel mio cinema rimanga un pò della loro tenerezza, anche se faccio cose molto diverse dalle loro”.

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