"50 volte il primo bacio", di Peter Segal

Dietro a una scrittura agilissima, segno della commedia statunitense nella sua forma migliore, in "50 volte il primo bacio" c'è anche una strana magia, un mix di elementi che insieme diventano esplosivi in un film in cui è presente una linea teorica probabilmente niente affatto ricercata ma proprio per questo di grande fascino

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Arriva imprevista ma colpisce in maniera travolgente 50 volte il primo bacio, forse con Fratelli per la pelle dei fratelli Farrelly una delle migliori commedie statunitense dell'anno. E non è un caso che entrambi i film pongano spesso al centro della vicenda uno sguardo periferico da parte dei protagonisti rispetto all'ambiente che li circonda. Se in Fratelli per la pelle ciò era evidente nella presenza mai integrata dei due fratelli siamesi ad Hollywood, in 50 volte il primo bacio è invece la figura di Henry (Adam Sandler), un veterinario specializzato in specie marine artiche, ad apparire sempre Marginale rispetto il vero cuore della vicenda rappresentato dal bar dove Lucy (Drew Barrymore) fa colazione alla stessa maniera tutte le mattine o nell'abitazione del padre e del fratello della ragazza che le fanno vivere la giornata alla stessa maniera dopo il grave incidente che l'aveva colpita un anno prima causandole la perdita della memoria.

Il tempo si è fermato dentro 50 volte il primo bacio. O meglio, il tempo si riproduce dentro il film di Segal proprio per essere alterato, stravolto. Tutte le mattine Lucy si siede allo stesso tavolino dello stesso bar per fare colazione. Sistema le cialde a forma di tenda indiana prima di mangiarle. A questo punto entra in gioco Henry che deve sedurla. Ogni mattina in maniera diversa visto che ogni volta che si addormenta Lucy si scorda tutto quello che le è accaduto durante la giornata. Dietro l'agilissima sceneggiatura di George Wing che crea una commedia con raccordi di ritmo invidiabili, capace di caratterizzare e far vivere dentro il limitato set hawaiano anche i personaggi secondari come il fratello palestrato di Lucy (Sean Astin) o un grande Rob Schneider nei panni di Ula, il folle amico di Henry con un occhio solo fino al vecchietto del bar che sfotte continuamente Henry, c'è dentro 50 volte il primo bacio un profondo lavoro teorico sul tempo che appare davvero parallelo a quello che ha fatto Harold Ramis in Ricomincio da capo. In effetti la giornata si ripresenta con la stessa disposizione dei personaggi nello spazio. Dalla sveglia di Bill Murray che annuncia il giorno della marmotta in Ricomincio da capo alla proprietaria del bar e Lucy che si salutano di mattina in 50 volte il primo bacio. Ma c'è di più. Si parlava di sguardo periferico di Henry. In effetti è come se si stesse assistendo a una rappresentazione teatrale dove ogni volta si replica lo stesso spettacolo. Il fratello e il padre di Lucy che sono gli attori e al tempo stesso gli scenografi (l'ananas, la videocassetta de Il sesto senso, il giornale, la parete nuovamente imbiancata dopo il dipinto quotidiano della ragazza appaiono come gli elementi propri della scena). Henry è in un certo modo lo spettatore che vuole entrare in scena e turbare la tranquilla e monotona riproduzione di un rito. Come lo spettacolo teatrale si ripete ogni sera alla stessa maniera con impercettibili variazioni, così lo "spettacolo" della giornata di Lucy tende a ripetersi. Henry è l'elemento disturbante che porta il film di Segal davvero verso territori imprevisti, che richiama nella provvisoria manipolazione temporale Avvenne domani di René Clair ma che al tempo stesso pone la figura di Lucy come provvisorio spettro come il capitano di Il fantasma e la signora Muir di Mankiewicz. Dalla musica dei Beach Boys all'utilizzo di uno spazio hawaiano inquadrato quasi come terra di confine da western (non a caso il direttore della fotografia è l'eastwoodiano Jack Green), 50 volte il primo bacio deve sicuramente la sua incredibile forza anche grazie all'affiatamento tra Sandler e il regista Segal (che avevano già collaborato in Terapia d'urto) e tra lo stesso attore e Drew Barrymore (protagonisti di Prima o poi me lo sposo di Frank Coraci) che insieme mettono in luce al meglio il loro incredibile talento, mai valorizzato ma spesso snobbato in Italia. Ma dietro c'è anche una strana magia, un mix di elementi che insieme diventano esplosivi in un film dove tutto gira a mille, dove nella riproduzione, nella replica di una seduzione infinita – il finale sulla barca con la bambina della coppia  – c'è una linea teorico probabilmente niente affatto ricercata ma proprio per questo di grande fascino.

 

Titolo originale: 50 First Dates

Regia: Peter Segal

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Sceneggiatura: George Wing

Fotografia: Jack Green

Montaggio: Jeff Gourson

Musica: Teddy Castellucci

Scenografia: Alan Au

Costumi: Ellen Lutter

Interpreti: Adam Sandler (Henry Roth); Drew Barrymore (Lucy Whitmore), Rob Schneider (Ula), Sean Astin (Doug Whitmore), Lusia Strus (Alexa), Dan Aykroyd (dr. Keats), Amy Hill (Sue), Allen Covert (Tom), Blake Clark (Marlin Whitmore), Joe Nakashima (vecchio hawaiano)

Produzione: Jack Garraputo, Steve Golin, Nancy Juvonen per Happy Madison/Anonymous Content/Flowers Films

Distribuzione: Columbia Tristar Films Italia

Durata: 99'

Origine: Usa, 2003

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