“Il principe e il pirata” di Leonardo Pieraccioni

Il cinema di Pieraccioni continua ad essere poverissimo, televisivo, preconfezionato. Questa volta però c’è un’ironia maggiore e una voglia sincera di prendersi meno sul serio: sempre di leggerezza dell’essere si tratta, ma almeno sostenibile

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Torna il golden boy della commedia all’italiana, frettolosamente paragonato a Dino Risi dai signorotti della critica che ragionano ormai per semplificazioni giornalistiche. “Il principe e il pirata” salta fuori quando la comicità toscana viaggia veloce sul viale del tramonto, oppure resuscita in Tv (vedi Panariello) con una volgarità nazionalpopolare che imbarazza. Del resto Cecchi Gori affonda e Batigol è da tempo monumento trasferito al Colosseo. Leonardo Pieraccioni ha accusato il colpo ma non si è scoraggiato. Ha raccolto le sue esigue forze, ha fatto tesoro del flop di “Il mio West” ed è tornato al conciliante filone narrativo per famiglie che fece la fortuna del “Ciclone”. Il principe e il pirata del titolo sono Leo, maestro elementare perbenino, e Melchiorre detto Gimondi (Massimo Ceccherini), un fratello ritrovato dopo oltre trent’anni con il quale è giunta l’ora di andare a riscuotere una cospicua eredità. Gimondi esce dal suo domicilio stabile, la galera, viene raccolto dal fratellino misconosciuto e comincia il suo viaggio verso la libertà. Da Palermo a Napoli, con tappa in casa di un boss della camorra. Poi nell’amata Firenze, a ritrovare l’aria di casa, la mamma, gli intrallazzi (e le refurtive) della giovinezza. Altra tappa Biella, poi su fino alla Val D’Aosta dove il malloppo e nuove sorprese attendono i due fratelli per caso.
Un road movie, certo, ma più simile alle cartoline illustrate che non a “Il sorpasso” (per tacere di chi tira in ballo i “Blues Brothers”!). Pieraccioni regista ha una consistenza prossima allo zero, e come sceneggiatore continua a subire la nefasta influenza di Giovanni Veronesi, autore del recente (e terrificante) “Streghe verso Nord”. È probabilmente di quest’ultimo la pesante misoginia che trasuda dal film: nella sua visione del mondo le donne sono tutte “così”, anche la mamma. Onestamente il cinema di Pieraccioni continua ad essere poverissimo, televisivo, preconfezionato. Questa volta va però concesso l’onore delle armi: sempre di leggerezza dell’essere si tratta, ma almeno sostenibile. “Il principe e il pirata” funziona quando sbanda dai binari, esce di strada, lascia briglia sciolta alla comicità cubista di Ceccherini. Il “cattivo” comico toscano veste malissimo il piccolo schermo ma al cinema è divertente, e alcune sue battute (“Non mandare tuo figlio alla scuola privata: da lì escono tutti delinquenti”) coi tempi che corrono sono eversive. Persino Pieraccioni quando perde il controllo sembra bravo: osservatelo mentre balla l’improbabile samba con la maschera di Ronaldo. Una scena sbagliata nei tempi e incoerente con il resto della vicenda. Proprio questa anomalia la rende esilarante. Insomma, rispetto al passato c’è un’ironia maggiore e una voglia sincera di prendersi meno sul serio. L’autore della colonna sonora, Edoardo Bennato, lo ribadisce riferendosi a Leo nell’ultima sequenza: “Se mi trovo adesso a fare l’attore è un fatto puramente casuale”.
Regia: Leonardo Pieraccioni
Sceneggiatura: Giovanni Veronesi
Fotografia: Maurizio Calvesi
Montaggio: Stefano Chierchié
Musica: Edoardo Bennato
Scenografia: Francesco Frigeri
Costumi: Nicoletta Ercole
Interpreti: Leonardo Pieraccioni (Leopoldo), Massimo Ceccherini (Gimondi), Luisa Ranieri (Chiara), Melanie Gerren (Melanie), Giorgio Picchianti (Pierino), Claudio Angelini (Ubaldo), Lucio Allocca (Don Capece)
Produzione: Alessandro Calosci per la Ottofilm/Levante
Distribuzione: Cecchi Gori
Durata: 100’
Origine: Italia, 2001

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