A Beautiful Day. Incontro con Lynne Ramsay e Joaquin Phoenix

La regista e l’attore hanno raccontato a Roma la genesi di You were never really here, insistendo sull’importanza della troupe e sui suoni del film, curati da Jonny Greenwood. In sala dall’1 maggio

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Uscirà nelle sale italiane il 1 maggio, A Beautiful Day – You Were Never Really Here di Lynne Ramsay. Presentato  alla 70° edizione del Festival di Cannes, il film ha vinto il premio per miglior attore e miglior sceneggiatura. Partendo da un racconto di Jonathan Ames, la regista scozzese porta sullo schermo la storia di Joe (Joaquin Phoenix), veterano di guerra e detective violento, a cui viene affidato il compito di trovare la figlia rapita di un senatore. Nei suoi viaggi notturni Joe è costantemente assalito da frammenti del suo passato, l’infanzia tormentata e la guerra in Medio Oriente.

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Stamane a via del Babuino, nella bella location dell’Hotel de Russie, l’attore americano e la regista hanno incontrato la stampa romana. Il tema dell’infanzia tormentata è ricorrente nella filmografia della regista scozzese, basti pensare a Ratcatcher o a …e ora parliamo di Kevin.Non so davvero se c’è un motivo preciso, qualcosa alla base di questa scelta. So che quello che mi interessa è fare un film con personaggi dotati di complessità. Credo venga tutto dalla mia testa, forse sono io ad aver bisogno di uno psicologo… Ora siamo abituati ad un cinema spettacolare, basti pensare alla Marvel. Quel tipo di cinema non mi interessa, a me interessa creare qualcosa di unico unendo musica, recitazione e montaggio. Sono partita dal libro di Ames ma ho cambiato e aggiunto moltissimo, il rapporto con la madre ad esempio. Diciamo che il libro è stato più che altro una fonte di ispirazione. La sceneggiatura stessa è cambiata tantissimo in corso d’opera, grazie al direttore della fotografia, allo scenografo e alla presenza di Joaquin“.

Il personaggio di Joe, interpretato dall’attore americano, è un personaggio ambivalente, brutale e al contempo dotato di una sua bontà. L’attore lo ha spiegato con lunghe risposte che hanno fatto sudare la traduttrice divertita: “Con Lynne siamo partiti dalla sceneggiatura, abbiamo fatto infinite chiacchierate che sembravano non portare a nulla. Poi all’improvviso una scintilla, un’idea su come costruire il personaggio. Lynne mi mandava moltissime note vocali, a volte con dei fuochi d’artificio in sottofondo. Mi diceva che quello era il suono principale nella testa del mio personaggio, suono che lo accompagnava in ogni movimento. Per prepararmi ho anche letto moltissimo, libri di psicologia che parlavano di esperienze di abuso sui bambini, abusi che si ripercuotono sempre sulla crescita. Questo mi ha aiutato molto a costruire Joe, perché molte decisioni che prende le prende senza ragionare. Sono dirette conseguenze del suo passato. Joe è un personaggio stratificato, soprattutto nel rapporto con la madre che lascia intravedere un lato tenero nel suo carattere principalmente violento, ma anche la frustrazione del prendersi cura di una persona malata. Io e Lynne questo non lo abbiamo deciso a prescindere, è qualcosa che si è andato a creare piano piano. Probabilmente era già in nuce nella sceneggiatura. Quando reciti ti concentri più su certe scene rispetto ad altre e poi all’improvviso emerge un aspetto del personaggio che non avevi considerato. Joe è sfaccettato, cerca la pace interiore ma si mette  in situazioni che gliela negano. ”

Il detective-sicario si muove in una New York notturna abitata dalla corruzione, descritta dai suoni sottostanti e dalla colonna sonora di Jonny Greenwood (chitarrista dei Radiohead, ha collaborato con Paul Thomas Anderson e per la Ramsay aveva già composto la colonna sonora di …e ora parliamo di Kevin).
Io ho scritto la sceneggiatura a Santorini nel silenzio più totale. Quando scrivo a me piace fin da subito citare i suoni dal punto di vista percettivo e non tecnico. E mentre pensavo a New York pensavo ad un suono infernale. Per quel che riguarda la colonna sonora, la musica è ovviamente importantissima perché diventa personaggio anch’essa.  La collaborazione con Jonny è stata fatta in economia, il mio è un film a basso budget. Magari io gli davo 5 o 10 minuti di girato e lui ci scriveva la musica sopra oppure ci mandava dei file audio che poi noi montavamo sulle scene.

Sul criterio di scelta fra film a basso o ad alto budget Joaquin Phoenix ha le idee molto chiare: “Non scelgo mai in base alla questione economica. Decido sempre in base alle persone coinvolte e al materiale. Magari per Lynne è stato difficile lavorare con me ma per me è stato una gioia. Ogni giorno dovevamo dare il massimo in ogni inquadratura perché avevamo poco tempo. Alla fine ho consegnato 70 ore di cacca che Lynne ha dovuto passare al setaccio per ricavarne qualcosa di buono.”

La regista ha smentito l’attore ridendo: “Non è assolutamente vero, è stato difficile scegliere solo perchè il materiale era tutto ottimo. Si è formata un’alchimia meravigliosa, tutti hanno dato il massimo. Soprattutto i giovani della troupe, magari appena usciti dalla Columbia, che ci si sono dedicati tantissimo.
C’è stato un mix di cose e situazioni che ha portato al risultato: la gente con cui lavori, i luoghi, ogni interazione, ogni rapporto, tutto entra nel film” conclude Joaquin Phoenix.

Lucy De Crescenzo della Europictures ha raccontato di aver scelto il film a Cannes ancor prima che vincesse i premi: “Mi sono innamorata subito di questa storia di infanzia violata. Lo trovo perfetto stilisticamente e con un grande attore protagonista.  Per ora sarà distribuito in 100 copie, speriamo che crescano… stiamo lottando con gli Avengers e Loro, due grandi titani!

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