A Cooler Climate, di James Ivory e Giles Gardner

Ivory realizza un piccolo documentario dal sapore nostalgico in cui ripercorre il suo viaggio in Afghanistan del 1960, creando un parallelo con l’infanzia trascorsa in Oregon

--------------------------------------------------------------
CORSO COMUNICAZIONE DIGITALE PER IL CINEMA DALL'11 APRILE

--------------------------------------------------------------

Il 94enne James Ivory apre il cassetto dei ricordi e realizza A Cooler Climate, un piccolo documentario d’archivio dal sapore nostalgico in cui ripercorre il suo viaggio in Afghanistan del 1960. Un paese totalmente diverso rispetto a quello che siamo abituati a vedere oggi nei notiziari. Kabul era ancora ferma a qualche secolo prima, ma comunque libera dai tumulti politici dei mujaheddin, dei talebani e in seguito degli americani. Dal discreto valore antropologico ed etnografico, A Cooler Climate porta alla mente un altro documentario di solo pochi anni prima; India, Matri Bhumi di Roberto Rossellini. A differenza dell’approccio analitico e approfondito di Rossellini, il lavoro di Ivory si mantiene in superficie e si limita a raccontare ciò in cui si imbatte, alla stregua di un curioso turista con la cinepresa. Le immagini virate e instabili di Ivory portano un forte senso di malinconia legate ad un tempo perduto per sempre, un tempo di giovinezza in cui l’autore si poneva domande fondamentali sulla propria identità sessuale e non solo. E così il viaggio si tramuta per il regista in una riscoperta della propria infanzia, ripercorrendo gli anni in Oregon e quelli confusi dell’adolescenza universitaria. Kabul e Klamath Falls in Oregon diventano un tutt’uno mentre la voce narrante dell’autore accompagna lo spettatore come in un cammino interiore. L’impressione tuttavia è che Ivory non si apra mai del tutto, si limita a tenerci a distanza dalle questioni più riservate e nei momenti in cui ci sembra di avvicinarci a quel suo disagio interiore si allontana bruscamente.

--------------------------------------------------------------
#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

--------------------------------------------------------------

L’unico vero modo che utilizza per esprimersi e aprirsi al mondo è quello di leggere alcune pagine dell’autobiografia di Babur, il discendente di Tamerlano che nel XVI secolo fondò la dinastia Moghul e dominò India e Afghanistan. Attraverso quelle parole, Ivory parla proprio di se stesso e del suo amore per il clima e la terra afgana. Nella sua autobiografia, Babur fa riferimento in maniera più o meno diretta agli amanti maschi conosciuti nella sua vita, ma soprattutto al senso di disorientamento e confusione che provava per la sua natura. Essere deriso, sentirsi fuori posto e per questo motivo viaggiare ed allontanarsi dalle proprie radici per scovare finalmente il proprio vero io. L’Afghanistan offre ad Ivory una via di fuga, un anonimato che gli permette di liberare e ricostruire la propria identità. “Distrutta e ricostruita all’infinito”, così descrive quella terra, così questo viaggio lo ha trasformato. Ivory è alla ricerca del “suo” tempo perduto, della sua madeleine, con un fare proustiano che cita in diverse occasioni. In questo senso con A Cooler Climate ci immergiamo nei ricordi di un 94enne che ha tanto da raccontare ma che in realtà esplicita poco. Tutto sta nell’interpretazione e nella sensibilità dello spettatore. Se visto in maniera svogliata e indifferente potrebbe apparire come il semplice filmino di un turista al ritorno delle vacanze.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3
Sending
Il voto dei lettori
5 (1 voto)
--------------------------------------------------------------
CORSO ONLINE SCRIVERE E PRESENTARE UN DOCUMENTARIO, DAL 22 APRILE

--------------------------------------------------------------

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative